Michael Cisco: culto weird

26 Ottobre 2024

Lo Studente del Divino non è un libro, come si dice talvolta per incuriosire i lettori, in cui niente è come sembra. In questo senso è un libro profondamente onesto, senza che però questa onestà si traduca in una particolare chiarezza: tutto è come sembra, certo, ma sta allo stesso tempo anche per qualcos’altro. Prendiamo la scena iniziale di questo romanzo: “Le prime nuvole nere oscurano il cielo, seminando veli bianchi e sfilacciati nel fruscio del pubblico che si assesta, e mentre passa ogni nuvola, incorniciata perfettamente nei suoi bordi, una spicca su tutte, incombe come un iceberg sulle altre. Ora si muove costante, crolla rapida e bassa sui verdi canyon. S’immerge tra i colli in un lezzo d’acqua, nel placido silenzio ansioso di pioggia che cade su alberi ed erba” (13). Un paesaggio quieto, all’apparenza, anche se il cielo annuncia il temporale: quasi una pastorale, uno spazio astratto che potrebbe trovarsi ovunque. E poi, invece, ecco che un personaggio viene colpito da un fulmine, e una torma di entità (non sappiamo chi siano o che forma abbiano, da dove vengano o quale sia il loro scopo, né lo scopriremo poi) “lo sventrano come un pesce, lo aprono dalla gola alla vita, le mani rosse gli staccano le costole, la testa e le spalle penzolanti, le braccia a terra, sbatacchiate avanti e indietro mentre lo svuotano. Scaricano le sue viscere cotte e fumanti sul pavimento e portano pile di libri e cartelle, strappano pagine e rimescolano fogli, tutti scritti, li infilano dentro di lui, li stipano dietro le costole e li schiacciano insieme nell’addome” (14). 

Questo personaggio è, appunto, lo Studente del Divino. Di cosa sia studente esattamente, e cosa sia il divino, non ci viene detto, anche se viene adombrato. Alle molte domande che questo libro solleva, in realtà, ci sono ben poche risposte. Pubblicato nel 1999 e tradotto ora per la prima volta in italiano da Mercurio, Lo Studente del Divino è il romanzo d’esordio (e di culto) di Michael Cisco, con cui ha vinto l’International Horror Guild Award. Cisco, professore di filosofia alla City University of New York, ha successivamente pubblicato una dozzina di romanzi via via più oscuri, ma Lo Studente del Divino resta il suo testo più noto e giustamente celebrato. Il libro viene pubblicato in anni in cui la narrativa weird prendeva pieghe nuove e inaspettate, muovendosi con decisione dalle forme dell’horror, del gotico e della fantascienza per esplorare lo spazio interstiziale tra questi generi. Lo si può pensare in dialogo con opere come The Cipher di Kathe Koja (1991), o meglio ancora Veniss Underground di Jeff VanderMeer (2003), con le sue spazialità distorte e i suoi corpi ibridi e mutanti. 

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Quello di Cisco, a voler proprio usare delle categorie predefinite, è un dark fantasy urbano con venature splatter, ma il modo in cui queste categorie interagiscono, e si sorreggono su una prosa lirica e straniante, esemplifica perfettamente la tendenza del New Weird alla commistione di generi e alla produzione di opere impossibili da collocare. Questo lo sa bene Cisco, che al weird ha dedicato una monografia accademica (Weird Fiction. A Genre Study, 2022): “un genere”, ci dice, “è prodotto da opere letterarie e contribuisce alla produzione di opere letterarie. È organizzato secondo una logica di interessi in perenne cambiamento. Le de-territorializzazioni si ri-territorializzano immediatamente (…) e si ripetono come nuovi modelli. Non c’è ansia di purezza nella produzione o riproduzione di un genere; quella viene solo nella definizione logica di un genere, che è uno spazio di contesa per il controllo della riproduzione del genere” (8-9). Cisco conosce bene i generi a cui attinge, e li rispetta abbastanza da non appropriarsene intellettualmente o da fingere di averli inventati; ma li padroneggia con tanta cura e disinvoltura da riuscire a farne qualcosa di nuovo e personale. 

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Dopo il fulmine, dunque, e dopo essere stato imbottito di pagine, cosa succede allo Studente del Divino? I suoi superiori al Seminario lo dismettono e lo spediscono nella città di San Veneficio con una missione: diventare un cercatore di parole, ossia mettersi alla ricerca del segreto del linguaggio. Lo Studente del Divino si imbatte presto, tra tante parole, in “un catalogo di parole sconosciute, parole segrete, parole fantasma, completamente nuove” (43-44), parole che devono essere ottenute attraverso il corpo di chi le ha assimilate. Il corpo, nel romanzo di Cisco, è perennemente attraversato dal linguaggio: dall’apertura, le viscere dello Studente del Divino sono riempite di pagine cosparse di parole, e lui stesso dovrà aprire altri corpi per ottenere quello che cerca. Non possiamo dire di essere davanti a un testo postmoderno: in Lo Studente del Divino il linguaggio (come il genere) non è un gioco, un’astrazione, ma qualcosa che penetra nella carne e nella profondità dei soggetti e plasma il mondo in cui vivono.  

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E a sua volta, il romanzo rovescia sul lettore una cascata di parole che lo attraversano. Una delle prime parole segrete scovate dallo Studente del Divino è quasi perduta, ne restano solo le ultime tre lettere, e la definizione, che però non è una definizione ma una breve storia su una ragazza che si sveglia la notte all’improvviso. Come chiosa un personaggio, questa parola “può essere definita solo da una storia. La parola non rappresenta quella sequenza di eventi, ma nomina ciò che quella sequenza suggerisce” (46-47). Questa è una di quelle frasi che, nella narrativa, stanno per l’intero, perché naturalmente anche il senso di Lo Studente del Divino non può essere racchiuso da una definizione, e può essere spiegato solo da una storia. Alla fine del romanzo, lo Studente del Divino “conosce le parole, e la lingua – la sua lingua – finalmente si radica in lui” (189). Non è diverso quello che succede al lettore. Il romanzo di Cisco è l’epitome del weird come genere trasformativo, non solo a livello testuale (perché i generi che gli preesistono sono sviscerati e ricuciti insieme e resi qualcosa di diverso), ma anche per quello che chiede al lettore, per la volontà esplicita che manifesta di cambiarlo. 

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