Il socialismo sessuale di Craxi
Pubblichiamo un estratto dal nuovo libro di Luca Scarlini, Il sesso al potere (Guanda) da oggi nelle librerie.
Bettino Craxi, l’uomo della Milano da bere, il decisionista a ogni costo, quello che aveva trasformato il PSI in una macchina di consenso e potere economico, aveva un noto debole per le signore. Francesco Alberoni in uno dei suoi inevitabili comunicati pro-Bettino era stato chiaro: «Oggi c’è un solo leader che cerca di apparire superiore al suo partito: Craxi. Molti lo giudicano antipatico, molti spregiudicato. Non importa. Il suo modo di agire dà una impressione di sicurezza, di forza. Per questo ha possibilità che nessun altro ha».
Quasi la profezia di un nuovo Duce del futuro. Nel sistema macho di potere del PSI craxiano, la rappresentazione delle belle dame era una parte rilevante. Questo non vale tanto per la consorte, Anna Maria Moncini, amore di giovinezza e di una vita, che a dire il vero non ha troppo commentato le imprese amatorie del marito nel corso degli anni e che compare ogni tanto sui media soprattutto per dichiarare categoricamente che il corpo del consorte non sarà mai traslato in Italia. Ciò riguarda le molte altre che si sono associate esplicitamente al politico, per breve o lungo momento, quando i socialisti trionfavano. Il nostro esibisce un carisma erotico già visto; al di la delle molte e più o meno azzeccate battute di quell’epoca che sembra ormai remotissima, la sua allure erotica fa pensare a Mussolini (si sprecheranno i giochi di parole possibili tra Bettino e Benito).
Si tratta di uno che va per le spicce: non c’e spazio per i preamboli, vuole portare a termine le sue conquiste rapido. Altro riferimento immancabile è Garibaldi: notissima la mania craxiana per l’eroe di Caprera, di cui aveva accumulato una vasta iconografia, a lungo stoccata nella casa familiare di Porta Genova e poi trasferita in tutta fretta nottetempo a Hammamet. Le novità per Craxi sono caso mai in tema di look. Gli piacciono il casual, i jeans, i giubbotti, ma ha una specifica passione per le cravatte e spesso ne indossa una, rossogaribaldina, con stampato un garofano, che è opera del suo amico Gianfranco Ferré. In omaggio a un momento storico che ama l’esibizione a ogni costo, l’appariscenza estrema, il barocco postmoderno trash, la sua preferenza sarà per le signore dello spettacolo, sempre gettonatissime dalla politica italica.
Attrici e attricette, vestite o meno, saranno quindi l’abituale riserva di caccia; al modello craxiano si conformerà, con le sue varianti ovvie, anche il seguente Silvio Berlusconi, cambiando senz’altro repertorio di signore. Artefice di quel sistema di potere che venne definito, in riferimento alla RAI, «un puttanaio e un marchettaio», all’inizio della sua ascesa, come ricorda Filippo Ceccarelli nel suo rigoroso studio Il letto e il potere (1994), aveva ancora delle remore da vecchio PSI. In una intervista vintage sulla « Domenica del Corriere » a inizio anni Settanta tuonava contro « la proliferazione nelle edicole di pubblicazioni oscene e materiale pornografico di ogni genere e varietà ». Ultime scorie di una visione alla Nenni, che ci mise poco per trasformarsi in sfrenata licenza e in quello che Toni Bisaglia chiamava spiritosamente « psex appeal ».
Le feste all’Hotel Raphael a Roma rapidamente diventarono un must, eserciti di sgallettate erano sempre disponibili a dichiararsi amanti del leader, visto che nella città eterna e in quella dei bauscia faceva status symbol. Alcuni affermano anche che Craxi usasse come consulente Adelina Tattilo, inventrice di pubblicazioni erotiche, artefice di «Playman» e del primo gay magazine «Adam», spesso ospite alla sua corte insieme a Sandra Milo.
L’attrice, come è noto, aveva un debole per i socialisti e dagli anni Sessanta vantava una consuetudine specialmente epistolare con Pietro Nenni. Nel 1966, nel cuore della sua contrapposizione violenta al momento del divorzio con il produttore Moris Ergas, dichiarava a una giornalista: «Nenni mi ha mandato personalmente questo biglietto. Lo ha scritto a mano. L’ho visto una volta sola, ma quante lettere ho scritto a lui e quante lettere Nenni ha scritto a me! Perché lo ammiro sul piano umano, come creatura. Lui ha della tenerezza per me... è tanto carino». Insomma, un idillio alla luce del sol dell’avvenire, replicato nei tempi seguenti in altra chiave con i nuovi eroi del partito. Nel frattempo il grasso e unto ministro De Michelis imperversava nelle disco, con le varie segnorine al seguito, rilasciando interviste sulla sua sedicente, infaticabile attività principale.
Nessun partito politico, prima, aveva mai investito tanto in hostess piacenti, vero e proprio simbolo alternativo al garofano nei tanti convegni e raduni. Sulle « trussardine », in omaggio ai creatori dell’uniforme, ricadeva in modo preciso la responsabilità di rappresentare il periclitante onore di un mondo che sempre più era sotto attacco. Il serraglio craxiano ha anche sdoganato un genere di abiti fino ad allora favorito dal mondo della prostituzione, di cui Elio Fiorucci ribadiva comunque negli anni Settanta l’inventiva e l’estro rispetto alla creazione del look. Trionfarono infatti le stampe leopardate, che saranno l’elemento più rilevante dell’impero animalier di Roberto Cavalli, maestro di creazioni «selvagge». Queste stoffe diventano elemento ricorrente addosso a varie dame, in specie over quaranta.
A distanza di quasi quarant’anni il senso del ridicolo nel rivedere certe immagini e nel leggere alcune dichiarazioni è la nota dominante. Le affermazioni sono isteriche, nella chiave di un cupio dissolvi mignottaro, che non risparmia niente e nessuno. Il leader Bettino nel 1977 rilascia un’intervista a Maria Teresa Clerici e dà alcune coordinate precise sulle sue gesta d’alcova: «Mi succede di parlare e mi succede di star zitto. Non seguo il filo di giaculatorie fisse e maniacali. Dico delle cose utili. Sono riti liberatori, propiziatori, fantastici. Un tempo non facevo caso a dove fare l’amore. Anzi l’idea del letto mi è sempre sembrata un po’ burocratica. Ma il tempo passa e la comodità e l’opportunità la vincono sul resto. La mia vita e sempre più imbrigliata nelle regole anche in questo. Non si può fare quello che si preferirebbe. La regola del dove capita non vale: la burocrazia trionfa».
Che tutte le signore e signorine fossero avvertite e una volta per tutte. Peraltro il brano compare in un libro dal titolo Linguaggio d’amore, opera assai curiosa di Maria Teresa Clerici, in cui sfilano figure note e notissime del tempo a Milano (da Elio Fiorucci a Carlo Tognoli), i quali dichiarano in coro che la cosa che loro risulta insopportabile è in specie il letto, simbolo dell’odiata borghesia. Tutti quanti preferiscono gli accoppiamenti nei luoghi meno probabili, tutto pur di «farlo strano» e potersene vantare con gli amici e, perché no, anche con la stampa.
Sandra Milo ha incarnato il ruolo di sacerdotessa del craxismo fino alla fine ed è senz’altro la persona che ha avuto minori remore a raccontare gli anni ruggenti, di cui altre etere di regime si sono poi assai vergognate, preferendo minimizzare. Rimangono nella mente soprattutto le sue ultime uscite, al momento del crepuscolo del lider máximo. L’11 febbraio 1993, nel triste intervento all’hotel Ergife, quando super Bettino si proponeva come alfiere della rivalsa morale degli inquisiti di Tangentopoli, lei era abbarbicata piangente all’ormai dimenticato artista Filippo Panseca, architetto e pittore del più efferato trash craxiano. Un’altra istantanea la vede armata di fischietto e determinata a contestare Claudio Martelli, nel momento di massima contrapposizione tra i due. Le telecamere colgono la classica vocetta stridula: « Con tutto quello che gli ha dato ».
La nostra come attrice era un po’ scomparsa dall’attenzione, dopo i successi degli anni Sessanta, fino a che la nuova epoca craxiana l’aveva riportata sul mercato. Nel 1981 aveva interpretato da protagonista per Anna Maria Tato il Doppio sogno dei signori X, nel 1982 ebbe un ruolo in Grog di Francesco Laudadio. Però era senz’altro più nota come personaggio televisivo: una delle prime ospiti fisse della sderenata epoca dei talk show. Un mondo in cui contava soprattutto essere « personaggio »; poi dal 1985 assunse la conduzione del deleterio Piccoli fans, in cui bambini e infanti si cimentavano nelle prove più indescrivibili, per il compiacimento di un pubblico di voyeur.
Il trash impera, quindi, e nel 1990 giunge l’involontaria consacrazione negli annali del peggio, con la famosa telefonata anonima che annuncia che suo figlio Ciro è morto. Nel 1993, superata anche quella crisi, la Milo è pronta a sfornare la sua seconda, e per ora ultima, prova narrativa, dopo il pettegolo Caro Federico (1982), dedicato al suo antico amore Fellini. L’imperdibile Amanti, pubblicato da Pironti, presenta il PSI come suo personale harem. Afferma di avere avuto relazioni, oltre che con Craxi, anche con Giacomo Mancini e Giuliano Vassalli, per poter godere evidentemente di tutte le correnti, senza far torto a nessuno. Il florilegio di affermazioni stabilisce un percorso iniziatico: «Gene Gnocchi mi ha chiesto se tromba meglio la destra o la sinistra. Tutti pensano alla destra per una questione di machismo. Ma io non sono d’accordo. Non era vero nella prima Repubblica e non e vero adesso. Con la differenza che allora c’era più morale. Craxi non avrebbe mai pensato di abbandonare la moglie Anna che amava sinceramente. A nessuno di loro sarebbe mai venuto in mente di abbandonare una fedele compagna che gli era stata accanto per trent’anni. Certo Bettino si innamorava spesso, ma la sua famiglia era sacra. Oggi invece? Guardate cosa è accaduto a Fini. E poi vogliamo mettere il livello delle amanti di allora? E ho idea che oggi si faccia tutto con meno gusto. Craxi non sarebbe mai stato con una ’Gregoraci’. Certo allora non c’era nessun magistrato che controllasse il traffico dei letti come al tempo di Vallettopoli. Far sesso in cambio di una raccomandazione è un fatto privato. Fa male a qualcuno? Non credo. E allora! Che la magistratura si occupi d’altro. Con Craxi non solo si faceva l’amore, ma si parlava di arte, di cultura, di politica».
Nel 2007 l’attrice compare con molte altre signore nel libro di Bruno Vespa, L’amore e il potere, in cui dà ulteriori dettagli piccanti della sua relazione con il capo, suscitando le reazioni indignate del figlio Bobo.
In una puntata di Porta a Porta, dichiara: « Poco dopo la metà degli anni Settanta una sera ero ospite di Maurizio Costanzo a Bontà loro. Portavo un cappellino con la veletta. Ci fu, tra me e Costanzo, un battibecco di cui si parlò molto. Fu allora che Bettino, diventato segretario del PSI, decise di farmi sua. Cominciò una corte spietata. Insomma, a un certo punto Craxi mi disse: vieni su. Io, trascinata dalla musica, lo seguii. Salimmo in una specie di soffitta, c’era una cameretta piccola piccola con le pareti foderate di una stoffa a fiorellini rosa e un letto piccolo piccolo di pizzo bianco. Fu li che facemmo per la prima volta l’amore ».
Ania Pieroni è l’altra figura centrale dell’affresco craxesco: bionda, bella, assai inefficace come attrice, debutta nel 1978 in Così come sei, film, di gran confezione, del regista lolitomane Alberto Lattuada. Qui è in scena insieme a varie acerbe bellezze. La protagonista infatti era Nastassja Kinski e tra le interpreti c’era una quasi debuttante Barbara De Rossi: tutte impegnate in una scorribanda per le colline toscane. Da li si passa poi a Mani di velluto di Castellano e Pipolo, per approdare all’unica pellicola in cui compare una piena evidenza della sua celebrata bellezza: Inferno di Dario Argento (1980).
A lei tocca interpretare la micidiale, tremenda Mater Lacrimarum, che gode nel suggere i pianti delle persone su cui esercita il proprio maligno magistero. Un cammeo di pochi minuti, ma risulta davvero forte nella scena in cui, insieme a un gattone, compare sinistramente in un’aula dove gli studenti ascoltano con partitura alla mano Va, pensiero, mentre lei, biondissima, manda in giro onde di morte. Quello è l’anno dell’incontro con Craxi e da lì seguiranno poche pellicole, fino a un memorabile Fracchia contro Dracula. Poi sarà l’epoca di « Claretta Mortacci », una delle donne più potenti della RAI, sempre seguita da un codazzo di cortigiani quando registrava il suo programma (come racconta Giancarlo Magalli: « Tutti a dire: ’Brava, molto brava, bravissima’ »).
Una damigella potente; ella aveva a propria disposizione anche un’emittente locale: la GBR, sempre donata da Craxi, marchio televisivo che assunse un non piccolo potere a meta anni Ottanta a Roma. La bionda dagli occhi di ghiaccio fu una delle poche a non allontanarsi da Craxi negli anni dell’onta. In seguito, saggiamente rifiutando di tornare sullo schermo malgrado le insistenze di Dario Argento per il seguito di Inferno (che aveva il titolo La terza madre), è stata in pista nel circo di Forza Italia. Sullo sfondo del sistema Bettino si definivano intanto le figure di Moana Pozzi e di molte altre damigelle. Il potere era più che mai legato alla necessità di esibizione sessuale, e tornano meccanismi di rappresentazione per solito tenuti in sordina dopo il Fascismo.
Craxi, malato di diabete, sempre meno credibile nel ruolo di latin lover, continuò imperterrito fino alle monetine lanciate in piazza a condurre il circo mignottaro di cui è stato artefice e garante. Certi locali romani e milanesi, certi luoghi di villeggiatura, diventavano per se stessi set della rappresentazione di un capo infaticabile, che assai amava si diffondessero indiscrezioni e gossip, come parte della sua aura fallicodecisionista. Ovviamente Berlusconi farà propria molta parte di questa visione del mondo.
Negli anni seguenti la relazione sesso-potere, sempre presente come concetto generale di rappresentazione o tema di barzellette, diventa un argomento capitale, anche in relazione allo scandalo Clinton-Lewinsky, in cui il corpo dell’uomo più potente del mondo e i suoi «pruriti del settimo anno» si trasformano in argomento di seria riflessione politica e filosofica.
L’antropologa Ida Magli, quasi alludendo alle imprese craxiane, descrive, in un paragone tra la situazione nostrana e il puritano mondo americano, una situazione ormai percepita da molti: «Ci sono prove incontrovertibili del fatto che i governanti sono più potenti quando amano il sesso: non se ne parla ad alta voce, proprio perché è sottinteso che essi siano sempre pronti al bisogno. Quando sono tanto in là con gli anni che si possa lecitamente nutrire dubbi in proposito, si comincia, bisbigliando ad alta voce, a far supporre, come è avvenuto per un ex presidente della Repubblica, che vi siano motivazioni erotiche o almeno galanti, dietro a qualsiasi gesto di compiacenza per le giovani e graziose presenze femminili del loro entourage».