Oltre Wikileaks e l’emergenza della partecipazione
A dispetto del titolo, il libro di Micah L. Sifry Oltre Wikileaks, Il futuro del movimento per la trasparenza tratta solo marginalmente di fughe di notizie.
“Leak” in effetti si traduce con “fuga di notizie”, e viene usato come suffisso per il nome di molte piattaforme di raccolta, verifica e condivisione di dati segreti nate dopo il boom di Wikileaks, come OpenLeaks e GlobalLeaks. Ma lo scenario tratteggiato da Sifry (co-fondatore di Personal Democracy, forum che si occupa della nuova partecipazione politica attraverso le tecnologie digitali) è molto, molto più ampio.
I due concetti cardine del libro sono l’Open Government - nuove strategie di organizzazione della pubblica amministrazione, secondo i criteri di trasparenza ed accessibilità - e gli Open Data - il libero accesso ai dati della Cosa Pubblica. Vista dall’esterno, la questione potrebbe sembrare limitata ad oscure problematiche tecniche di standard e piattaforme. In realtà è tutto il contrario: si tratta di un panorama culturale completamente nuovo, che mira a trasformare e rivitalizzare la cittadinanza nell’epoca dei media digitali e partecipativi.
È un tema nuovo non tanto nei valori - che si possono far risalire alle origini del progetto illuminista - quanto nelle pratiche, che cercano di ricucire la frattura tra razionalità tecnologica strumentalizzata dal potere politico e razionalità discorsiva della partecipazione democratica. In un mondo sempre più pervaso da dati di ogni genere, nel quale ogni aspetto della vita economica, sociale e personale produce incessantemente flussi di informazioni, organizzare strumenti e pratiche di accesso trasparente che permettano un dibattito partecipato ed informato è una priorità assoluta.
È da questa premessa che si dipana il filo narrativo di Sifry, attraverso progetti che permettono di monitorare i finanziamenti della politica (Opensecrets.org) ed alla politica (Follow The Money), le linee di voto dei parlamentari (Opencongress) fino alle piattaforme che consentono di condividere informazioni georeferenziate da zone critiche (Ushahidi) e dalle aree urbane. Si sviluppa così una prospettiva nella quale l’accesso alle informazioni favorisce una forma di controllo democratico orizzontale che si contrappone all’utilizzo dei dati per il controllo sociale autoritario degli Stati sui cittadini.
Con alcune interessanti eccezioni, Oltre Wikileaks si riferisce principalmente al mondo anglosassone. Ma guardando al ruolo travagliato dell’informazione nel nostro paese, può essere letto in una chiave tutta italiana.
La storia dell’Italia nel ‘900 è legata indissolubilmente a quella delle sue basi-dati: gli archivi di Gelli, l’Osservatorio Politico di Pecorelli, le carte del SIFAR del generale De Lorenzo, quelle del SID e del SISDE. E poi, ovviamente, la progressione P2, P3 e P4. La strategia della tensione ed i suoi strascichi contemporanei sono stati in gran parte incentrati sull’intorbidire le acque, trattenere le informazioni, rendere inaccessibili le fonti.
L’uso politico della segretezza in Italia ha radici lontane quasi due millenni, tanto quanto il consolidarsi della Chiesa. La guerra tra Riforma e Controriforma è stata in gran parte una guerra di libri, di dati e di archivi, e delle conoscenze necessarie per usarli: la giustificazione teologica e filosofica della detenzione da parte di gruppi ristretti di un set di strumenti simbolici - ed informazionali - di controllo culturale.
Senza tracciare nessi causali troppo difficili da dimostrare, non è difficile vedere uno stretto collegamento tra la millenaria tradizione di segretezza dell’Italia ed il suo scarsissimo accesso al Web. L’Italia si trova in una posizione ridicolmente bassa nella graduatoria internazionale della connessione dei cittadini ad Internet, con una percentuale inferiore al 50%. Si tratta di una nuova forma di analfabetismo, tanto più pericolosa perché si sviluppa in silenzio, lontana dall’arena del dibattito culturale e politico. È un allontanamento dalle grandi trasformazioni sociali che colpisce soprattutto su base generazionale, in modo parzialmente trasversale rispetto alle tradizionali forme del capitale culturale.
Ignorare oggi le questioni poste dalla partecipazione politica digitale vuol dire relegare il nostro paese in un’opacità oscurantista e conservatrice per anni, forse decenni.
Non siamo completamente digiuni di open data, come dimostrano gli ottimi esempi di Openpolis.it e Wikiitalia.it: quello che manca è una loro metabolizzazione culturale e politica ad un livello più ampio. Entrare nel mondo di Oltre Wikileaks è il primo passo necessario.
Link esterni di approfondimento:
- Introduzione dell’autore in .pdf, dal sito della casa editrice Egea.
- Intervista di Bernardo Parrella, traduttore del libro e nostro autore, a Sifry da La Stampa.
- Un articolo critico di Carlo Formenti da MicroMega, nel quale sostiene che l’Open Data faccia parte dell’onda reazionaria per la normalizzazione di Internet. Non sono d’accordo, ma vale sempre la pena di leggere Formenti su questi temi.