I marosi di Bauman sono finiti

19 Marzo 2013

“Insomma, dovete considerare il fatto che siamo fatti di sola polvere. Non è granché per andare avanti, lo ammetto, e non dovremmo mai dimenticarcene. Ma anche considerando questo, cioè questa specie di brutto inizio, non ce la stiamo cavando malissimo. Quindi, da parte mia, sono convinto che, nonostante la pessima situazione attuale, possiamo farcela. Mi sono spiegato?”

Ph. K. Dick, Le tre stimmate di Palmer Eldricht.

 

 

I marosi di Bauman sono finiti. Dietro questa battuta c’è l’idea che il cosiddetto “pensiero liquido”, per il quale è diventato noto il sociologo polacco, cominci a segnare il passo. L’elemento liquido, cui fa riferimento in tanti suoi lavori, è sempre meno in grado di dare senso alle evoluzioni in atto e occorre quindi trovare nuove parole e nuove metafore in grado di esprimere i cambiamenti.

 

A sentire Ivana Pais, autrice de La Rete Che Lavora, sembra che una delle caratteristiche peculiari delle professioni postindustriali sia un’attitudine alla polidimensionalità: saper interagire in situazioni differenti, con codici appropriati, in contesti on-line e off-line sempre più interrelati.

Sono considerazioni utili per interpretare cosa sta succedendo tra mondo digitale e mondo reale. E provare a immaginare cosa succederà nell’immediato futuro.

Prendiamo in considerazione per esempio il cloud computing: i dati non vengono più travasati (secondo un modello idraulico) da una memoria interna a un supporto esterno o da un server a un pc ma galleggiano in uno spazio virtuale, disseminato e sempre accessibile (senza, tuttavia, mai essere  completamente sotto il mio controllo). Proseguendo per suggestioni, si potrebbe dire che il riferimento non è più allora all’elemento liquido, ma a quello gassoso. Siamo portati a modificare le nostre attività - ora gassose, ora liquide, ora terrene, ora infuocate - adeguandole ai differenti contesti e agli strumenti del nostro fare.

 

Una cosa che abbiamo riscontrato lavorando dietro le quinte del premio cheFare è che il voto on-line fa appello molto efficacemente a relazioni concrete e tutt’altro che virtuali: sono le comunità reali, legate ai territori, che hanno votato in massa i progetti facendoli emergere ai primi posti. L’attenzione non va più all’incertezza e alla fluidità, segni distintivi per Bauman, ma al vivere la trasformazione come dato di fatto e come avventura: la capacità di muoversi tra piattaforme differenti e piani semantici diversi; saper tessere network on-line e off-line; collaborare con soggetti diversi; creare attrattori o saperli individuare; sperimentare; dare vita a pratiche di collaborazione e produzione collettiva. Solitamente, i mutamenti molto rapidi producono un crollo delle certezze, col risultato di trovarsi a vivere situazioni perturbanti.

 

Questi cambiamenti non riguardano solo chi lavora in rete. Ogni innovazione tecnica e ogni sviluppo tecnologico ci aprono porzioni di mondo, ne aggiungono di nuove. Creano spazio. E questo spazio riguarda tutti, anche coloro che ne sono fuori. Le ricadute non riguardano mai solo gli ‘addetti ai lavori’ (che sono solo i primi a vederle sorgere) ma impattano presto o tardi su chiunque. Consideriamo il passaggio dalla radio alla televisione: il nuovo media non ha fatto sentire la sua influenza solo agli operatori di radio, cinema e teatro ma ha mutato profondamente abitudini e immaginario anche di chi non se ne serviva.

 

A rigore di logica questi non sono neppure dei veri cambiamenti. Sarebbe più corretto indicarli come delle latenze dell’essere umano, delle virtualità. Ciò che ci è proprio in quanto esseri umani, infatti, è la capacita di formarci e trasformarci a contatto con situazioni date e con l’ambiente. Le ricerche in ambito neuro-fenomenologico condotte da Varela ed altri non hanno fatto che evidenziare il legame profondo e inaggirabile tra mondo della vita, percezione e formazione di sé. Ogni sviluppo tecnico-scientifico, quindi, non fa che attualizzare e rendere manifesto ciò che prima era celato da costumi differenti.
Siamo nel cambiamento ma lo siamo sempre stati. Tutto qui.

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