Maria Attanasio. Il condominio di via della Notte

10 Settembre 2013

In un futuro poco lontano la nostra privacy sarà completamente violata e noi nemmeno ce ne accorgeremo, perché totalmente assuefatti dal sistema. Questo sospetto costituisce la materia prima con cui Maria Attanasio dà forma al romanzo distopico II condominio di via della Notte (Sellerio).

 

L’autrice non fa altro che spingere un po’ più in là la realtà in cui già viviamo: le numerose violazioni della privacy sui social network, da noi sottoscritte giorno per giorno, danno sempre più potere a chi guadagna sulle nostre relazioni interpersonali. Qualche mese fa aveva avuto una notevole diffusione un divertente e allo stesso tempo shockante spot belga volto a mettere in guardia tutti noi utenti di internet. Non soltanto informazioni personali, dalla vita affettiva alla vita professionale, ma anche i numeri di conto corrente e i movimenti bancari sono a disposizione di chi sappia superare le ridicole barriere delle password. “Your entire life is online. And it might be used against you.” Quel video venne condiviso su facebook, su twitter, se ne parlò nei blog e anche su qualche pagina di giornale. Ma ben pochi reagirono pragmaticamente, cancellando il proprio profilo di facebook o lasciando il conto online per un conto bancario tradizionale. Ed è naturale, perché internet è comodo e ci illude di far risparmiare sia tempo sia soldi. Internet con la sua virtuosa libertà tanto spesso sbandierata potrebbe invece essere l’ennesimo mezzo di assuefazione sociale, ed è questo il cuore del romanzo di Maria Attanasio.


 

Il condominio di Via della Notte è intessuto di memorie letterarie della tradizione distopica novecentesca, da Orwell a Huxley le citazioni e gli echi sono molti. Ma è presente anche un altro tipo di memoria, una memoria che affonda le radici nei timori e nelle angosce ancestrali dell’uomo e che ha attraversato tutti i tempi, compreso il nostro. Una memoria istintiva, incoercibile: la paura dell’altro. L’autrice immagina una società futura sempre più chiusa nei confronti dell’estraneo. I fuoriluogo, come vengono chiamati nel romanzo, sono gli elementi più pericolosi e letali per la città immaginaria di Nordìa (ma immaginaria fino a quanto?). Lo straniero/il diverso viene escluso e tenuto ai margini della civiltà urbana, vittima continua di soprusi. Ha la pelle scura o idee, usanze, preferenze diverse da quelle della maggioranza dei cittadini: in poche parole, appartiene a un’altra cultura.

 

Se da una parte c’è la forza della collettività unita e gestita da una burocrazia rassicurante ma opprimente, dall’altra c’è una donna che si risveglia dal torpore di una vita fatta di compromessi. Rita non è un’ eroina, perché lei è rimasta nella città che la proteggeva, è rimasta nonostante la fuga del marito prima e della figlia dopo. Non ha voluto vedere lo sgretolamento a piccole dosi ma continuo della libertà individuale. Solo con la persecuzione personale si renderà conto del mondo asfittico che la circonda, e allora reagirà. Troppo tardi per essere eroe, ma anche troppo tardi per essere vittima.

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