Progetto Grafene

2 Aprile 2013

Giorni fa, una trasmissione radiofonica mi ha chiesto di commentare un’immagine inedita. La curiosa fotografia a colori rappresentava, a dire il vero in maniera un po’ kitsch, un blocco di carbone grigio-ferro posato sopra i petali rosa di ciliegio. Che cosa ci fa un blocco di carbone grigio-ferro posato sopra i petali rosa di ciliegio? mi sono domandato ingenuamente.

 

Ho subito pensato a un fotomontaggio, ma la didascalia, insieme a qualche nota di contorno, ha chiarito subito ogni cosa. Si trattava di un pezzo di grafene, il più leggero materiale solido esistente, appena sviluppato in un laboratorio cinese, un materiale, appunto, così lieve da poter essere posto su un fiore senza neanche incurvarlo. Una materia grezza, rugosa, nera, immobile sui petali, senza neanche piegare lo stelo.

 

 

Le spiegazioni lo definiscono come il materiale che potrebbe cambiare il nostro futuro. A riprova di ciò, e nella speranza di riposizionare il vecchio continente al vertice della ricerca e dell'industria hi-tech, la Commissione Europea ha deciso di stanziare un miliardo di euro in dieci anni per finanziare la ricerca su questo sottilissimo foglio di grafite. Un rozzo masso sopra una corolla intatta. Continuo a leggere le informazioni accluse alla nota. Per inquadrare la portata del Progetto Grafene e le possibili ricadute di tale "materiale delle meraviglie", altrimenti detto "la plastica del futuro", basti immaginare che il suo impiego potrebbe costituire il perno della prossima rivoluzione industriale, così come nel secolo scorso lo furono i polimeri per la produzione della plastica. Insomma, mi devo veramente rassegnare: ciò che contemplo non è il prodotto del solito photo-shop, bensì il punto d’arrivo di una tecnologia che forse rivoluzionerà il nostro mondo: non c’èpiù basso o alto, né leggero o pesante, né vuoto o pieno, ma solo una natura ormai tanto lontana dalle sue origini da sembrare un gioco "di società".

 

 

Ma andiamo con ordine: nel 2004 Andre Geim e Konstantin Novoselov, lavorando con un nastro adesivo e un blocco di grafite (esattamente quello delle mine delle matite), scoprirono quasi per caso il materiale più sottile del mondo, costituito da un solo strato di atomi di carbonio. I due scienziati vennero premiati con il Nobel per la Fisica nel 2010, cosa rara a così pochi anni di distanza dalla scoperta, e ora insegnano all'Università di Manchester. Cito: “Il grafene è talmente sottile che viene considerato bidimensionale: per arrivare a un millimetro di spessore ci vogliono tre milioni di fogli. Nonostante questo, è cento volte più resistente dell'acciaio e sei volte più elastico, conduce calore ed elettricità, ha struttura regolare (a esagoni), è stabile e quasi trasparente”.

 

I risultati più immediati toccheranno da vicino la nostra vita: i nuovi telefoni intelligenti e i tablet costruiti con questo nanomateriale saranno pressoché indistruttibili, oltre che in grado di essere piegati e arrotolati. Morale della favola, potremmo andare in giro con un computer potentissimo arrotolato al polso. Quanto ai pc, il reticolo di carbonio potrebbe mandare in pensione i circuiti di silicio. Poi ci saranno aerei più leggeri, connessioni Internet più veloci, carta elettronica, retine artificiali, sequenziamento del Dna più rapido, nuove applicazioni mediche e ambientali , pannelli solari e batterie più compatte, oltre che più durature, per auto e dispositivi digitali.


 

Insomma, la scoperta è indubbiamente nuova di zecca, eppure mi ricorda qualcosa. Grafene, grafene… Ma certo! Stirene! Era il 1957, quando il gruppo  industriale Pechiney commissionò al regista Alain Resnais un filmato pubblicitario sull’utilità della plastica. Dalla collaborazione con Raymond Queneau, che scrisse il commento fuori campo in impeccabili versi alessandrini, nacque un filmato intitolato "Le Chant du Styrène". L’opera obbediva a una serie di restrizioni: a quella esterna (la commissione della Pequinay), Queneau ne aggiunse altre, con un procedimento che preannunciava gli sviluppi dell’Oulipo (l’associazione su letteratura e arte combinatoria cui aderì anche Georges Perec). Il poeta previde infatti sia la scelta dei versi, sia qualle della narrazione rovescia, che cioè procede dall’oggetto finito (una ciotola di plastica), al processo industriale di fabbricazione del polistirene a partire dallo stirene, risalendo fino alle origini delle materie prime, il petrolio e il carbone.



Trovo queste osservazioni sul bel sito “Popinga”, dove si precisa: “Oggi, che conosciamo la tossicità dello stirene (e la sua sospetta cancerogenicità, dato IARC), che piangiamo gli operai morti nei petrolchimici per effetto della sua manipolazione, un tale testo può sorprendere, ma erano tempi diversi e del composto chimico ci si lamentava solo per la puzza”. Allora soffermiamoci meglio sul testo di Queneau, e soprattutto sulla traduzione che ne fece Calvino nel 1985 su invito di Vanni Scheiwiller.

 

Per completarla, lo scrittore chiese aiuto all’amico Primo Levi, chimico di formazione. Nacque così "Il canto dello stirene", ma noi ovviamente possiamo trasformarlo oggi nel più aggiornato "Canto del grafene". Riporto i solamente primi versi, rarissimi esemplari di doppi settenari dedicati ed immolati alla tecnologia:

Tempo ferma la forma! Canta il tuo carme, plastica!

Chi sei? Di te rivelami lari, penati, fasti!
Di che sei fatta? Spiegami le rare tue virtù.

Dal prodotto finito risaliamo su su
ai primordi remoti, rivivendo in un lampo
le tue gesta gloriose! […]

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