Letteratura e scienze della mente
Le forme della natura sono forme umane. È nel nostro cervello che si formano i triangoli, gli orditi e le ramature. Noi li riconosciamo, li apprezziamo; ci viviamo in mezzo. In mezzo alle nostre creazioni, creazioni umane, comunicabili all’uomo, noi ci sviluppiamo e moriamo. In mezzo allo spazio, allo spazio umano, noi creiamo misure; tramite tali misure noi creiamo lo spazio, lo spazio tra i nostri strumenti. L’uomo poco istruito è terrorizzato dall’idea dello spazio; egli se lo figura immenso, notturno e vorace. Egli immagina gli esseri sotto la forma elementare di una sfera, isolata nello spazio, raggomitolata nello spazio, schiacciata dall’eterna presenza delle tre dimensioni. Terrorizzati dall’idea dello spazio, gli esseri umani si raggomitolano; hanno freddo, hanno paura. Nel migliore dei casi essi attraversano lo spazio, essi si salutano con tristezza in mezzo allo spazio. Eppure tale spazio è in loro stessi, non si tratta d’altro che della loro stessa creazione mentale.
Michel Houellebecq, Le particelle elementari
1. Le particelle elementari della critica
Appena prima di scoccare, nel 1899, il secolo del sottosuolo porta la metafora della leggibilità in un territorio refrattario alla grammaticalizzazione: l’inconscio, che Sigmund Freud conquista alle pratiche dell’interpretazione. In assenza di un correlato organico e fisiologico al quale ricondurre, per situarle, le teorie psicoanalitiche, Freud colloca i sistemi psichici nello spazio del linguaggio figurato. I sogni sono una mediazione (un medium), qualcosa che sta al posto di una conoscenza diretta: una scrittura.
L’apparato psichico manifesta una sua inclinazione concettuale ad aderire alla, e a manifestarsi nella, forma scritta. Il sogno è un testo che l’analista tenta, filologicamente, di ricostruire. Il resoconto dei casi clinici diventa un romanzo analitico che adotta il potenziale cognitivo dei processi narrativi: la struttura del racconto non è soltanto un modello organizzativo dei materiali, è un dispositivo interpretativo. Del resto la leggibilità dell’inconscio deriva dal suo disporsi come un linguaggio, e solo in quanto mostra il funzionamento della grammatica dell’inconscio la psicologia freudiana diventa uno strumento della pratica ermeneutica.
Introducendo la sua teoria freudiana della letteratura Francesco Orlando indica ne Il motto di spirito e il suo rapporto con l’inconscio, pubblicato da Freud nel 1905, il “luogo di massima approssimazione [...] al problema del rapporto fra inconscio e letteratura”: il motto di spirito, in quanto manifestazione dell’inconscio “cosciente, volontaria e socialmente istituzionale”, è un analogo della letteratura, e Freud può analizzarlo come traccia testuale sottratta alle interferenze della psicologia e della biografia dell’autore, alle quali invece ricorre, rendendoli pressoché inservibili per una sistemazione teorica, nei suoi saggi sull’arte e sulla letteratura.
La tecnica di cifratura attraverso la quale la lingua dell’inconscio, proteggendo la tendenza eversiva dall’azione della repressione, si rende decifrabile, trasferisce il fronte della leggibilità nelle profondità della coscienza individuale, indicando alla critica una possibile estensione e un potenziamento della “interpretabilità”. “Freud”, ha scritto Lavagetto, “esporta dalla psicoanalisi allo studio del testo non solo l’indicazione perentoria di un retroscena, ma anche una tecnica, un metodo per raggiungerlo e portarlo alla luce”.
La comprensibilità dell’esistenza inconscia, la possibilità di decifrare una dimensione interna dell’uomo, una profondità psichica contigua alle profondità biologiche, la prospettiva di testualizzazione delle emergenze del bios, è un complesso di fenomeni parallelo e omologo ai carotaggi operati dalla fisica moderna nel mondo subatomico: un salto dimensionale che non è solo una miniaturizzazione del “formato” di lettura, ma una riformulazione integrale dell’esperienza del mondo. La teoria dei quanti rivela nel libro della natura delle discontinuità che introducono a una visione discreta dell’universo.
La compattezza del reale diventa un fatto statistico: a livello molecolare dominano l’incertezza e la casualità. I fisici, spiega Erwin Schrödinger, utilizzano un corpo leggero sospeso a un filo per misurare deboli forze elettriche, magnetiche o gravitazionali, che tendono ad allontanarlo dal suo punto di equilibrio. L’applicazione di queste forze porta il corpo a ruotare attorno alla propria verticale. Per migliorare la precisione dello strumento si utilizzano corpi sempre piú piccoli legati a fili sempre piú lunghi e sottili, rendendo la bilancia di torsione sensibile a forze sempre piú deboli: “il limite fu raggiunto quando il corpuscolo appeso divenne sensibile agli urti dovuti ai moti di agitazione termica delle molecole circostanti e cominciò a eseguire, attorno alla sua posizione di equilibrio, una incessante e irregolare danza”.
La scrittura del Novecento scompone le strutture della realtà in particelle, osserva la danza delle molecole attorno al punto di equilibrio, disconosce le leggi statistiche generali che assicurano la consistenza del mondo. Con la complicità della critica: che non è piú in grado, oppure consapevolmente rifiuta, di formulare leggi universali e “statisticamente” attendibili, e sceglie di seguire le particelle nella loro danza. O meglio: partecipa alla danza, dal momento che non esiste procedimento conoscitivo che, progredendo nella materia, non la modifichi, non interferisca, deformandoli, con i processi che intende comprendere.
Don Ciccio Ingravallo, insieme al fedele brigadiere Pestalozzi, si ingarbuglia nello gliommero che ha il compito di districare, non perché il giallo gaddiano non abbia soluzione, ma perché la vicenda è mossa da una molteplicità multiforme di fenomeni simultanei, che interconnette nel pasticciaccio un coro di responsabilità individuali, testimoni oculari (ma soprattutto vocali) che intervengono nella storia e, come il ricercatore/osservatore, dicendola la deformano.
Lo ha dimostrato Gabriele Frasca, e proprio mettendo a sistema Gadda “con Freud e Schrödinger”, ovvero appunto con i due paradigmi conoscitivi che, all’inizio del Novecento, hanno esteso la leggibilità a fenomeni non immediatamente percepibili dai sensi ordinari: le onde elettromagnetiche, i sogni, la materia subatomica. Nel romanzo gaddiano si agita una ridda di accoppiamenti giudiziosi e di correlazioni fantasma, con coppie e serie binarie che scorrono parallele e, allo stesso tempo, interferiscono a distanza proprio come fanno le particelle subatomiche secondo l’intuizione di Schrödinger, che sviluppa il paradosso della non separabilità quantistica di Einstein, Podolsky e Rosen: se due particelle interagiscono una volta, continuano a mostrare per sempre un certo grado di correlazione reciproca, indipendentemente da ogni nesso causale.
La parola che Schröndinger sceglie per tradurre i fenomeni descritti dalla sua equazione, entanglement, rima perfettamente, secondo una corrispondenza lessicale precisa, con il groviglio, o garbuglio o gomitolo (ma anche: pasticcio), che è l’immagine cui don Ciccio affida la sintesi della propria fisica dell’esistenza. La scrittura di Gadda è sintomatica di una modalità di percezione e descrizione dell’universo che modifica in profondità, e a tutte le latitudini culturali, le strutture letterarie: il paradigma narrativo, in particolare, viene travolto dal principio di indeterminazione.
Le trame e i personaggi sono in balía della danza delle particelle: cosí Giacomo Debenedetti spiega il prodursi di eventi probabilistici, e mai prevedibili secondo un principio causale, nei romanzi di Moravia e di Pasternak. La tendenza è evidente anche ad Auerbach, quando afferma che nel romanzo moderno, anziché il racconto dei grandi destini esteriori, delle macroscopiche svolte individuali e collettive, si predilige il racconto di eventi minimi, nella convinzione che “un qualunque fatto della vita scelto casualmente contenga in ogni momento e possa rappresentare la somma dei destini”.
La consapevolezza della consistenza probabilistica della realtà riverbera sulla critica, e su quelle opere di “filologia moderna”, incluso naturalmente il monumentale campionamento auerbachiano, nelle quali l’analisi di frammenti e fatti stilisitici puntuali, molecolari, mostra, attraverso una catena di correlazioni fantasma, il significato di intere opere, o serie di opere, e perfino di intere epoche letterarie. L’entanglement che tiene insieme tutti i “fatti” culturali rende possibile per Auerbach concepire una Filologia della letteratura mondiale.
Ma l’intuizione di una coimplicazione costante tra il livello subatomico e quello sistemico consente anche di estendere e complicare l’eredità auerbachiana piú discussa, quella relativa al concetto di “realismo”. Le nuove descrizioni delle strutture cognitive dell’uomo impongono, come scrive Alberto Casadei, di concepire il realismo non come tecnica mimetica superficiale ma come esplorazione del livello di realtà nel quale “il versante interiore dell’individuo e quello esterno delle res e degli altri sono in simbiosi attraverso la perenne mediazione del nucleo corpo-mente”.
La leggibilità del mondo, impossibile a occhio nudo, si trasferisce nella dimensione cellulare, laddove la fisica si converte in biologia, e scopre un livello di realtà che contiene in potenza l’intero svolgimento della creazione. Pochissimi atomi sono portatori del testo completo del codice genetico, che custodisce allo stesso tempo la storia dell’organismo e le istruzioni per il suo funzionamento.
La riproduzione è un processo di copiatura, e la genetica è una sorta di grammatica della biologia. Il lettore ed esecutore del codice genetico è interno alla cellula stessa, è una molecola deputata, è un microscopico copista i cui refusi e tradimenti sono il germe della differenziazione. Ciò che passa da una cellula all’altra, ciò che viene duplicato, non è materia: è informazione, scrittura. La frontiera subatomica della leggibilità, la lettura “genetica” del codice della vita, il funzionamento nucleare della creatività, impongono un salto di scala, un cambio di paradigma, che sposti all’interno, dentro i processi creativi, dove bios e logos sono ancora indistinti, l’osservatorio dell’interpretazione.
Lungo questa linea di approfondimento anche il discorso freudiano trova una radicalizzazione “materialistica”, attraverso una situazione della mappatura psichica delineata da Freud nelle strutture cognitive e neurologiche: il funzionamento della mente, e quindi le sue facoltà creative, possono essere indagate a un livello piú profondo, piú radicato nelle configurazioni primarie della coscienza. Come ha mostrato il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, approccio psicoanalitico e approccio neuroscientifico compongono un continuum, una disciplina unica in grado di descrivere i movimenti della vita psichica, le formazioni della coscienza, i meccanismi della comprensione, e quindi i fondamenti cognitivi della creatività.
Sempre nel punto di contatto tra interno ed esterno, tra fisiologia della mente e condizionamenti culturali, tra bios e logos, e operando una sintesi complessa tra lo studio miscroscopico della dimensione nucleare, nella quale si muovono le particelle della cognizione, e la rappresentazione olistica dei fenomeni cognitivi. Il rapporto tra acquisizioni fisiologiche delle scienze della mente e studio dei fenomeni cognitivi complessi, come l’arte, pone un problema analogo a quello cui si trova davanti la fisica moderna, ovvero conciliare la teoria della relatività generale e la meccanica quantistica, il livello subatomico e il livello stellare e galattico, le microparticelle costitutive della materia e le grandi distese dell’universo.
Testi citati
Eric Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Einaudi, Torino, 1956.
Alberto Casadei, Letteratura e controvalori. critica e scritture nell’era del web, Donzelli, Roma, 2014.
Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Garzanti, Milano, 1998.
Gabriele Frasca, Un quanto di erotia. Gadda con Freud e Schrödinger, Edizioni d’if, Napoli, 2011.
Eric R. Kandel, Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente, Cortina, Milano, 2007.
Mario Lavagetto, Freud, la letteratura e altro, Einaudi, Torino, 1985.
Francesco Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino, 1992.
Erwin Schrödinger, Che cos’è la vita? La cellula vivente dal punto di vista fisico, Adelphi, Milano, 1995.