Come bocciare i futuri docenti di filosofia? Con le crocette
La prima prova scritta per ottenere l’abilitazione all’insegnamento di filosofia, psicologia e scienze dell’educazione nelle scuole superiori ha prodotto risultati sconcertanti in tutte le università italiane. Il 9 luglio si sono presentati in 4135, da Bari a Urbino (in ordine alfabetico), da Trento a Catania (sulla direttrice nord-sud): tutti neolaureati, alcuni già insegnanti ma non abilitati e quindi condannati al precariato. Era solo la prima prova (su tre) per essere ammessi al Tfa (tirocinio di formazione attiva) della durata di un anno e, tra l’altro, a pagamento.
Qualche dato di un autentico bollettino di guerra: solo 144 gli ammessi, il 3,48% degli aspiranti e il 23,88% rispetto ai posti disponibili. A Milano un disastro: passano in 4 su 172 (e nessuno alla Statale, mannaggia); a Roma 23 su 369, a Napoli 8 su 557! Interessante il dato di Palermo: 20 i posti disponibili e passano in 21… (ma a sperare erano in 227). Altri numeri: in Calabria nessun ammesso su 111, a Catania due su 270, in Sardegna nessuno su 66…
Prima di provare a comprendere la protesta degli esclusi, mettiamoci un attimo nei panni degli organizzatori: nelle Università di L’Aquila, Milano Bicocca, Modena e Reggio Emilia, Parma e Perugia erano previsti tirocini per 10 futuri insegnanti e dopo la prima prova è rimasto un solo candidato. Che faranno? Procederanno nelle prove successive? Terranno in piedi tutta la “macchina tirocinante” per quell’unico (eventuale) superstite? E quanto sarà costata alla fine quella sofferta abilitazione? Ce la possiamo permettere una procedura di selezione tanto draconiana? Oppure succederà che i sopravvissuti degli atenei più falcidiati si troveranno costretti a seguire i Tfa nei centri maggiori, a pagamento, fuori sede? O ancora, a pensar male: non è che (sotto sotto) fosse proprio questo - visti i tempi magri, magrissimi - l’esito sperato dagli arcigni custodi della fortezza di Viale Trastevere?
Ma veniamo agli esclusi, vittime del sistema delle crocette: cinquanta quesiti a risposta multipla, dall’evidente impianto nozionistico. Qualche esempio: Quale filosofo, prima seguace di Zenone di Cizio, si distaccò in seguito dallo stoicismo per fondare una scuola propria nel Cinosarge? A) Aristone di Chio B) Aristone di Ceo C) Diogene di Babilonia D) Metrodoro di Lampsaco; Chi succedette immediatamente a Epicuro nella direzione della scuola? A) Ermarco di Mitilene B) Metrodoro di Lampsaco C) Colote di Lampsaco D) Demetrio Lacone; Non è un’opera di Comenio: A) De magistro B) Didactica magna C) Orbis sensualium pictus D) Janua linguarum reserata… Insomma, nulla che non possa essere preparato in pochi minuti per la lezione del giorno dopo. Non è da queste nozioni che si può giudicare un aspirante docente: giusto? Poi è vero, c’erano altri dieci quesiti, relativi alla comprensione/interpretazione di due brevi testi (su Lévi-Strauss e Leni Riefensthal) ma non credo abbiano determinato la tremenda selezione già detta.
Siamo sempre lì: possono le crocette costituire strumento davvero credibile per l’accertamento delle conoscenze? (E sì che speravo di essere in vacanza…)
Faccio umilmente presente che in quella stessa scuola superiore nella quale gli ex-candidati al tirocinio speravano di essere arruolati, beh, le crocette vengono usate a malapena per le verifiche periodiche su singoli moduli di apprendimento. Come faccio a dirlo? Basta vedere cosa succede agli esami di stato, quando si prepara la terza prova scritta, e nessuna commissione che non intenda rischiare il linciaggio se la sente di adottare la tanto detestata tipologia C (da trenta a quaranta quesiti a risposta multipla). E se non ce la sentiamo di giocare la maturità dei nostri alunni con le crocette, è proprio il caso che il MIUR punti invece a selezionare i futuri docenti con quello stesso metodo? Ma via, ma per piacere. Insomma, l’ho già detto, sono in vacanza.