Jumpinshark. Il web e l’arte della manutenzione della notizia

5 Aprile 2013

Quando ho letto degli 800 licenziamenti in Rcs la mia reazione è stata (prima di pensare alla crisi del giornalismo, al futuro di quei redattori e tecnici dell’editoria presto disoccupati, alla scomparsa di quelle riviste e ad altre cose prettamente demoralizzanti): nelle redazioni di Rcs lavorano più di 800 persone? Così tante?

Ora, so che non si tratta solo di giornalisti, ma anche di grafici, photoeditor e quant’altro, ma possibile che ancora nel 2013 si pensi che per fare un quotidiano servano così tante persone?

 

Ho avuto modo di leggere Il web e l’arte della manutenzione della notizia di Alessandro Gazoia aka Jumpinshark e questa mia domanda ha trovato risposta. “No” quella molto breve, ma vale davvero la pena approfondire leggendo questo ebook che spiega in maniera semplice e chiara anche per i non addetti ai lavori in che situazione si trova oggi l’informazione italiana. Informazione che ormai passa solo da internet e dai tanti siti, come Il Post, Lettera43 e Huffington Post che lì sono nati e guadagnano lettori a scapito dei vecchi colossi di carta.

 

Questi ultimi, con il loro “finto” passaggio al digitale, sono trattati da Gazoia nel primo capitolo: qui si analizza quanto i siti di Corriere e Repubblica siano in realtà semplici trasposizioni del loro modo di fare giornalismo, vecchio decenni, prestato alla rete. Se sulla carta le notizie d’attualità hanno ormai perso ogni valore (ricordo quasi con tenerezza le prime pagine con scritto “Chi vincerà?” all’indomani delle presidenziali americane quando tutti sapevano già della vittoria di Obama), le trasposizioni dei colossi su internet non hanno aggiunto nulla di nuovo.

 

 

Nel secondo capitolo si vede bene quanto i suddetti siti siano sì primi per numero di lettori ma grazie, in buona parte, alla famigerata colonna di destra, quella dei gol sbagliati e dei video hot. Dal sito di Repubblica ho scoperto che almeno una volta al giorno, nel mondo, un uomo sbaglia un gol a porta vuota, ma di articoli specifici, approfondimenti o editoriali diversi da quelli “cartacei” nemmeno l’ombra. Boxino morboso che negli Stati Uniti ha fatto la fortuna dell’Huffingont Post dato che si trattava di una novità per il panorama giornalistico locale. Ed è anche per questo, dice giustamente Gazoia, che l’edizione italiana diretta da Lucia Annunziata non ha fatto breccia, a parte gli annunci al momento del lancio. Già visto il mix serio-faceto, presente anche nei grandi siti dei quotidiani.

 

Ha ben donde Luca Sofri del Post a spiegare che ormai un redattore digitale fa tutto: scrive, edita le foto, impagina, pubblica sul sito. Sono finiti i tempi dei titolisti, dei correttori di bozze e dei tanti ruoli che componevano la stesura di un giornale di carta. Come saranno i siti del futuro? A chi si devono ispirare i quotidiani italiani per mantenere seguito anche sul web? Come sopravvivere al calo della vendita degli spazi pubblicitari e alle nuove forme di advertising disponibili sul web? A queste domande risponde Gazoia con una terminologia per una volta semplice e comprensibile lontana dalle analisi solo numeri e paroloni che gli stessi giornali fanno sulla crisi dell’editoria (forse per nascondere i tristi risultati anche a loro stessi).

 

E anche un libro così chissà quanto sarebbe costato una volta, quando sarebbe potuto uscire solo su carta e per questo non essere nemmeno così aggiornato. Insomma se i libri si sono confrontati con l’arrivo di internet e hanno addirittura cambiato forma pur di adattarsi, perché i siti di news non riescono a uscirne vittoriosi?

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