Dispaccio #8. Un dove
Di cosa potrebbe parlare un dispaccio che non parli di romanzi o saggi o film od opere d’arte? Potrebbe, forse dovrebbe parlare di un luogo. Questo luogo, oggi, sono i Fiordi Occidentali in Islanda. Se ne stanno lassù come chele di granchio protese verso la Groenlandia, e per il resto dell’Islanda funzionano come un geroglifico di selvatichezza remota e di limite inespugnabile.
Il punto è capire perché una geografia quasi aliena abbia a che fare con il nostro bisogno di capire l’Antropocene come epoca e come crollo interiore. Moltissimi di noi non ci sono mai stati, lassù, e non ci andranno mai, ma il loro essere terra di fabbri storpi dodicenni, di femmine troll che pigiano come uva amara i corpi dei malcapitati viandanti, di ghiacciai per cui si fanno necrologi o di vulcani nel cui tefra dormono i non-morti, tutte queste cose e altre ancora non sono utili per pensare il futuro, a meno che nel passato, il loro o di qualunque altra regione del mondo, non alberghi qualche algoritmo ripetibile.
Ecco invece l’essenziale: i Fiordi Occidentali sono un dove che non ci appartiene, che non appartiene a nessuno, nemmeno ai suoi abitanti, nemmeno ai redattori di saghe o ai tagliatori di barche e di carne di squalo. La terra, il territorio, appartengono in qualche misura a qualcuno, per poco o per molto, giustamente o ingiustamente.
Un dove, invece, è una geografia apolide, un transito effimero che si può solo immaginare. Ora, se moltiplicassimo i dove inespressi, alieni, irriducibili, se lo facessimo non come liste eleganti o come atlanti patinati, ma come abissi del turbamento e del non detto, forse aggiungeremmo al repertorio di cose utili per sopravvivere dei nuclei pulsanti di mistero, degli altrove verso cui pregare e camminare contro l’oscenità della morte.
Abbiamo bisogno di nuove caverne dipinte, di nuovi miti di creazione, di leggende di arrivi e di partenze, di zone bianche sulla mappa. La notizia è che ci sono, sono lì da sempre, ma se prima di questa mattina non avevate pensato ai Fiordi Occidentali d’Islanda, allora è molto probabile che l’Islanda non sia mai esistita, proprio come il futuro che ci attende.
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