Speciale

Per negare ci vuole tempo

4 Dicembre 2022

“La madre non è”, dice l’analizzante.
“Allora è la madre”, corregge Freud nel saggio del 1925 sulla Negazione.

Negare presuppone affermare. Non è una bizzarria psicanalitica; non è il contrario del bastian contrario; è una profonda verità logica, sfruttata ai loro fini anche dai filosofi idealisti. Qui però non si fa filosofia. Non si fa neppure psicanalisi. Non si presuppone la rimozione di ciò che si nega. Si fa logica; si transita dalla logica classica alla logica intuizionista, dove non vale il principio del terzo escluso; non vale che o si afferma o si nega. La logica intuizionista è cartesiana: opera con il dubbio; ammette la terza possibilità che qui e ora non si sappia dire o il falso o il vero, cioè né la verità di A né la verità di non A, per cui si rimanda al dopo. È una logica a posteriori, non poco empirica, l’intuizionista.

L’esordio intuizionista è classico. In logica classica negare A significa affermare non A. Il fatto interessante è che “La madre non è” implica che “è la madre”. Ora si dimostra facilmente che l’enunciato non A implica A ha gli stessi valori di verità dell’enunciato A, che è vero solo se la suddetta implicazione è vera e falso solo se è falsa. “La madre non è implica che è la madre” equivale a “è la madre”.

L’intuizionismo parte da qui e sospende la verità di A vel non A. La sospende qui e ora e la rimanda al prossimo stato epistemico dove forse si può dire se o vale A o vale non A. Dicendo “è la madre”, Freud non fa altro che porsi in uno stato epistemico successivo a quello del suo analizzante. Ne ha il diritto. La teoria freudiana dell’inconscio si riduce a questo assioma: esiste un sapere che il soggetto non sa di sapere ma che verrà a sapere nachträglich, a posteriori, in un tempo successivo rispetto all’enunciazione attuale, magari grazie all’aiuto di un analista.

Chi comprese la natura della semantica intuizionista, o psicanalitica, fu Kripke. La sua semantica è ordinale, cioè riflessiva e transitiva. Lì la negazione di A è vera, se in tutti gli stati epistemici futuri, eventualmente infiniti, accessibili dallo stato attuale dell’enunciazione, non ce n’è uno in cui A sia vera. La negazione intuizionista è un operatore universale: non vale solo qui e ora; bisogna aspettare che si ripeta almeno tre volte, come il rinnegamento di Gesù dell’apostolo Pietro. Lo dimostra il teorema di Brouwer, inventore della logica intuizionista: negare A equivale a negare A tre volte.

Freud non conobbe l’intuizionismo – la proposta di Brouwer è del 1908 – e si arrabattava con le sue categorie di espulsione e rimozione. Negare per Freud voleva dire espellere (Ausstossung) la rappresentazione sgradita dall’apparato psichico. Noi preferiamo Brouwer; è più conseguenziale e meno antropomorfo; non presuppone un piccolo uomo dentro l’uomo, nella seconda topica addirittura tre omuncoli: Io, Es e Super-Io. In particolare, la logica intuizionista postula infiniti valori di verità o stati epistemici. Lo dimostrò Gödel nel 1933. Ma rimandiamo il discorso sull’oggetto infinito a un’altra occasione. Per ora ci basta dire che per negare ci vuole tempo epistemico.

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