Michelangelo Pistoletto, "Lui e Lei abbracciati", 1968

11 Maggio 2023
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Dentro lo specchio ci sei tu. Di fronte, a viso scoperto, nell’atto di guardare, mentre “Lui e Lei abbracciati” ti rivolgono le spalle e non ricambiano il tuo sguardo. Eppure lo dirigono, stanno lì a configurare il tuo spazio, a indicare come posizionarti in relazione. Lo specchio cattura qualsiasi figura vi si affacci, ma accanto al loro due può starcene una sola. Stretti nell’abbraccio, Lui e Lei sono compiuti. Invece tu, persona singola, debordi. Una porzione del tuo corpo resta fuori, una parte della tua vita non si lascia ridurre a immagine di superficie. Lo devi all’opera che agisce su di te – ti rispecchia, ti ritrae, ti prevede. 

“Vedere e non toccare”, comandamento dell’infanzia. I bambini incontrano il mondo con la bocca attaccata al seno e poi nelle cose toccate con cui ciascuno tocca anche i propri limiti. Non smetterebbero di impadronirsi così del mondo e di se stessi ma infine imparano ad afferrare solo alcuni oggetti: quelli con cui non farsi male e quelli che sono loro. Dopo quel passaggio sono gli occhi ad appropriarsi di tutto il resto esplorando un potere incorporeo, a ricompensa della rinuncia al contatto.  

Lo sguardo non altera le cose, anzi misura il pericolo – “tenere d’occhio” significa controllare. Il pericolo del mondo si riduce ma finisce un poco dalla parte della vista, sovrana assoluta degli oggetti più intoccabili, come le opere d’arte. Il pericolo raddoppia davanti a uno specchio, oggetto comune e insieme magico. Ma quali colpe ha lo specchio se si tramuta in trappola? È l’acqua del pozzo, specchiante a seconda della luce che vi cade, a rendere Narciso prigioniero? O è Narciso che, senza vedersi in relazione con le ombre, le increspature, quei passaggi del tempo in superficie, non può nemmeno riconoscere se stesso? L’immagine allo specchio è un simulacro, un tutto apparente. Oppure non è nulla tranne un riflesso che invita a andare oltre, o a riflettere. Oltre lo specchio c'è una sola dimensione certa: quella che rimanda indietro, a chi vi appare.

Il quadro specchiante ritrae Michelangelo Pistoletto insieme alla donna che ama, Maria Pioppi. L’immagine è al tempo stesso iperrealistica e incorporea perché è stata realizzata a partire da un calco a grandezza naturale di un’altra immagine, per giunta “oggettiva”, come quelle fotografiche. In superficie e in apparenza – un'apparenza scelta dall’artista – “Lui e Lei abbracciati” sembrano Pop art. Invece l’opera non si presta alla riproduzione come oggetto di consumo, proprio perché è eseguita su uno specchio. Nemmeno lascia campo illimitato alla visione autocentrata dell’osservatore e coprotagonista, dato che lo spazio, concepito come luogo di incontro, è delimitato dalle due figure. La relazione è asimmetrica perché una coppia a cui si aggiunge un singolo non rappresenta un “due più uno”, ma anche perché è impossibile uno scambio tra gli sguardi. Poiché sono ritratti di schiena e dunque tutelati dall’identificazione completa che oggi si esprime tanto nei selfie quanto nelle tecnologie del riconoscimento facciale, il nucleo privatissimo dell’istante dove “Lui e Lei” apparivano così, risulta per sempre preservato.

Ogni immagine fissata è ferma nel tempo, ma senza fotocamera l’artista avrebbe avuto bisogno di uno specchio davanti e di uno dietro per catturarsi in quella posa. All’origine dell’opera c’è quindi un artificio quasi invisibile, soprattutto non sapendo chi vi è raffigurato. Sembra di vedere una coppia osservata in uno spazio pubblico e però colta in un’intimità tanto esclusiva da non curarsi di chi le capiti vicino. In realtà, l’unico osservatore esterno non arriva dallo spazio attiguo ma, grazie allo specchio, da un altrove – anche o principalmente – temporale. Sulla superficie lucida converge oltre mezzo secolo, il passato si trasforma. E solo nello specchio il privato diventa pubblico, come recita uno slogan del ’68, l’anno a cui l’opera risale.

Tuttavia Maria Pioppi, nella sua camicia nera di raso, lo chignon legato da un elastico, non si distingue da una ragazza odierna. Neanche la basetta dell’artista rimanda con certezza a un periodo databile, visto che la moda, diventata postmoderna, non fa che riproporsi in “revival”. D’altronde, a quell’epoca si imponeva la moda giovanile, oggi il modo più diffuso di vestire. Per questo, l’immagine dipinta compone un’unità molto più fluida con il riflesso dello spettatore rispetto a quanto sarebbe accaduto se il ritratto di coppia fosse nato uno o due decenni prima. Ma c’è anche una ragione sostanziale: Pistoletto rappresenta l'innamoramento che ignora il tempo.

La posa dell’abbraccio ne risulta espressione quasi classica mentre l’impronta “sessantottina” sta nel non escludere gli altri, ma, anzi, prevederli come partecipi a quel momento irripetibile di unione. Rompere uno specchio porta sette anni di sventura, rompere la separazione tra spettatore e opera, vita e arte, pubblico e privato sembra aver favorito un esito opposto. Perché questo quadro si prende il rischio di esporre a una riattualizzazione continua una storia appena cominciata che avrebbe potuto finire, prima o poi: invece sono invecchiati insieme, Michelangelo Pistoletto e Maria Pioppi.

Nella foto un dettaglio dell'opera "Lui e lei abbracciati" di Michelangelo Pistoletto, 1968, Ph. Bruno Cattani.

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