J. Purdy. Sono Elijah Thrush

12 Novembre 2013

James Purdy era un “autore Einaudi”. Fra il 1965 (con la pubblicazione di Malcolm [Malcolm, 1959], nella collana “La ricerca letteraria”, diretta da Guido Davico Bonino, una collana di piccoli libretti in brossura, privi di illustrazione in copertina, che ebbe alcune derivazioni per le quali dal cartoncino grigio opaco passò a uno squillante verde, a uno sfacciato rosa e a un meraviglioso argento quasi specchiante – Malcolm riuscì poi nei “Nuovi Coralli” nel 1975 e fu ristampato 29 anni dopo da minimum fax –nella stessa versione di Floriana Basso) e il 1974 (con questo Sono Elijah Thrush [I Am Elijah Thrush, 1972] ne “i Coralli”, che comparve –bellissimo, con il suo Beardsley in copertina, elegante nell’evocare l’Inghilterra dell’eccentricità pervasiva al debutto del Liberty, sottolineandone l’eco wildiano e l’equilibrio della letteratura classica che Purdy ben conosceva, nel contempo, con l’intuizione pop del viraggio rosa, precipitandolo nella contemporaneità dell’America degli anni ’70 – e scomparve, per non fare mai più ritorno nei cataloghi italiani), Einaudi tradusse via via i romanzi che Purdy pubblicava. Poi smise per vent’anni, fino al 1994, quando ne ristampò uno, cambiandogli il titolo confronto alla prima edizione; non seguirono altri tentativi.

 

Dopo i primi sei, Purdy scrisse altri undici romanzi prima di morire, nel 2009. Einaudi non ne pubblicò più nessuno.  Quattro di quegli undici mancanti sono stati tradotti in Italia, sotto tre marchi editoriali differenti; ne restano sette che chi legge in italiano non ha avuto mai la possibilità di leggere. La scomparsa di Sono Elijah Thrush dai cataloghi italiani è una perdita secca. In quell’interruzione che l’Einaudi consumò – salvo la tardiva ristampa– nel 1974, si può intuire un mutamento del gusto che prese piede in casa editrice via via trionfante. James Purdy è il contrario di Philip Roth.

 

I generi, le età, il colore della pelle, la classe sociale, il vero e il sognato, il desiderio, le proprie origini, le aspirazioni, tutto questo in Sono Elijah Thrush si scontra e si mescola nella certezza che nulla vi può essere di definitivo, che la sola certezza è che il presente vada continuamente reinventato, il futuro cangiante ad ogni passo. James Purdy poneva domande all’America che forse in Italia non si è più interessati ad ascoltare, piombati in un clima che da decenni cerca solo la semplificazione e il conosciuto e che impedisce al presente di mutare, tanto è il terrore per un futuro che si è solo capaci di pensare cupo.

 

Minimum fax provò a riportare l’attenzione su Purdy, ristampando il già citato Malcolm e poi Il nipote – sempre nella versione einaudiana di Floriana Bossi - nella collana “minimum classics”, con nuove introduzioni e che ebbero eco nella stampa, ma evidentemente poco riscontro alle casse delle librerie. Più recentemente Baldini & Castoldi ha prima tradotto Gertrude of Stoney Island Avenue (1996; La figlia perduta, 2008, traduzione di Isabella Zani) poi ha ristampato Rose e cenere (2010, nella traduzione per Einaudi di Attilio Veraldi  del 1970; 1967, Eustace Chisholm and the Works) e Cabot Wright ci riprova, ora sotto il marchio Dalai, nel 2001 (nella traduzione di Floriana Bossi che Einaudi aveva titolato nel 1968 Un ignobile individuo e nel 1994 Cabot Wright ci riprova; Cabot Wright Begins, 1965). Se minimum fax aveva provato la carta della sobrietà, trattando Purdy come un classico trascurato ma ben presente nel canone italiano della letteratura statunitense – da cui invece era stato impercettibilmente espulso in questi anni tristi e perbenisti, Dalai lo ammanta di un’aura retrò che rischia di sfigurarlo e che forse nuovamente può deludere chi vi si avvicina per la prima volta.

 

identificazione volume
autore: J. Purdy
titolo: Sono Elijah Thrush
editore: Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
data di stampa: 1974
numero d’edizione: prima
stampatore: Officina Grafica Artigiana U. Panelli
dimensioni: 19,5 x 12 x 1,5 cm

paratesti
titolo: al dorso e alla prima di sovracoperta in alto; al dorso alla coperta; in frontespizio, in alto; alla pagina successiva al frontespizio, in alto; in capo a ogni pagina dispari del testo
autore: al dorso e alla prima di sovracoperta in alto; al dorso alla coperta; in frontespizio, in alto; in capo a ogni pagina pari del testo
colophon: alla seconda pagina, in basso
indicazione di collana: all’occhiello: “i coralli - 300”
logo dell’editore: alla sovracoperta, al dorso, al centro, idem alla coperta; al frontespizio, in basso; alla pagina dello stampatore, in basso
responsabilità grafica: non indicata
responsabilità della traduzione: al frontespizio: Floriana Bossi
responsabilità della redazione, composizione, impaginazione: non indicata
sovracoperta: alla prima di sovracoperta: autore, titolo ed editore; all’aletta anteriore: nota al testo, didascalia dell’immagine in prima di sovracoperta: (‘In sopracoperta un’incisione di Aubrey Bearsdley.’ ); all’aletta posteriore: segue nota al testo, nota bio-bibliografica; alla quarta di sovracoperta: in basso, blurp anonimo e indicazione del prezzo

coperta
struttura: coperta cartonata foderata
materiali: piena carta goffrata tela, rosso carminio
stampa: dorso stampato in bianco

sovracoperta
materiali: carta plastificata bianca
stampa: testi in nero; prima di copertina con incisione di Aubrey Bearsdley in nero e rosa; alette con testi in nero

dettagli legatura
cucitura: filo refe, capitello in tessuto rosso carminio, incollato
taglio corpo del libro: rifilato, naturale
risguardi: semplici in carta avorio

 

Cristina Balbiano d’Aramengo
Designer Bookbinder a Milano - legatoria, ricerca e formazione


 

Christel Martinod Graphic designer

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