Speciale

Milano, marzo 1977 / Coito Ergo Zoom

8 Aprile 2017

Tentativo empirico di rispolverare l’epos furibondo e sensuale di quel mese di quaranta anni fa. Oppure, più sobriamente, breve cronaca lombarda delle occasioni e dei nutrimenti di allora. Strumenti a disposizione, perfettamente conservati: un diario completo dell’intero 1977 su agenda foderata in similpelle, un quaderno ad anelli con le annotazioni maniacali di tutti i film visti e i libri letti quell’anno, una raccolta di lettere provenienti da Bologna spedite da amici coetanei iscritti a Filosofia.


Antefatto: sabato sera 26 febbraio a Milano è carnevale, al Teatro Uomo c’è Ubu Re di Jarry, che come molti scoprivo in quei mesi. Per le strade, nugoli di indiani metropolitani spuntano da ogni angolo, in Piazzale Loreto improvvisano un falò e un girotondo, le macchine girano alla larga, la città lascia fare.

 

Ubu Re

 

Nei primi giorni di marzo, al Cineforum di Bergamo, inizia la personale di Jacques Tati e di Buster Keaton. La sala è occupata come sempre da centinaia di ragazzi, abbonati e paganti: posti a sedere esauriti, corridoi e scale strapieni. Nelle stesse settimane, fuori programma, parte anche la personale di Godard, quattro film a 500 lire l’uno, con l’intrusione del Testamento del Dottor Mabuse di Fritz Lang. [A febbraio s’era visto Tarkovskij, ad aprile si vedrà Altman, fine stagione a maggio con Orson Welles...]


Da Bologna arrivano i racconti della piazza e delle assemblee universitarie, nessun accenno nelle lettere alla morte di Francesco Lorusso, ritratti ironici invece di Lama e di Pannella. La vecchia pipa di Lama, soprattutto, presa di mira: “Per chi fuma ben altro sarebbe come se il Santo Padre facesse lo spiritoso con le chiavi di San Pietro davanti a quelli delle chiavi inglesi”. Al comizio di Pannella in Piazza Maggiore irrompono gli studenti saltellando: “Sacrifici! /Sacrifici! / Viva il Compagno Amendolà / Studia Lavora e Nun Magnà”. Si proclama la nascita di un neo dadaismo bolognese, di riviste e collettivi: Alter, A/Traverso, Il dito e la luna, Kindertruppen. Sulle storiche risse fra Artaud e Breton/Aragon, gli amici si schierano a fianco di Artaud, come se la discussione fosse ancora in corso. E lo citano: “Non ci rivolgiamo allo spirito o ai sensi dei nostri spettatori, ma a tutta la loro esistenza. Giochiamo la nostra vita nello spettacolo. Lo spettatore che viene da noi deve essere convinto che siamo capaci di farlo gridare”.


La sera del 16 marzo, a Bergamo si proietta Salò di Pasolini: è un’esperienza fortissima, le tracce sull’agenda si ripetono per settimane. Quello che si avverte è un senso di rivolta contro la distruzione dei corpi. Nella redazione della rivista del Cineforum se ne discute molto. Sulle carte private di quelle settimane, l’unico nome italiano è quello di Pasolini. [L’altro, ma solo a primavera iniziata, sarà quello di Nanni Moretti, di cui esce Io sono un autarchico].

 


Salò o le 120 giornate di Sodoma

 

Due sere dopo, a Milano, concerto di Dewey Redman e Don Cherry che suonano i pezzi di Old and New Dreams: il free jazz è stata forse la nostra colonna sonora di quegli anni. Sui muri, quella notte, dalle parti di San Siro, leggiamo COITO ERGO ZOOM. Ci sembra esilarante, forse non ne comprendiamo il significato.

 

 

Old and new dreams


Il 21 marzo, lettera da Bologna: gli studenti prima cacciano gli iscritti al PCI dalle assemblee per Radio Alice, poi cercano di infiltrarsi in una loro riunione. Individuati dopo trenta secondi per il colore arancione delle giacche, vengono a loro volta allontanati. L’uscita di scena è scandita da “Non c‘è disfatta/non c’è sconfitta/senza il grande/Partito Comunista”. In fondo all’ultima pagina, una sorta di strampalato epicedio del Movimento: “Italianissimo/quasi bolognese/ medioevale/con punte giacobine/aspirazioni da Commune de Paris/ironia beckettiana/futurista/e studio del linguaggio/avanguardia della tecnologia delle comunicazioni di massa/un disperato tentativo di usare la macchina come mezzo/e non come fine”.


Prima della fine del mese, spedizione dei cinefili bergamaschi agli Incontri Cinematografici di Monticelli Terme: la scoperta emozionante del primo Wenders, dei cui film ci affrettiamo a opzionare i diritti per la distribuzione italiana. A ripensarci oggi, l’unica cosa concreta portata a casa in quel mese di marzo.
Ultima pagina del diario di marzo, bilancio letture del mese: manuali e monografie di Storia del Risorgimento, Il Saggiatore di Galilei per l’esame di Letteratura Italiana, Nadja di A. Breton, I canti di Maldoror di Lautréamont. Ultimo film: Il manoscritto trovato a Saragozza di Wojciech Has.


Forse, a spremere il succo, quello che non s’era capito di quel COITO ERGO ZOOM era l’annuncio goliardico della valanga edonistica prossima a venire.

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