Trilogia della guerra: uniti dalla distruzione
La Storia naturale della distruzione di W.G. Sebald, una raccolta di conferenze tenute a Zurigo nel 1997, inizia facendo i conti con l’impossibilità di poter raccontare, in senso estetico e sociale, le atrocità della guerra: “È difficile riuscire oggi a farsi un’idea anche solo vagamente adeguata dell’immane devastazione che si abbatté sulle città tedesche negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, e più difficile ancora riflettere sull’orrore che accompagnò tale devastazione”. Su questa impossibilità di poter fare i conti con le tragedie passate e sull’ostinazione ad andare lì, nell’epicentro di quella macchina distruttiva per mettere a protocollo l’orrore, si gioca il libro di Agustín Fernández Mallo, Trilogia della guerra, tradotto da Silvia Lavina per l’editore Utopia.
Con questo romanzo, 450 pagine suggestive sulla riconciliazione con i morti, Fernández Mallo vince il premio spagnolo Biblioteca Breve nel 2018 e il New York Times lo segnala come uno dei migliori romanzi dell’anno. Nel 2014 aveva pubblicato Limbo (edito da Alfaguara), un testo articolato su tre storie senza un apparente legame; in Trilogia della guerra, invece, sono tre libri (così chiamati dall’autore) che si collegano tra di loro attraverso temi ricorrenti: le guerre e le loro conseguenze, raccontate in prima persona da tre personaggi diversi che vivono nel presente, ma in perenne relazione con le tragedie del passato. In questo romanzo policentrico Fernández Mallo porta i suoi personaggi principali nei nervi scoperti delle antiche battaglie, confrontandoli con i fantasmi delle vittime e con le ombre nascoste della memoria. Un teatro in cui va in scena la storia e la necessità di farci i conti. Si tratta, nello specifico, della guerra civile spagnola, il Vietnam e lo sbarco in Normandia.
Nel primo libro troviamo uno scrittore in visita nell’isola di San Simón, in Galizia, “grande poco più di tre stadi di calcio”, che in passato era stato un lazzaretto e dopo, durante la guerra civile spagnola, si era convertita in un campo di concentramento per chi si opponeva ai golpisti. E a San Simón, lo scrittore, invitato a partecipare alla terza edizione del Nethinking, una sorta di convegno che si propone di riflettere sul tema delle reti digitali, si imbatte nella storia di diversi prigionieri, in particolare modo di uno, il quale riferisce “di un rumore che si manifestava di notte e che non li lasciava dormire”, al quale trova una risposta, nella seconda parte di questo primo libro, a New York. E sempre a New York, in una panchina di Central Park, incontra anche Salvador Dalí, o la sua ombra, che disquisisce sull’inutilità di riutilizzare la spazzatura, per recarsi, infine, in Uruguay alla ricerca di un manoscritto di García Lorca che sembrava smarrito.
Nel secondo libro scopriamo un ex combattente del Vietnam di nome Kurt (come il personaggio di Cuore di tenebra e di Apocalypse now) che durante la guerra faceva il pilota di aeri F-105 e, nella spedizione dell’Apollo 11, a cui partecipa come “quarto astronauta della missione lunare a cui teoricamente parteciparono solo Amstrong, Aldrin e Collins, «i tre porcellini»”. Ma nessuno ha mai visto lui, Kurt Montana; non compare mai in nessuna foto, il motivo lo rivela lui stesso: “io ero quello che filmava”. Dunque, un giorno, il padre del fantomatico astronauta gli scrive: “questo lo devi sapere, anche tu andrai all’inferno, hai lasciato la tua orma sulla Luna, sì, ma nulla è rimasto registrato, in nessun luogo, mai, né fotografie, né film, né uno schizzo malfatto, come se non avessi mai compiuto il viaggio fino a quel satellite morto.
Ovviamente la gente sa bene che sei stato sulla Luna con Armstrong, Aldrin e Collins, ma non basta per il computo finale: se non c’è orma, non sarai ricordato, non esisterà cielo”. Durante le elezioni di Donald Trump Kurt Montana abita in una Residenza – una clinica situata in Florida – frequentata da persone di ogni tipo: pensionati che non vogliono restare da soli, vedovi che inseguono il sogno di una seconda opportunità, massaie ripudiate dai figli e dipendenti da anfetamine e televendite. C’è anche un suo amico, Punto e Virgola, che dopo il divorzio, a settant’anni, si è ossessionato con le Barbie della nipote.
La protagonista del terzo libro, invece, è una donna solitaria di cui non conosciamo il nome; sappiamo solo che un giorno a noi vicino, dopo cinque ore di viaggio in autobus da Parigi, arriva a Honfleur, in Normandia, lungo le coste dello sbarco. La sua sfida è rievocare e ricomporre un viaggio fatto anni fa con il suo compagno. È un’indagine nei residui di quell’invasione anfibia, messa in atto dalle forze alleate, per capire quello che è successo in quella sequenza di spiagge (Juno, Sword, Gold, Omaha e Utah) che sono state lo scenario dello sbarco.
Mentre pensa a quell’operazione militare vede un corteo di gente partita da Parigi, diretta a Calais, passando per Honfleur, dove migliaia di rifugiati sono bloccati nel tentativo di attraversare la Manica. Due fatti lontani nel tempo che dialogano tra di loro, lo sbarco e le traversate dei migranti: “Siamo il nostro passato morto, siamo tutte le bare che ci hanno preceduti”, dice la madre di Kurt, nel primo libro, ma sono parole che, in qualche modo, potrebbero sintetizzare ognuna di queste storie.
Le tre voci narranti della Trilogia della guerra sembrano flussi di coscienza più che personaggi veri e propri. La sfida che si pone Fernández Mallo è come spiegare, o meglio, come mappare (attraverso la scrittura) la complessità del passato che appare confuso anche perché ci mancanoi gli strumenti per poter interpretarlo e capirlo. Per quanto sconosciuti e lontani siamo l’uno dall’altro, c’è sempre un evento bellico che determina le nostre vite: “Come le stelle, che ci illuminano pur essendo già morte, siamo una legione di vivi e morti uniti dalla stessa cosa: la distruzione e la guerra”.
Con questo libro, Fernández Mallo crea un romanzo reticolare, caleidoscopico, con rimandi interni tra le storie e noi lettori transitiamo per queste pagine contemplando il grande mosaico che l’autore spagnolo ci propone. Qui potrebbe venirci in soccorso quello che lo stesso autore scrive di W.G. Sebald, per identificare il suo modus operandi, fatto di digressioni e analogie: “non procede con il tipico andamento storico con cui si raccontano battagliette lineari, né come il tipico scrittore che sgrana dettagli puntuali e meri ricordi, più o meno sentimentali, ma tratta la Storia e il suo percorso frattalmente, collega ogni cosa frattalmente”. E, come in un susseguirsi di strati, anche Fernández Mallo narra ciò che vede lungo il suo viaggio, collegando i fatti storici che va man mano scoprendo, girando intorno alle storie e affidando il racconto a quello sguardo che sa andare oltre le apparenze.