Islam, vegani e altri sentimenti
Sorprende sempre riconoscere come il cibo sia in grado di coinvolgere molti dei valori della nostra esistenza. Un legame dalle radici lontane, scritto dentro la storia della specie e dell'alimentazione, nelle diverse culture, nella stessa “sostanza” dei nostri geni. Schegge involontarie di quel legame e di quei valori emergono talvolta in momenti particolari, quando più facilmente il reale perde peso - un periodo di malattia, le stesse festività natalizie - facendo affiorare qualcosa che in genere tendiamo ad allontanare dentro malcelati malesseri, nausee sopite. Nausee...quasi nessuno nei giorni di Natale (o di Pasqua) cerca più il capretto. Tabù in via di definizione, il capretto sta diventando “cattivo da mangiare” come il coniglio o l'agnello, ognuno secondo i luoghi e secondo il mutevole dissolversi della tradizione. Cattivo da mangiare perché diventato “buono da pensare” sebbene attraverso un’idea diversa da quella di animale domestico e da compagnia (pet); impossibile per quest'animale, come per l'agnello, la convivenza urbana.
L'Islam, ormai da tempo, è diventato un “convitato di pietra” nelle pagine dei quotidiani, ancor di più nelle home page di quelli on line. In questa presenza latente, si confondono aberrazioni del fondamentalismo, inquietudini del lettore, turbamenti ancestrali, sensi di repulsione. Una sensibilità imbrattata di ormoni primordiali s'impone su ogni modernità e tecnologia informatica, le lusinghe di internet affogate in paure e smarrimenti. Paure primordiali da ormoni ancestrali, ma anche il distaccarsi da un mondo antico confusamente vissuto come oscura minaccia. La modernità dell'Occidente è in fondo un’idea di luce (e per l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 2015 è “Anno internazionale della luce e delle tecnologie basate sulla luce”), di evoluzione, di un mutamento positivo in qualcosa di là a venire. Esattamente il contrario di ogni tradizione inamovibile come pietra, che sia religiosa o meno poco importa. Il contrario di ciò che si vede in ogni fondamentalismo, basato su un nucleo fatto di una verità inamovibile e assoluta, inevitabilmente cupa. Mio zio, cristiano come può esserlo stato nella verità di un comunista emiliano nato prima della guerra, è stato pastore tutta la vita. Ogni anno su e giù per gli Appennini. L'intera esistenza spesa tra gli animali e la natura della Maremma e della montagna tosco-emiliana. Gli ultimi anni, durante le feste, a casa sua non mangiavamo più il capretto e se qualche cliente glielo chiedeva, lo vendeva solo vivo. Era il naturale aumento del senso di tenerezza che prende gli anziani, forse. Da parte mia ricordo bene mentre raccontava come non riuscisse più a guardare quegli animali prima di immobilizzarli per il coltello.
Essere Vegani è una moda, una tendenza in rapida diffusione, è l'essere vegetariani in modo troppo spinto e scorretto, nefasta forzatura nutrizionale, modo di vedere diversamente il nostro posto nel mondo. Comunque la si veda e la si consideri, essere vegani è una scelta che afferma la possibilità di vivere senza uccidere, senza alcuno sfruttamento delle carni e di ogni derivato animale. Aldilà di ogni verità degli aspetti dietetici, sempre minori in questa scelta, è implicito il riconoscimento della sacralità della vita, almeno per il mondo animale, quello a cui apparteniamo. Gentili era il nome con cui gli ebrei prima e i seguaci del Dio cristiano poi chiamavano le popolazioni pagane. Gentili da “gentes”, nel senso delle altre “genti” che non si riconoscevano in una divinità sola. Nella Roma del Primo Impero i “gentili” erano i pagani adoranti il corredo di divinità capricciose mutuate dalla civiltà greca. Erano la religione dell'Olimpo, di un fato invadente sul mondo, e gli dei a intervenire nella vita degli uomini secondo il loro capriccio, secondo volontà imperscrutabili: l'uomo poteva solo ingraziarsene i favori con i riti, i sacrifici, la condotta di vita. Una religione fondamentalmente priva della consolazione di una vita eterna lasciava all'uomo un senso magico della natura, un senso di appartenenza comune oltre ogni logica razionale. Il tuffatore che nell'omonima tomba (Paestum V sec a.C.) si lancia verso l’eterno è forse la rappresentazione più vera di questo stato e di questo sentimento. Conseguenza inevitabile l'idea di un destino condiviso tra esseri viventi: un senso di appartenenza comune sotto il riconoscimento nel fato, nel caos, in una natura alla fine matrigna che dispensa e nega favori. Indistintamente.
Prima dei recenti orrori, le cronache riportavano la riduzione in schiavitù degli Yaziti da parte dell'Isis. Abominio del fondamentalismo islamico. Nell'imposizione della Sharia e nelle parole del Corano una giustificazione che ammette la schiavitù delle popolazioni non musulmane. Anche nell'Antico Testamento si trovano tracce – tracce, non legge – dell'accettazione della schiavitù. Di certo, la società occidentale ne ha avuto un ultimo rigurgito ai tempi della guerra di secessione americana. Durante e dopo la diffusione del Cristianesimo – sorto sulla negazione della schiavitù – lentamente si diffonde sempre più l’idea che tutti gli uomini sono uguali, uguali nei diritti e nei doveri: uguali nei diritti alle proprie idee – qualsiasi genere di idea – uguali nella dignità e nei bisogni, nei desideri… e in fondo nel destino. L’uguaglianza come destino è un tratto comune della civiltà cristiana prima e di quella laica e democratica, occidentale, poi. Anzi, nella nostra società, quell'idea di eguaglianza si è andata affermando in maniera via via più allargata diventando eguaglianza di razza, di genere, di orientamento sessuale, un’uguaglianza di diritto alla vita in tutte le sue forme e diversità. L'esatto contrario di ogni fondamentalismo, sempre fondato su una verità tradizionale assoluta alla quale chi non appartiene e non si uniforma è “altro”, diventando diversità. Diventando, inevitabilmente, l'idea di un possibile nemico. E il contrario anche delle guerre di Bush. Che sia anche questo un motivo, confuso e profondo, per cui i fondamentalisti vedrebbero in un unico odio cristiani e occidentali?
Schegge confuse di presente dicevamo... E poco importa allora che sia un rigurgito dell'antica religione pagana o il completarsi dell'idea di eguaglianza dell'Occidente. Poco importa. Ma benedette siano le idee alla base delle scelte dei vegani, benedetta ogni emancipazione e diritto femminile, benedetto ogni diritto dell’infanzia, benedetto l’amore gay più autentico, benedetto il rispetto e la cura degli animali. È l'insegnamento del miglior Occidente, quello delle consuetudini che diventano “leggi non scritte”, quello che emerge dalla civiltà quotidiana e dai mutamenti di lungo respiro. È l'insegnamento di come la vita e la sua fragilità vadano sempre protette, di come ogni forma di vita sia un inno a Dio e la sua fragilità sia sempre un mistero.