The Grocery : cronache di strada e ultraviolenza pucciosa

21 Gennaio 2025

The Grocery è una graphic novel sceneggiata da Aurélien Ducoudray e disegnata da Guillaume Singelin, originariamente pubblicata in più albi tra 2011 e 2016 quindi raccolta in volume unico per l’editore francese Ankama (selezione ufficiale del festival di Angoulême 2017). A distanza di qualche anno, l’opera è stata selezionata nientemeno che da Zerocalcare per inaugurare “Cherry Bomb”, la sua nuova collana per Bao Publishing, e a spiegare le ragioni di tale scelta – nonché il punto di forza di questo fumettone di 400 e passa pagine – è lo stesso fumettista romano, in una nota di poche righe stampata nella seconda di copertina del cartonato, secondo la quale anche un manipolo di personaggi pupazzosi (“pucciosi”, scrive Zerocalcare), quando recita bene, può interpretare i grandi della vita.

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Tutto ruota attorno al grocery che il padre di Elliott, la lucertolina protagonista, apre all’angolo di un quartiere piuttosto disagiato di Baltimora: l’anno è il 1991, quello della prima guerra del Golfo, e dal televisore di questo umile spaccio di alimentari giungono spezzoni delle atrocità commesse e subite dalle truppe statunitensi al fronte, intervallati da quiz a premi di dubbia credibilità.

La storia di Elliott e della sua nuova banda di amichetti – tutti sgamatissimi pusher di strada, che giocano a indovinare le dipendenze dei tossici di passaggio dalle rispettive andature – si intreccia a quella dell’ex marine Washington, reduce dell’Iraq e vittima della bolla immobiliare che sta divorando la città; e, soprattutto, alla faida per il controllo del territorio tra gang latine, fratellanze neonazi e società di pubblica sicurezza deviate, in un’escalation di mattanze che condurrà alla costruzione di un nuovo “Hadrian’s wall” (dal nome del politico promotore dell’idea), a dividere la downtown di Baltimora dai suoi suburbi più malfamati. Di sequenza in sequenza, man mano che ci si avvicina alla fatidica resa dei conti finale, la sete di vendetta che accomuna tutte le parti in causa finirà per tarpare, macchiandola di rosso, ogni speranza in un futuro di pace e giustizia.

Dichiaratamente ispirato a The Wire (l’altro capolavoro televisivo evocato dagli stessi personaggi è Breaking Bad), The Grocery si legge infatti come l’adattamento a fumetti di una delle tante serie action o crime che hanno da tempo egemonizzato il mercato dell’intrattenimento, con il loro montaggio alternato di destini in lotta tra loro per la sopravvivenza o il predominio.

Esecuzioni, esplosioni, squartamenti, torture e pestaggi, suicidi… L’estetica cartoonesca di Singelin non arretra mai di fronte alla rappresentazione del male (fiotti e macchie di sangue sono anzi schizzati sulla pagina con scrupolo iper-realistico), ed è proprio questo scarto intrinseco tra (per dire così) “forma” e “contenuto”, tra le fattezze pucciose delle figure in scena e la spietatezza più che verosimile degli eventi che le vedono protagoniste, a suscitare l’adesione del lettore, scampando la vicenda di The Grocery al rischio del “già visto”; se è vero che, di per sé, i tanti episodi di cui si compone l’intreccio giocano disinvoltamente con i più tipici motivi del filone gangster – compresa la capacità quasi etnografica di ritrarre un peculiare angolo di microcosmo suburbano, con il suo intreccio di sottoculture “tribali”, di codici d’onore e regole non scritte.

Un realismo sociale dal basso, livello marciapiede, che evidentemente ben si sposa con gli spaccati rebibbiani dello stesso Zerocalcare, che da autore ormai caro urbe et orbi (anche per l’intelligenza con cui sperimenta media e contesti differenti) allarga ora la sua presenza nel campo del fumetto italiano vestendo i panni del curatore di collana; e sarà curioso vedere se e in che termini le future uscite di “Cherry Bomb” continueranno a dialogare con i suoi lavori in proprio, in continua oscillazione tra la narrazione gonzo di complesse dinamiche geopolitiche e gli spettri adolescenziali (dopo il trasloco nella ztl dell’età adulta) delle proprie periferie interiori.

Spesso, nel montaggio serrato di The Grocery, le peripezie di Elliott, Sixteen, Washington & co. sono intervallate da un “blob” di notiziari e speciali televisivi (riprodotti fin nei contorni stondati e nei toni vitrei delle vignette) che degli eventi principali tendono a fornire una versione tendenziosa, stravolta, se non proprio campata per aria. Un dispositivo straniante che, nella sua trasparenza, chiama direttamente in causa il lettore-spettatore, rimarcando il peso della cronaca televisiva nello strutturare e orientare l’immagine della realtà fuori di noi, ieri come oggi (è il caso di ricordare come la guerra del Golfo del ’90-’91 sia stata, per gli spettatori occidentali, il primo conflitto trasmesso live: a inaugurare un decennio che sempre più avrebbe confuso il reale con i suoi simulacri televisivi, a misura di schermo).

È una sottile ma persistente provocazione intorno al rapporto tra la realtà e la sua rappresentazione mediatica, questa, che in qualche modo, scavalcando i confini diegetici dell’opera nonché le intenzioni degli autori, finisce per investire anche il movimento finale di The Grocery, incentrato sulla candidatura del villain Ellis One a sindaco di Baltimora (sotto lo slogan “WE ARE THE PEOPLE”) per meglio tutelare i propri traffici.

La campagna elettorale a colpi di minacce e intimidazioni; l’attentato da cui esce miracolosamente illeso; quindi il rifiuto di riconoscere la propria sconfitta ai seggi e la funesta (per lui) sommossa popolare che seguirà: ciò che a prima vista potrebbe sembrare una catena di eventi improbabili, addirittura un collage di fake news ispirato a qualche blockbuster fantapolitico, non può non richiamare al lettore del 2024 i più recenti avvenimenti della politica USA (successivi, insomma, alla lavorazione di The Grocery). Come se, in una società ridotta a grottesca parodia di sé quale quella messa in scena da Ducoudray e Singelin, i peggiori incubi distopici, nel momento in cui si realizzano (e vanno in onda), debbano fatalmente ricordare le trovate e i colpi di scena di una crime fiction. O forse è soltanto la solita realtà americana che, dice Ducoudray nella nota iniziale, giorno dopo giorno, anno dopo anno non smette di superare i limiti della fantasia. Che poi di questo le si debba essere grati, sia pure ironicamente, è un altro discorso.

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