Speciale

Craco / Paesi e città

20 Settembre 2012

“Settembre, andiamo, è tempo di migrare” scriveva Gabriele D’Annunzio nella poesia “I pastori”, che descrive il fascino del fenomeno della transumanza, un modello di vita pastorale che consiste nel viaggio di mandrie di mucche che partono dalla terra d’Abruzzo per raggiungere il Tavoliere della Puglia. A cogliere le sfumature di questa migrazione intrisa di storia e immersa nella natura più incontaminata non fu solo il grande poeta, ma sono anche coloro che oggi intraprendono un viaggio bucolico percorrendo gli antichi tratturi. Non si prevedono soggiorni in resort di lusso né tanto meno sono garantiti i comfort di una vacanza perfetta: occorre solo essere muniti di un bastone, di zaino o bisaccia che fa certamente più “pellegrino”, avere tanto spirito di adattamento e una buona scorta di fiato per le salite, per essere poi ripagati dalla vista meravigliosa di incantevoli paesaggi. Lasciandosi alle spalle l’arida pianura, ci si incammina per raggiungere verdi pascoli accompagnati dal rumore dei campanacci che va a scemare quando nelle ore più calde del giorno il gruppo fa una sosta per riposare all’ombra delle folte chiome degli alberi di fico, dilettandosi magari nella raccolta del frutto così saporito mentre il bestiame è intento a pascolare. Il fischio dei mandriani è il segnale di ripartenza e le mucche insieme ai vitelli obbediscono lasciando un evidente e maleodorante segno del loro passaggio sui tratturi e ricoprendo di nuvole di polvere le lunghe vie erbose.

 

Chiunque ha preso parte al cammino della transumanza che si compie a fine maggio e a settembre è testimone di un viaggio certamente unico per le innumerevoli sfumature paesaggistiche che offre il tragitto. In Basilicata, a metà dell’itinerario, si ha la possibilità di immergersi nella natura e vivere un’esperienza molto utile a stimolare una sensibilità ecologica che dovrebbe essere certamente più diffusa, magari proprio fra le nuove generazioni ipnotizzate da una tecnologia alienante. Invece il mondo, quello reale e non virtuale, sta tutto qui. Nel lembo di terra del Parco della Murgia Materana, al confine fra la Puglia e la Basilicata, si può vivere in una situazione senza tempo. A testimoniarlo sono alcuni borghi di grande bellezza come Craco, cittadina abbarbicata sulle rocce calcaree. Qui tutto è immobile, tranne i corvi che volano nel cielo poggiandosi sui tetti delle case abbandonate negli anni ‘60, quando delle violente scosse di terremoto costrinsero la popolazione a evacuarla. Da allora Craco è una “città fantasma”.

 

 

A riempire quel silenzio giunse qualche anno fa Mel Gibson con il suo cast per girare le scene del celebre film “La Passione di Cristo”. La “ghost town” ha la peculiarità di possedere un contesto incantevole tanto da essere prediletta non solo per i set cinematografici ma anche per il turismo culturale. Nell’ex monastero dei frati minori, infatti, ogni sera d’estate si svolgono concerti di musica classica sacra e profana.

 

 

I pastori che durante la transumanza hanno la fortuna di incontrare paesi come Craco si lasciano rapire dalla meraviglia di questo luogo misterioso posizionato a 400 m di altezza, dove le frane dei terremoti hanno creato dei solchi profondi offrendo così uno scenario unico. Il borgo si presenta ricco di stradine e di salite ripide ed è dominato da una torre normanna e da un castello del XIII secolo. Il paese è diviso in contrade, ciascuna con un nome che evoca storie intrise di fascino, come la contrada del Canzoniere dove si trova un’antica taverna nata lungo un tratturo, dove si narra che i viaggianti si lasciavano ammaliare dalla bellezza seducente di una donna. Si incontrano poi delle costruzioni rurali che sono in realtà dei veri e propri gioielli architettonici, come nella contrada Cavone, ricca di masserie, che si raggiunge costeggiando la fontana di San Lorenzo adornata da maestose palme.

 

Sacro e profano si confondono in questa terra che la leggenda ha popolato anche di fantasmi ma il cui passato si esprime soprattutto nella memoria religiosa, testimoniata da belle chiese, come la cappella di Sant’Eligio, protettore dei maniscalchi, decorata da affreschi risalenti al 500 e raffiguranti Cristo Crocifisso., e l’ancora più sfarzosa chiesa di San Nicola, dagli altari barocchi adornati dai marmi policromi che incorniciano due tele rappresentanti la Madonna col Bambino e l’arcangelo Raffaele.

 

Ma gli allevatori non hanno tempo di fermarsi e ben presto, incuranti di divagazioni letterarie e attrazioni turistiche, salutano la “città fantasma” proseguendo nel duro cammino fra i tratturi che li porterà a destinazione.

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