Cildo Meireles: domande e risposte
Considerato uno dei capofila del panorama internazionale dell’arte concettuale, Cildo Meireles (Rio de Janeiro, 1948) è in realtà un artista di difficile classificazione che sin dagli esordi, nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, ha realizzato sculture e installazioni di forte connotazione sociale e politica che prevedono spesso un coinvolgimento multisensoriale del visitatore. “Fin dall'inizio mi interessava il concetto che, per ogni nuova idea, si è liberi di ripartire da zero attraverso una nuova procedura del materiale”, afferma Meireles nel video-documentario che Gerald Fox ha realizzato in occasione della sua personale alla Tate Modern di Londra nel 2008. Idea, questa, fondante di tutta la sua produzione artistica, nella quale non è affatto agevole rintracciare un comune denominatore di media e materiali, se non appunto l’attitudine ad annullare la tradizionale distanza fra opera e spettatore. È infatti proprio a quest’ultimo che è sempre richiesta una reazione di fronte a situazioni di vita quotidiana decontestualizzate o condizioni inaspettate e spiazzanti, come ad esempio in uno dei suoi lavori più noti, Interções em Circuitos Ideolõgicos: Projeto Coca-Cola (Inserimenti in circuiti ideologici: progetto Coca-Cola, esposto nel 1970 nella influente mostra Information al Museum of Modern Art di New York), in cui messaggi politici di protesta sono applicati clandestinamente su bottiglie di Coca Cola regolarmente riutilizzate. O ancora, Elemento desaparecendo/elemento desaparecido (passado imminente), l’azione/installazione per Documenta del 2002, dove “ghiaccioli” realizzati con semplice acqua venivano distribuiti davanti al Federicianum di Kassel, un’operazione in cui Carlos Basualdo, co-curatore della rassegna, riconosceva un’allusione alla scarsità dell’acqua e una tacita ridiscussione delle nozioni di valore d'uso e di cambiamento che ricorrono nell'opera di Meireles.
Cildo Meireles, Elemento desaparecendo/elemento desaparecido (passado imminente), Documenta 11, 2002
Un altro elemento generatore di particolare rilievo è per Meireles la componente biografica. Figlio di un funzionario di un ente per la protezione delle popolazioni indigene, da ragazzo ha costantemente accompagnato i genitori durante i ripetuti spostamenti attraverso il vasto territorio brasiliano, raccogliendo suggestioni in seguito elaborate nella sua arte. Vive sulla propria pelle la profonda delusione all’indomani dell’insediamento del regime militare (1964-1985) che di colpo spazzò via qualsiasi speranza di riforme progressiste basate su idee “comuniste” che avrebbero favorito un diverso sviluppo industriale, economico e intellettuale del Brasile, e contribuito a migliorare in modo sostanziale la condizione sociale del paese, con una capillare diffusione dell’istruzione e la difesa sindacale dei diritti dei lavoratori. Entrato in contatto diretto con le diverse realtà delle comunità indigene, e avendone registrato le caratteristiche sociali e economiche, i suoi primissimi lavori riflettono e traducono le sue idee anche attraverso il neologismo “humiliminimalism”, da lui stesso coniato, per definire i suoi lavori in una reinterpretazione del minimalismo americano. Sul suo lavoro ebbe una certa influenza anche il movimento Tropicália, che fondeva cultura popolare con una forte sperimentazione, nonché il Neo Concretismo brasiliano, che avvicinava impegno politico, ricerca estetica e critica ai valori modernisti dell’arte occidentale.
Cildo Meireles, Virtual Volumes, 1967-2015
Un’opera che ben rappresenta il suo procedere artistico è Malhas da Liberdade (Reticoli di libertà, 1976), una struttura apparentemente disorganica, che si presenta come una “mappa” in cui fili di cotone disegnano una complessa geometria di biforcazioni ispirata a un famoso racconto Borges, Il giardino dei sentieri che si biforcano, e ai diagrammi di biforcazione dalla “teoria del caos”, un modello che allude al modo di operare della mente dell’artista, che procede per sovrapposizioni e divergenze tra percezione e realtà, tra l’aspettativa e l’effetto, sull’ambivalenza della visione e dello spazio.
Da sinistra: Cildo Meireles, Virtual Volumes, 1967-20115; Aquarum, 2014-2015
Dopo le personali alla Gamec di Bergamo (2013) e all’HangarBicocca di Milano (2014), l’artista brasiliano torna in Italia, alla Galleria Continua di San Gimignano con una doppia personale, Q&A, ovvero Question&Answer – “domanda e risposta”. Cildo Meireles e i Various Artists (collettivo di 24 artisti immaginari, fondato da Trudo Engels in Belgio nei primi anni Duemila) si sono confrontati per l’occasione su quattro temi – le risorse idriche, gli escrementi, il valore e la matematica – in una mostra che riunisce due nuovi lavori a un gruppo di opere storiche di Meireles. In tutte le opere esposte, con notevole immediatezza, si posso ritrovare i temi favoriti della poetica di Meireles, a partire da Chove Chuva (“piove pioggia” 1995-97; il titolo riprende l’omonimo brano di Jorge Ben Jor), la suggestiva installazione che occupa il grande spazio, già platea di un cinema, della galleria Continua. Per esperirla il visitatore deve togliersi le scarpe e indossare un impermeabile prima di accedere a un ambiente le cui pareti sono costituite da quattro grandi schermi di proiezione traslucidi. All’interno i confini spaziali sono annullati: le videoproiezioni moltiplicano all’infinito lo scroscio della pioggia, che materialmente cade dall’alto e bagna i piedi, i quali perdono stabilità, come se realmente avanzassero nell’acqua di fredde pozzanghere (sensazione provocata dai “cuscini” di plastica pieni di acqua che ricoprono il pavimento). Meireles spiega che la pioggia cade spesso nei punti “inadeguati” e ciò comporta la penuria di acqua potabile nella città. Água Com Gás è la risposta di VA: serie di bonsai di specie e età differenti immersi in acquari, allusioni ai paesaggi stravolti dalla costruzione di grandi dighe idroelettriche.
Le due serre di KU KKA KA KKA (1990-1999) imitano degli accattivanti negozi di fiori, nella loro ordinata disposizione formale, sembrano essere una reinterpretazione molto più laica e basica, del tao: come nella bellezza si può individuare la bruttezza, così nella bruttezza si può scoprire la bellezza; ed anche: la bellezza affonda le sue radici nella bruttezza e dalla bruttezza può nascere bellezza; quindi: dagli escrementi (ka kka) possono nascere rose (ku kka) bellissime ma finte; da escrementi finti possono nascere rose bellissime e profumate; ma pure: non sempre dal concime naturale può nascere qualcosa di altrettanto naturale e che spesso la natura trova in sé stessa le proprie risorse. Entrambi gli odori sono olfattivamente ben individuabili, qualora si decida di aprire l’una o l’altra vetrata dell’ammaliante e luminosissimo scrigno. VA rispondono con nn.pearls, ammalianti monili di cui però è svelato il quotidiano intervento cui ogni singola perla è sottoposta prima di divenire l’attuale gioiello.
Cildo Meireles, project for Virtual Volumes, 1968-69
Infine, nelle stanze scarne e non ristrutturate dell’ultimo piano dell’hotel attiguo alla galleria, sono stati approntati i Virtual Volumes (1967-2015) accompagnati dai Project for Virtual Volumes (1968), la traduzione formale dell’essenzialità, in cui semplici fili di lana delimitano volumi virtuali in grado e di trasmettere una sensazione di pieno, nonostante ci si trovi in una stanza pressoché vuota. Esili fili che, nel loro intreccio mettono in dubbio la geometria euclidea, secondo la quale tre superfici definiscono lo spazi e, al contempo, esprimono un’illusoria idea di solidità, uno spazio mentale che nasce dalla discordanza fra percezione e realtà.
Cildo Meireles, Chove Chuva, 1995-97
La mostra: San Gimignano, Galleria Continua, fino al 9 gennaio 2016