Berlusconi in prosa e in versi
È datata 14 giugno 2011 la prefazione del libro che pubblicai da Einaudi con il titolo Il Sessantotto realizzato da Mediaset. Un Dialogo agli Inferi. E giusto oggi, dodici anni più tardi, si tengono, incredibile dictu, visu et auditu, i funerali di Stato per Silvio Berlusconi. Non posso riassumere quel pamphlet, ma voglio almeno riportarne la quarta di copertina:
“Se il Sessantotto invocava l’immaginazione al potere, Mediaset ha trasformato questo slogan in realtà. Infatti la strepitosa macchina del consenso offerta a Forza Italia dall’irresponsabilità della sinistra, ha vinto perché la maggioranza degli italiani ha preferito proteggere i suoi interessi immaginari a scapito di quelli reali. Il vero post-marxismo sta tutto qui, nello Stato di ipnosi procurato dal Pifferaio di Arcore, un autentico Mago della comunicazione. Dura lezione per chi è cresciuto nel pensiero politico comunista: siamo passati dai Sogni del materialismo storico, agli Incubi dell’illusionismo catodico – meglio ancora, dalle pie illusioni del Materialismo, alla cruda materialità dell’Illusionismo. Insomma, si scrive Berlusconi, ma si pronuncia Bourdieu, come il grande sociologo francese. Bel paradosso: l’uomo più ricco del paese ha convinto i suoi elettori che i soldi vanno sacrificati sull’altare dei desideri, come hanno fatto milioni di indigenti votandolo a proprie spese e rinunciando ai diritti acquisiti in decenni di lotte. È la vittoria dello spirito sulla carne, della psiche sul denaro, del regime libidinale sul discorso economico”.
Ho detto una bugia (il tema, d’altra parte, mi predispone a farlo). Intendo infatti riportare una mezza pagina del mio libello, ma dedicata non al Cavaliere, bensì a uno dei rappresentanti di quel partito che avrebbero dovuto fermarne l’ascesa:
“Qualche anno fa, dopo una lettura dantesca di Vittorio Sermonti, partecipai a una cena in cui sedetti accanto a un importante ministro del governo di sinistra. Il primo motivo di stupore derivò dal suo atteggiamento, altezzoso e scostante, come quello di un aristocratico alla corte di Re Sole. Mi venne nostalgia di certi bei leghisti, sboccati, primitivi, alla mano. All’inizio tentai di ignorarlo, ma la lunghezza della cena e la sua atroce noia finirono per avere la meglio. Così, di punto in bianco, gli posi una domanda che mi tormentava da anni: ‘Come mai, nelle due occasioni a sua disposizione, la sinistra italiana non ha mai fatto nulla per risolvere il conflitto d’interesse?’ Scuotendo la parrucca, il dignitario di Luigi XIV lentamente trasecolò. Si volse per un istante verso me, sottolineò con sguardo disgustato l’inaudita, incresciosa vicinanza, e infine si degnò di ribattere con poche, insofferenti parole cadute dall’alto: ‘Voi non potete capire’”.
“Voi”, cioè io e noi, sudditi medi, non potevamo capire. Ma il duca si sbagliava, poiché, al contrario, capii immediatamente le ragioni del successo che aveva arriso a Berlusconi. Davanti ad avversari del genere, come non votarlo? Ai tempi, però, non potevo ancora immaginare il seguito della storia. Sì, perché la sinistra divenne più realista del Re (in senso letterale), e cominciò a realizzare essa stessa, in prima persona i programmi del Cavaliere: dalla precarizzazione del lavoro, alla privatizzazione della sanità e dell’istruzione. Di questo passo si giunse all’ignominia dell’alleanza con Forza Italia, con Bruto e Cassio rappresentati da Letta e Renzi sprofondati nel Cocito (vedi Dante). Da qui una poesia che firmai a quattro mani con Gerardo Vacana:
Il patto più osceno
del sommo spergiuro
ha il nome più puro:
Gesù Nazareno.
Composi invece da solo questi versi, vieppiù dolenti e sconsolati, intitolati Topologia politica:
Un bel paio di guanti, ma fallati (o fatati?)
Quello sinistro tende a rovesciarsi,
col dentro che va in fuori.
L'altro no.
E alla fine si resta con due destre.
Adesso, con questi funerali di Stato, la nostra democrazia tocca il suo punto più basso dal Dopoguerra a oggi. Più basso ancora delle esequie tributate il 12 settembre 2009 a un altro piazzista televisivo; il tutto, mentre la morte di Edoardo Sanguineti passava inosservata. Anche a quell’evento dedicai una poesia, per la precisione un acrostico (componimento in cui le prime lettere di ogni verso, lette verticalmente, nascondono un nome o una frase):
Niente funerali di Stato per Sanguineti, ovvero Le ceneri di Mike
Per Andrea Cortellessa
Mi sembrava di dover celebrare una morte,
Invece sono qui a piangerne due;
Kyrie eleison per l’Università
E per l’alfiere della sua alterità.
Bello non era. Un Bronzo di Riace,
Ostentava: “Dei due, quello che più vi piace”.
Nell’Aula Magna della Sapienza
Guizzava la civetta dell’alta sua sapienza,
Innesto dello Studio sull’amata Poesia,
Ossia: metà cultura, metà idiosincrasia.
Ripeto: oggi perdiamo sia lui, sia l’Accademia,
Nel Tele-Stato che scarta un Professore
Osannando la merce e il suo pastore.
E adesso? Adesso non resta che guardare alla terra desolata (o devastata o guasta) che si spalanca attorno a noi. Del resto, a ben vedere, ha certamente fatto più danni alla giustizia una figura come Cartabia che non il povero, vilipeso Berlusconi. È morto Papi, viva Papi.
L'immagine di copertina è di Alex Prager.