Gaetano Pesce, l'ultimo enfant terrible

6 Aprile 2024

Ironico, irriverente, giocoso, sprezzante delle regole, il mondo del design ha perso il suo ultimo enfant terribile: Gaetano Pesce ci ha lasciati il 4 aprile scorso. 

Sebbene fosse più giovane di loro di una generazione (La Spezia, 1939), insieme a Elsa Schiapparelli (Roma 1890), a Salvador Dalì (Figueiras, 1904), a Sebastian Matta (Santiago del Cile, 1911) e a Meret Oppenheim (Berlino, 1913), Pesce appartiene a quel manipolo di artisti-designer che han fatto del paradossale il loro modo di interpretare le cose del mondo.

Il cappello-scarpa di Elsa, il divano-bocca di Dalì, la poltrona-barattolo di Matta, il tavolino con le zampette di gallina di Meret, sono affini alla poltrona Up di Pesce (divenuta un’icona) e al suo divano-tramonto a-NewYork, e con esse fanno parte di quel patrimonio dell’umanità dominato dalla fantasia, dove l’immaginazione, il sogno, il paradosso e l’eccesso hanno la meglio sulla razionalità, sull’utilità, sulla convenienza e sulla sobrietà. 

Ci vogliono dei visionari per vincere la noia di certo design con l’allegrezza (= allegria con leggerezza), è necessario lo sprezzo delle regole per dare forma alla bizzarria, ci vuole estrosità per generare stramberie, bisogna avere coraggio per essere stravaganti: Gaetano Pesce, unitamente ai suoi illustri predecessori, queste ‘virtù’ le possedeva tutte, con in più un pizzico di civetteria.

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Gaetano Pesce, Poltrona e pouf Up5 6 in schiuma poliuretanica 1969 per C&B Italia; Tramonto a New Yok, 1980, per Cassina.

Così ha dichiarato lo stesso Pesce in un’intervista a proposito della sua poltrona Up: “Agisco senza gabbie, creando oggetti che non svolgono solo funzioni pratiche, ma stimolano l'intelletto. Fanno riflettere. UP è stata e continua a essere una bomba” sorride fiero. “L’ho pensata senza nessuna struttura rigida. Le prime, in schiuma di poliuretano a iniezione rivestite da un tessuto elastico, venivano vendute sottovuoto. Si scartavano come un pacchetto di sigarette e si gonfiavano come le curve femminili. Volevo denunciare la donna oggetto sottomessa dalle violenze e dai pregiudizi maschili, tema ancora di forte attualità.”

Formatosi alla Facoltà di Architettura di Venezia, quando vi insegnavano Carlo Scarpa ed Ernesto Nathan Rogers, Gaetano Pesce, a propria volta ha insegnato a Strasburgo, a Pittsburgh, a Milano, a Hong Kong, a San Paolo e a New York, città in cui si è definitivamente trasferito a vivere e a lavorare nel 1983. 

“New York è una metropoli-service” ha dichiarato. “Col passare degli anni, città come Venezia diventano musei alla mercé dei turisti, mentre New York rimane al servizio dei cittadini. È il crocevia del XXI secolo e ci si lavora bene. […] Ho una casa sull’East River, da cui vedo le navi, le barche e l’acqua sempre in movimento. È vuota e ci vivo da solo, in questo spazio trovo le condizioni ideali per disegnare.”

A New York, il maestro spezzino fonda anche il suo brand, Fish Design, con cui dalla metà degli anni novanta produce vasi e gioielli, che sono soprattutto sculture coloratissime realizzate in resina poliuretanica, la quale, una volta indurita, somiglia alle pietre naturali ma che è facilmente modellabile e malleabile come la creta.

“Amo i materiali molli” ha affermato l’artista, “umorali, che risentono della pressione atmosferica e dell’umidità e riflettono la natura liquida del nostro tempo dove i valori salgono e scendono come le maree.” 

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Gaetano Pesce, Gioielli della serie Fish design, New York, dal 1990; Trono, Modello senza fine unica, in PVC policromo nei toni del verde, beige e rosso, Produzione Meritalia, Italia, 2011.

Chi di noi non ricorda lo scherzo che fece scalpore sul web, quando, nel 2016 fu data la notizia della morte dell’artista? Per una notte tutti ne fummo convinti e, ovviamente, dispiaciuti. Per fortuna si trattava solo di una fake news. Ma come era nato il tutto? Così lo ha raccontato lo stesso Gaetano Pesce: 

“Sgarbi ha reagito a quello che si può ritenere l’ennesimo gesto ostile del sindaco di Firenze, Dario Nardella, nei miei confronti. Avevo avvertito il primo cittadino che per motivi di salute non sarei riuscito ad essere presente all’inaugurazione della Maestà tradita, che si doveva comporre di una mostra e di una grande installazione nella piazza di Santa Maria Novella. Lui mi ha risposto con un ricatto: finché io non venivo a Firenze l’installazione non sarebbe stata montata. Così Sgarbi ha pensato di annunciare la mia morte, in modo che il sindaco si sentisse costretto a farla montare.”

Alla domanda dell’intervistatore su quale fosse stato il gesto ostile del sindaco di Firenze, così ha risposto l’artista spezzino: 

“Perché in origine la mostra doveva essere nella Sala dei 500 di Palazzo Vecchio e l’installazione in Piazza della Signoria a far da contraltare alle grandi statue maschili come il David di Michelangelo. Quest’estate, quando eravamo già avanti con l’allestimento, un giornalista fiorentino su Instagram si è scandalizzato perché quella che secondo lui era una mostra di poltrone avrebbe affiancato i capolavori del Rinascimento. Nardella invece di dirgli di informarsi e di spiegargli che non si trattava di una mostra di poltrone, ma di opere sulla drammatica condizione femminile, ha deciso che quei luoghi non erano idonei alla Maestà Tradita. Io mi sono risentito e ho deciso di abbandonare il progetto. Ma poi per le insistenze di Sergio Risaliti, che con Sgarbi mi ha sostenuto in questa impresa, ho accettato di spostare il tutto in piazza Santa Maria Novella e nelle sale del museo del Novecento”.

Il 4 aprile, Gaetano Pesce ci ha lasciato davvero. Questa volta, purtroppo, non è un fake.

Photo Credit: agenziafotogramma.it

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