La guerra dei prezzi
Il saggio di Rupert Russell è un viaggio nel caos, nelle aree del mondo sconvolte da conflitti, fame e migrazione, alla ricerca di ciò che lo determina. Lo racconta con un ritmo narrativo che richiama la tecnica del montaggio filmico, che lascia trasparire la sua esperienza sul campo, compiuta per la realizzazione del docufilm Price wars. How chaotic markets are creating a chaotic world, che ha scritto e diretto per un’emittente franco-tedesca.
Con l’occhio attento del ricercatore, Russell addentra il lettore nel suo viaggio, che si apre nel campo profughi di Moria sull’isola greca di Lesbo, per poi continuare a Mosul in Iraq, da cui si sposta in Ucraina orientale, proseguendo poi a Caracas in Venezuela, a Nairobi nel Kenya settentrionale, allungandosi fino in Somalia, per concludersi in Guatemala, principale paese di migranti clandestini verso gli Stati Uniti.
Il suo itinerario “caotico” si riassume in un insieme di testimonianze significative riportate in modo diretto ed essenziale, lungo un tracciato scientifico, che alterna scenari umani disastrosi a pezzi di mondo accademico e della finanza globalizzata. Con lucidità sociologica e linguaggio chiaro documenta un vero e proprio work in progress di ricerca, che non è conforme a un quadro interpretativo preesistente né tantomeno ideologico, ma si costruisce gradualmente seguendo la bussola della teoria scientifica del caos e dai suoi modelli matematici. Ripercorrendo la traiettoria della farfalla il cui battito d’ali agisce retroattivamente a distanze enormi, o in altre parole della piccola turbolenza regionale che provoca il caos in un’altra, Russell coglie con chiarezza il fattore comune del disordine sconvolgente contemporaneo della società umana: la carenza improvvisa di materie prime.
Ma approfondendone le caratteristiche, scopre che essa non risponde più ai modelli interpretativi macroeconomici tradizionali, basati sulla economia reale della domanda e dell’offerta, e che appaiono invalidate le teorie di scuola keynesiana e di scuola liberista, che per lungo tempo in contrapposizione hanno guidato le scelte di governi e nazioni.
Dunque Russell dalla produzione reale, dalla disponibilità materiale e dalle scorte dei beni primari o commodity, sposta la sua attenzione sulla determinazione del loro prezzo, pervenendo a un risultato che costituisce il punto di forza di questo libro: la carenza improvvisa di materie prime è il risultato delle vertiginose e repentine oscillazioni dei loro prezzi, determinate dalle transazioni dei loro derivati sui mercati finanziari.
In termini pratici, il prezzo di petrolio o grano ad esempio, in base alle previsioni e alle azioni conseguenti dei mercati finanziari, indipendentemente dalla loro quantità e dal livello della loro domanda reali, può surriscaldarsi velocemente rendendo difficile la vita ai paesi importatori o tracollare velocemente, rendendo difficile la vita ai paesi produttori, trascinando economie e popoli nel caos.
Questo conduce Russell nelle city di New York e Londra, per parlare e intervistare banchieri, fondi speculativi e trader, da cui dipendono le commodity finanziarie. Il risultato è una ricostruzione di lucida critica, che con metodologia scientifica passa dalle vittime materiali del caos ai principali attori della finanza delle materie prime, ripercorrendo all’inverso la scia della stretta relazione retroattiva.
La finanziarizzazione dei prezzi è dunque quella farfalla dal cui battito discende il caos, e di cui è già possibile tracciare una storia, considerando la Primavera araba, la Brexit e l’ascesa di Donald Trump, su cui Russell si sofferma più volte.
Le citazioni e le interviste di prima mano a economisti ed esponenti di spicco del mondo delle commodity finanziarie offerte da Russell sono finestre sul modo di pensare e di concepire una realtà che tuttavia sfugge agli stessi protagonisti, perché la lotta per il potere dei prezzi non conosce finalità, se non la ripetizione speculativa all’infinito delle transazioni con cui si scommette sul profitto futuro.
Il mondo della finanza delle commodity ha un unico culto: la profezia che si autoadempie e l’inganno, con cui i prezzi manipolano e narrano allo stesso tempo, creando una realtà svincolata da qualsiasi oggettività materiale e da qualsiasi ragione etica.
Il risultato è che è la spirale di prezzi in discesa o in ascesa delle commodity non lascia scelta o via di uscita a milioni di persone e a intere nazioni.
In questo contesto, paradossalmente il cambiamento climatico diviene una sorta di Giano Bifronte: da un lato è leva per nuove profittevoli speculazioni finanziarie sulle commodity, dall’altro è l’ineludibile tragico destino per chi già vive “sull’orlo del caos, al confine tra ordine e disordine”, in lotta per le risorse che scarseggiano per la crisi climatica.
Il detonatore del caos nel mondo dei fondamentali e della disponibilità reale delle risorse, con cui si è inaugurata la guerra dei prezzi stabiliti dall’economia immaginaria dei mercati finanziari, ha una data precisa: 21 dicembre 2000, allorquando il Commodity Futures Modernization Act varato dalla Amministrazione di Bill Clinton deregolamentò i mercati delle commodity. Un provvedimento che ha generato una moltiplicazione smisurata dei derivati, amplificando gli effetti dirompenti del Financial Services Modernization Act, precedentemente varato da Clinton, che ha reintrodotto la possibilità per le banche commerciali, che operano nell’ambito del deposito e del prestito, di operare anche come banche di investimento, attive nel mercato finanziario. Da tale pratica, che era stata vietata negli Stati Uniti all’indomani della grande crisi del ’29 del XX secolo, si è generato il mutuo subprime nel mercato immobiliare, dando vita alla ben nota gigantesca bolla speculativa, che Russell collega direttamente all’origine della Brexit e dell’ascesa di Donald Trump.
Non è dunque una, ma sono molte le farfalle che con il loro battito sconvolgono paesi, nazioni, ordinamenti politici, generando un caos dell’orrore che contamina localmente qualsiasi cosa, riproducendosi in forma di frattali. “Le regole scalano. Sono frattali: simili a sé a ogni livello” scrive Russell, che porta alla luce fino a che punto la logica speculativa sui prezzi dei beni primari, diventi essa stessa forma di sopravvivenza, riproducendosi persino nelle fasce sociali più povere.
“I prezzi creano un ordine spontaneo intorno a noi” … “ma quando variano improvvisamente l’ordine si infrange e il caos erompe” scrive Russell. Un caos fortemente disgregante, che rompe il patto sociale di sussistenza dei popoli con il potere politico, in senso hobbesiano, il cui pensiero, per inciso, si sviluppò durante la guerra dei 30 anni, la prima grande guerra che l’Europa ricordi.
Libro vivace e stimolante, Guerre dei prezzi antepone al che fare il pensare, e anche nelle sue conclusioni Rupert Russell non lesina ulteriori spunti, rilevando come “non tutto il caos creato dal mercato ne rafforza la presa”. Ne risulta un monito finale, che assume il tono dell’urgenza, prevedendo un buco nero da cui sarà impossibile uscire: “Vi è un aspetto della mitologia del mercato a renderli ciechi (i Padroni dell’Universo ndr): la credenza che i piccoli pezzetti di carta sui quali sono stampati i simboli £,$ e Euro, possano valere qualcosa in una terra resa inabitabile. Questa è in definitiva l’irrazionalità nascosta nella loro razionalità. Il Minotauro al centro del labirinto globale. La vera follia dei mercati”.