Unione / Come si dice in ebraico “Che fare”?

26 Gennaio 2020

Quest’anno sono rimasto in città tutto agosto per leggere, lavorare e far compagnia al gatto. Tutto mi immaginavo, ma non che sarebbe stato l’agosto più divertente della mia vita. Di crisi politiche ne ho viste ormai tantine, ma questa, con la trasformazione di “Giuseppe Conte” da trovatello politico a dominatore incontrastato, più gli sbandamenti, i deliqui, i colpi di scena, era proprio un film di Frank Capra che, alla fine, i buoni e gli oppressi vincono e i malvagi sono sbeffeggiati. Sei ore al giorno di TV per 39 giorni invece di un cinemino di periferia degli anni Cinquanta. Non è certo, questa la realtà dell’agosto di fuoco 2019, ma il frutto della mia immaginazione che conserva, riposto in qualche neurone, tutto in bianco e nero, Mr. Smith va a Washington. Quando lo vedrete, capirete, sennò potrò spiegarvelo io.

Come ebreo, ma anche come cittadino italiano, provo repulsione quando un tipaccio come Salvini (il famoso ex Ministro dell’Interno, per ora), sbaciucchia per ostentazione il suo rosario. Leggo con sollievo e di frequente che l’Unione delle Comunità Ebraiche italiane (UCEI) si appella alla laicità dello Stato alla quale anch’io tengo moltissimo per motivi spirituali non rivoluzionari, ma, santocielo!, anche di buonsenso. A ogni religione di minoranza conviene che lo Stato sia il più laico possibile! Perciò mi identifico con decennali lamentele: per i crocefissi nei luoghi pubblici e per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali.

 

Nella politica nazionale, occorre dunque schierarsi dalla parte di partiti laici, liberali, socialdemocratici, liberalsocialisti, mai sovranisti, mai populisti? Questo sempre più indispensabile inquadramento politico non è forse ancora condiviso da tutti i correligionari, ma torneremo a suo tempo su questo argomento. 

Comunque mi chiedo come possa l’Unione agire con la necessaria determinazione verso lo Stato italiano, quando nello Stato di Israele si verificano troppo spesso fenomeni più gravi, meritevoli di essere seriamente criticati. Per la verità, in questo campo l’Unione cerca di fare il possibile per mantenere l’equilibrio, ma i visibili peggioramenti del futuro quanto scuoteranno la corda sulla quale essa si tiene in equilibrio? Dovrà indossare il paracadute per difendere le minoranze in Israele, se si va avanti così.

Lo Stato di Israele. Le drammatiche e contraddittorie vicende dello Stato ebraico non hanno mancato di coinvolgere la Diaspora italiana nei 71 anni di storia fatta di guerre e armistizi, egualitarismi sociali e il loro contrario, debolezza estrema e potenza vittoriosa, eroica agricoltura dei deserti e sviluppo tecnologico inaudito, livello culturale unico al mondo e ottusità politica. Ma, lo riconosco, impotenza e rifiuto pervicace di qualsiasi compromesso da parte dei nostri cugini arabi, nemici giurati dal 1948…

Ogni tendenza d’opinione nella nostra Comunità si è pertanto finora espressa più o meno a favore della centralità dello Stato ebraico, che oggi sembra esser messa vieppiù in discussione non già da vecchie differenze di vedute ma a causa di una irrefrenabile e crescente divaricazione geopolitica. Per cercare di spiegare questo concetto con una delle mie solite azzardate metafore, la teoria di Wegener per me e altri mattoidi dimostra non solo l’impressionante fenomeno della deriva dei Continenti. 

 

Da tremula appendice della Diaspora, Israele si è allontanato dallo spontaneo sionismo popolare comunitario fino a diventare uno Stato affermato e potente, preposto a perseguire con ogni mezzo gli interessi dei propri cittadini. Machiavelli docet. Nella Diaspora invece, ormai separata dall’Oceano del Tempo, le autorità ebraiche devono occuparsi dei diritti paritari dei propri amministrati e dei valori specifici che identificano il Giudaismo. Non degli interessi, per la carità!. Di quelli, com’è detto, dovrebbero occuparsi gli Stati, sperabilmente democratici. Machiavelli docet.

In questa strana fase della Storia umana, che ancora non riusciamo a comprendere, le Autorità ebraiche si trovano in una situazione divenuta inedita e foriera di problemi mai visti (con miglioramenti, come quello d’agosto, speriamo che duri).

 

 

Per meglio individuare le caratteristiche di questo immaginario futuro, anzi presente, bisognerà, d’ora in poi, vestire i panni stretti e scuciti di una Unione in parte immaginaria.

Alle questioni poste qui sopra, già oggi l’Unione riesce a dare risposte piuttosto efficaci sui propri periodici, con vari metodi, fra cui l’espediente delle differenze di vedute dei collaboratori e dei lettori, delle quali è obbligo dar notizia. Tuttavia lo Stato ebraico talvolta sembra compiere atti che contrastano con gli interessi addirittura di sopravvivenza della sua popolazione, o di una parte di essa: ci siamo abituati, questo deliquio travolge ormai il mondo intero. In Israele, con una complessa meccanica, si stanno ampliando i divari fra laici e religiosi, e oggi i religiosi ortodossi sembrano spadroneggiare su tutti con gravi conseguenze in prospettiva. È lontano il socialismo, lontano l’universalismo: la democrazia tanto vantata sta svanendo e le autorità si prodigano per aumentare la separazione dei cittadini ebrei ortodossi da quelli che ortodossi non sono. E per accrescere la divaricazione fra cittadini israeliani ebrei e cittadini israeliani arabi. Questi atteggiamenti potrebbero mettere in grave pericolo la sopravvivenza dell’ebraismo israeliano, se non altro dal punto di vista morale. Ma il semplice iscritto comunitario probabilmente non avverte queste complessità e sogna Israele come il Paese ideale. Pensate a quando, non molto tempo fa, i normali comunisti sognavano l’URSS come il magnifico mondo del futuro, mentre Berlinguer, Segretario del PCI, dichiarava ufficialmente che si doveva esser ben lieti che l’Italia facesse parte del Patto Atlantico.

 

Che fare? Che dire? La popolazione di Israele è composta in gran parte di ebrei, e ciò riguarda, mi sembra, l’Unione. La quale forse, in casi particolarmente gravi, dovrebbe ricorrere a comunicati ufficiali? Che risulterebbero pesantissimi anche se scritti col miele. 

Non sono affatto sicuro di che cosa succederebbe se l’Unione fosse costretta a prendere un atteggiamento decisamente contrario a una scelta estrema di un Governo di Israele e qualche sciamannato ingannatore populista di un governo (speriamo non italiano) estrinsecasse il suo entusiasmo. In America l’orrido Trump ha detto che gli ebrei che votano per il Partito Democratico tradiscono l’America e Israele. Poi si è messo a cercare di convincere la Regina di Danimarca a vendergli la Groenlandia a buon mercato …

Non riesco a distaccarmi dal quotidiano che scorre alle mie finestre del quinto piano come un fiume straripato in pieno agosto torrefatto. La coincidenza tra la festa musulmana di Eid al Ahda e il digiuno ebraico di Tisha Be’Av, avrebbe dovuto mettere in pensiero a ferragosto le autorità israeliane dell’ordine pubblico preposte al calendario e al lunario.

Si è arrivati alla proibizione, lunatica, agli arabi e agli ebrei di recarsi a pregare sulla Spianata del Tempio. 

 

È avvenuto che un partito di ultradestra, forse pseudolaica, in odio a Netaniahu considerato pari pari un bolscevico, abbia chiesto e prontamente ottenuto che la proibizione di preghiera venisse abrogata. Nella speranza che pedanti ortodossi ebrei e inferociti arabi, anziché pregare, si prendessero a ceffoni in piena Spianata. I sepolcri imbiancati del Vangelo contro il feroce Saladino delle figurine Perugina?

Che poteva fare l’Unione, in tanto cartone animato fortunatamente senza vittime, anche tenendo conto che i telegiornali italiani traducevano in “Giorno del Sacrificio” la festa araba e pronunciavano mambaciumbbacrac per Tisha Be’Av? Gli italiani non sanno nulla di nulla né degli arabi né degli ebrei. Per fortuna, perché, se fossero venuti a sapere che il Tisha Be’Av è il digiuno in memoria della distruzione del Tempio di Salomone (sesto secolo a.C.) e di quello di Erode (primo secolo d.C.), cioè a distanza di sette-otto secoli, ma sempre il giorno 9 del mese di Av (in italiano pressappoco ferragosto), gli italiani di destra si sarebbero forse schierati toto corde per impedire solo agli arabi di recarsi sulla Spianata. Peggio sarebbe andata se avessero saputo che il giorno del sacrificio dei musulmani ricorda il mancato sacrificio di Isacco (proprio sempre sulla Spianata) da parte di Abramo: si sarebbero guardati smarriti attorno, borbottando; “Ma, ma, allora, arabi ed ebrei sono tutti la stessa roba…”

Io sono un cittadino italiano che paga le tasse, rispetta i propri doveri, si entusiasma per alcuni episodi della Storia della propria Patria segnatamente per l’editto di Caracalla (212 d.C.), per l’editto di Milano (313 d.C.) e la fucilazione alla schiena di Buffarini Guidi (1945 d.C.).

 

Adesso però mi vergogno di essere italiano per via del fatto che tanti miseri profughi sono stati tenuti per settimane in ammollo nel Mediterraneo in attesa che affogassero. 

Ma, horribile dictu, sono venuto a vergognarmi anche della cacciata delle domestiche filippine che abbiano concepito un figlio in Israele. Spero tanto che sia una fake news. Se non lo fosse, vorrebbe dire che, in gara con gli Stati Uniti, Israele non si limita ad abrogare lo jus soli, ma proclama che lo jus è una sola.

Per non vergognarmi più di essere ebreo e italiano, cioè Aldo Zargani, è necessario che l’Unione scriva su questi argomenti, pesantemente morali, dichiarazioni ufficiali? Non ci voglio nemmeno pensare.

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