Speciale

Favignana / Paesi e città

23 Maggio 2012

Non è un azzardo affermare che Favignana è, tra le isole cosiddette minori della Sicilia, quella che conserva una dimensione di paciosa (e naturalmente aurea) mediocritas, di accessibilità trasversale, di ospitale interclassismo generoso, sebbene non ci sia dato sapere quanto ancora perdurerà questa condizione. Non è indispensabile ormeggiare il cabinato per goderne le bellezze senza sentirsi in difetto di status con il resto della popolazione non stanziale (ancorché il porto turistico sia capiente e attrezzato); non è obbligatorio mettersi lì a impiantare vigneti per dare un senso alla propria permanenza nell’isola (e del resto Favignana non vanta una tradizione vinicola, ma semmai di apicoltura); non sono prerogative fondamentali, per trascorrervi giornate piacevoli, né l’attitudine alla vacanza modello ‘ritorno alle caverne’ né la fregola della mondanità notturna a tutti i costi. Prova ne sia il fatto che Favignana non compare quasi mai nelle imprescindibili genealogie delle vacanze dei vip o nelle nomenclature della dislocazione balneare di ministri e parlamentari. La ‘ricettività’, come si dice, va dal campeggio (ce ne sono ben tre) al villaggio turistico, e comprende alberghi variamente stellati (comunque non numerosissimi) e casette o camere affittabili anche per l’intera stagione estiva.

 

Isola principale dell’arcipelago delle Egadi (che comprende anche la piccola Levanzo e la più selvaggia Marettimo), a poco più di mezz’ora di aliscafo da Trapani (ma d’estate funziona anche un collegamento diretto da Napoli: il tragitto dura circa sei ore) Favignana ha saputo sopravvivere al tramonto della sua tradizione più rinomata: la mattanza dei tonni. Adesso la si inscena, a giugno, tutt’al più per le telecamere di qualche rotocalco televisivo o per gli obiettivi degli ospiti più esigenti e danarosi, giacché di tonni, da queste parti, non ne passano più a centinaia come una volta. I vecchi rais, statuari e fieri come compagni di Ulisse (o come eroi del wrestling, se lo si preferisce), li si incrocia più facilmente in paese all’ora dell’aperitivo e la vecchia tonnara dei Florio sta per essere trasformata in un museo del mare. I tonni rossi superstiti (si fa per dire) continuano a essere lavorati artigianalmente sul posto, e, da questo punto di vista, sull’isola si possono continuare ad assaggiare tutte le prelibate varietà alimentari ricavabili dalla ‘conservazione’ del sontuoso pescione (perché il tonno, per chi non lo sapesse, è il maiale del mare e, come del suino, di esso, proverbialmente, non si butta via niente).

 

La summenzionata vocazione al turismo sobrio e pluralistico di Favignana asseconda, a ben guardare, la sua altrettanto varia conformazione orografica, offrendo l’isola un alto tasso di diversificazione balneare: dalla spiaggia sabbiosa di Lido Burrone a quelle di ciottoli di Cala Rotonda e Cala Grande; ma ovviamente vale la pena inerpicarsi via terra o imbarcarsi più comodamente in gommone per raggiungere baie rocciose o incantevoli rade come Cala Rossa, Grotta Perciata o Scalo Cavallo, quest’ultima modellata dagli enormi sbozzi delle antiche cave di tufo (le “pirrere”). Accessibili anche ai principianti le immersioni guidate nelle acque della riserva, sebbene il vero regno del diving sia Marettimo. E c’è perfino modo di accontentare gli appassionati del trekking, i quali volendo possono scarpinare su per il colle Santa Caterina, la “Montagna grossa” che svetta, col suo fortilizio, sul versante occidentale (per i meno prestanti c’è perfino la scalinata).

 

 

In tutti i casi è vivamente consigliabile, per il pranzo al sacco da consumare in riva al mare (o in montagna, se proprio ci si tiene), passare in mattinata a comprare le memorabili pizzette del panificio “La Madonnina”: il titolare è la perfetta reincarnazione del vichingo Erik il Rosso, è per giunta comunista e, per logica conseguenza, frequenta l’”Alternative” pub. Quest’ultima è una tappa raccomandabile dello struscio preserale e/o postprandiale, se non altro per il fatto che il titolare Peppe può stupire anche il villeggiante più scafato con le sue scelte musicali (un travolgente gruppo ska catalano, tanto per dire).

 

Mangiare a Favignana non richiede ancora le disponibilità finanziarie dell’emiro del Bahrein: è possibile farlo bene a prezzi ragionevoli, con un minimo di attenzione. Il piatto di cui serbare memoria nei brumosi autunni padani, tra i tanti, sono le frascatole: semola per cous cous ‘incocciata’ più grossa in zuppa di aragoste e crostacei; invenzione delle sorelle Guccione (ristoratrici leggendarie che qui lavorarono fino a una decina d’anni fa) ora si gustano da “A Cialoma” amabile ristorantino, neanche a dirlo, a conduzione familiare.

 

Giunta la sera, mentre le carezze del favonio (da cui il nome Favignana) accompagnano la digestione, si può guadagnare uno scorcio suggestivo dal quale guardare il mare. Per esempio dal faro di Punta Sottile, ma forse è meglio dall’altura che domina cala rossa: proprio al largo di quelle acque duemiladuecentocinquant’anni fa i Romani sconfissero i Cartaginesi in una battaglia navale che sancì la conquista della Sicilia (prima provincia romana). E se per caso, affacciati su quella baia, fantasticando su quale corso avrebbe preso la storia se avessero vinto i Punici, si venisse improvvisamente accecati dagli abbaglianti di un suv (non necessariamente targato Roma) il cui proprietari sta raggiungendo la sua villona appena costruita (tanto c’è il condono)... E se il puzzo dello scappamento spazzasse via la fragranza del rosmarino e il rombo del motore sovrastasse il mormorio del mare, forse si potrebbe perfino meditare su quanto sarebbe stato meglio, alla lunga, che le cose, nel 241 a. C., fossero andate diversamente.

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