Sandro D’Alessandro: editoria come passione

11 Ottobre 2013

“Questo è il più bel mestiere del mondo!”: non ho mai dimenticato la frase che Sandro D’Alessandro mi disse, col suo tipico sorriso malinconico, quando prese il mio posto di Direttore editoriale della Bruno Mondadori.  Effettivamente, per lui, pubblicare libri era una passione totale. Quando non dirigeva casa editrici, metteva a frutto la sua esperienza e bravura accettando qualsiasi lavoro redazionale e anche di traduttore.

 

Sandro D’Alessandro (poi: Sandro Mariotti D’Alessandro, essendo stato adottato dallo scrittore Giovanni Mariotti, amato e ammirato compagno di sua madre), che se n’è andato troppo presto giovedì sera, era una figura sempre più rara nel rutilante mondo dell’editoria italiana: amava fare i libri, a qualsiasi costo. Qualcuno dirà che era un “editor d’altri tempi”, ma nella crisi (prima di tutto di idee) che oggi l’editoria attraversa, quell’entusiasmo e quella competenza farebbero comodo, come contraltare ai “ragionieri”.

 

D’Alessandro era nato il 16 agosto del 1950, a Milano, dove si laureò in Filosofia e si impegnò in politica. Sandro era un uomo molto mite e gentile, piccolo e fragile di costituzione: francamente mi è sempre stato difficile immaginarlo membro del fantomatico “Superclan” legato alla scuola di lingue parigina Hyperion e alle Brigate Rosse. Ma questo è stato un argomento di cui non abbiamo mai parlato. Soltanto una volta, rispondendo a un mio accenno, troncò il discorso affermando che “era passata troppa dolorosa acqua sotto quei ponti”.

 

La sua lunga carriera editoriale iniziò collaborando con l’amico Franco Occhetto, della Bompiani. Quando, nel 1981, Occhetto divenne Direttore editoriale della Feltrinelli, iniziando un radicale rinnovamento delle collane, assunse, nel 1982, Sandro come redattore e suo “braccio destro”. Infatti, alla sua improvvisa morte, D’Alessandro, nel gennaio del 1987, divenne Direttore editoriale della casa editrice di via Andegari.

 

Quando mi assunsero come redattore della Feltrinelli, nel settembre del 1989, D’Alessandro  stava nella stanzetta davanti alla mia (che era stata quella di Enrico Filippini: “La tua scrivania la si riconosce per lo strano cassetto portabottiglie”, mi fece notare Sandro). Dalla sua stanza uscivano, nel corridoio, dense folate di fumo, come se stesse sempre bruciando qualcosa (in effetti il suo portacenere era grande come un braciere).

 

Sandro mi ha insegnato, con pazienza e generosità, quello strano mestiere, non mancandomi mai di ricordare che fare i libri Feltrinelli non era come farli nella maggioranza delle case editrici, che i conti economici erano sì importanti, ma la cosa fondamentale era pubblicare dei libri belli e utili, dei “libri necessari”.

 

Teneva soprattutto alla collana “Impronte” (fondata da Occhetto), perché quei libri grigi e raffinati erano quelli che maggiormente lo rappresentavano. In quegli anni, la casa editrice intercettò e pubblicò autori importanti (molti degli italiani erano amici di Sandro), ma certe scelte, più commerciali, lo lasciavano perplesso: per questo, nel settembre del 1991, di ritorno dalle vacanze, ci salutò e ci disse che aveva fondato la sua casa editrice, dove avrebbe potuto realizzare le scelte e gli indirizzi che più lo appassionavano. Era riuscito a radunare attorno al progetto di Anabasi una sessantina di soci finanziatori e sperava di portarsi dietro (cosa che non si verificò) i suoi amici scrittori.

 

Nell’imbarazzo dell’addio, mi permisi di dirgli che Anabasi era un brutto nome: una fuga dopo una sconfitta. “E’ invece bello appunto per questo”, mi rispose. La casa editrice Anabasi (1991-1995) fu una catastrofe finanziaria, che lasciò a Sandro pesanti strascichi, ma chiunque scorra il suo catalogo non potrà non apprezzare il coraggio, e la preveggenza, nella scelta di parecchi titoli.

 

Quando, nel maggio del 2005, decisi di lasciare la direzione della Bruno Mondadori per andare a lavorare in un’altra casa editrice, Sandro, della cui preziosa collaborazione, come “servizio editoriale”, mi avvalevo già da parecchi mesi, mi sembrò la persona più adatta da suggerire per continuare quella strana impresa. Nei tre anni che rimase lì fece, da par suo, molti libri belli, ma il panorama dell’ “editoria universitaria” cambiò molto rapidamente e gli spazi di manovra si fecero angusti.

 

Così Sandro si lanciò, nel maggio 2008, in una nuova avventura editoriale, fondando e facendo il “factotum” delle edizioni et al. Nella spiegazione ufficiale di questo nome c’è tutto l’animo generoso e visionario di Sandro D’ Alessandro: “Il nome et al. è stato scelto per evocare tutti gli altri che ci sono e non sempre compaiono nei libri che scriviamo, che pubblichiamo, che suggeriamo. et al. è perciò un ringraziamento, un riconoscimento, un debito che continuamente si rinnova, che vuole ricordare la dimensione transitiva della produzione di cultura, inducendo a pensare al contempo a individui particolari”.

 

Mi accorgo di aver parlato di Sandro soltanto come ideatore e produttore di libri. Sono caduto nella sua “trappola”.  Ci sarebbero invece tanti aspetti del suo carattere e della sua vita che meriterebbero di essere ricordati. Altri potranno e sapranno farlo molto meglio di me. Vorrei soltanto limitarmi a citare, in conclusione, due “autodefinizioni”, tratte dal suo profilo su Facebook: “Orientamento religioso: moderatamente tollerante. Orientamento politico: pessimista”.

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