Hibiscus, il fiore della passione
Lo vedi e sei in Polinesia con Gauguin e la sua Vahine no te tiare (Donna col fiore), e tutte le seducenti indigene tahitiane ritratte nei suoi capolavori dove li portano all’orecchio o stampati sui parei. Colori caldi decisi, corolle grandi sensuali fanno dell’hibiscus il fiore della passione e di un eros edenico, primitivo, panico.
Hibiscus coccineus
Il genere appartiene alla famiglia delle malvacee e comprende circa trecento specie, erbacee o arbustive (annuali e perenni), sempreverdi o decidue, provenienti dall’Asia e dalle Americhe, ma anche dalle aree mediterranee e dall’Africa, da dove viene l’Hibiscus sabdariffa, usato nell’industria alimentare per marmellate e bevande quali il carcadè. In tanta varietà, il fiore – effimero ma dall’antèsi prolungata e vistosa – è sempre imbutiforme e inodore, con cinque sepali e altrettanti petali dal cui centro si allunga la colonna staminale con i cinque pistilli dello stilo. Vi sono poi ibridi dai fiori doppi o stradoppi che non guadagnano le mie simpatie.
Hibiscus syriacus
Difficile sfoggiare nei nostri giardini un giallo ma'o hau hele (Hibiscus brackenridgei), simbolo di Hawaii e pure a rischio d’estinzione. Difficile anche coltivare all’aperto, in zone sempre a rischio gelate, lo sfolgorante Hibiscus rosa-sinensis che ogni anno, nei vivai, bisbiglia multicolori «prendimi prendimi». Per avere un ibisco sott’occhio, senza stamparsi sull’epidermide un tattoo maori, basta mettere a dimora un Hibiscus syriacus o i miei preferiti Hibiscus palustris (alias moscheutos) e Hibiscus coccineus.
Hibiscus rosa-sinensis
Il syriacus, per l’eccessiva sovraesposizione come alberello nell’arredo urbano e nei giardini domestici, gode di scarsa stima da parte delle archistar del verde. Arbusto rustico e generoso, tuttavia non è da disdegnare nel portamento a cespuglio e nella varietà a fiore candidissimo. Ha foglia decidua, verde cupo dal margine dentato o trilobato, fiori portati alle ascelle delle lamine superiori che s’avvicendano continuamente in sboccio da luglio a ottobre in varie tonalità oltre al bianco: dal rosa al violetto, dall’azzurro tenue al blu genziana.
Da sinistra: Hibiscus palustris (moscheutos); Hibiscus coccineus
I miei prediletti, invece, sono erbacee perenni che reggono anche climi rigidi e ad ogni primavera rispuntano pronti a una stuporosa fioritura. Entrambi statunitensi d’origine, amanti di posizioni umide e soleggiate, mostrano tratti caratteriali diversi che li rendono immediatamente riconoscibili: L’Hibiscus palustris ha portamento eretto su fusti alti ben oltre il metro, foglie ovate intere o lobate di un verde tenerezza e corolle grandi 15-20 cm, con petali d’un rosa allegro unghiati d’intenso (ma in vivaio ne trovate anche di bianche e purpuree). Il coccineus si differenzia per i petali ben separati e per le foglie palmate simili a quelle della cannabis. Il rosso è il suo unico colore che contraddistingue anche le giovani foglie e i piccioli: elegante e superbo anche dopo la fioritura per le capsule seminali con i sepali uncinati a reggere le ampie verdi brattee. Se ben collocato al sole, in terreni argillosi e freschi può, come il cugino, raggiungere anch’esso altezze considerevoli (fino a 3 m) con diffusa ramificazione.
Hibiscus coccineus
In Italia se ne trovano tra autoctoni o naturalizzati di tre specie, tutti abitanti delle paludi o dei luoghi umidi: il pentacarpus, il trionum, e il mantovano roseus Thore (si veda: Dell’Ibisco, pianta palustre e comune ne’ dintorni della città di Mantova, e precisamente dell’Hibiscus roseus Thore proposto dal sig. Barbieri come pianta tigliosa da rivalizzare negli usi domestici colla stessa canapa, «Bilioteca italiana o sia Giornale di Letteratura, Scienze ed Arti», X, 37, gennaio-marzo 1825, pp. 196-200). Chissà se al roseus o al pentacarpus, diffusi entrambi anche in Toscana, si riferisce D’Annunzio nelle ambigue poesie che la Collana di Glauco (Alcyone) dedica a Nicarete, il giovane con cui Glauco desidera accompagnarsi «e coglier teco per incoronarmi/ l’ibisco che fiorisce a Massaciùccoli»:
Nicarete dal monte di Quiesa
a Montramito i colli sono lenti
come i tuoi biodi, all'aria obbedienti,
fatti anch'elli d'un oro che non pesa.
E quella lor soavità, sospesa
tra i chiari cieli e l'acque trasparenti,
tu non la vedi quasi mai la senti
come una gioia che non si palesa.
Sorge, splendore del silenzio, il disco
lunare. O Nicarete, ecco, e s'adempie
mentre nel lago la ninfea si chiude.
Prima è rosato come il fior d'ibisco
che t'inghirlanda le tue dolci tempie
ma dopo assempra le tue spalle ignude.
Hibiscus rosa-sinensis
Giovani donne e giovani uomini, se decidete di adornarvi le tempie d’ibisco come le tahitiane (o come gli efebi dannunziani) attenzione! Secondo l’usanza polinesiana, un ibisco all’orecchio sinistro significa: «siamo liberi, fatevi avanti»; portato sul destro equivale a un: «alt, felicemente accoppiati». Se li sfoggiate a entrambe le tempie suggerirete con opportuna malizia: «impegnati, ma aperti a nuove avventure».