Speciale Ai Weiwei | Continue sorprese
La maggior parte delle volte in cui ci viene voglia di discutere o comprendere la verità di qualcosa, l’intuizione ci dice che non è possibile. Ciò rappresenta un costante motivo di lamentela per la nostra gente.
Eludere ciò che tocca gli elementi e le contraddizioni fondamentali che definiscono la situazione presente, o allontanarsi dalle proprie responsabilità, sono atti che tornano a esclusivo vantaggio di quelli che comandano. E tuttavia tutto questo è irragionevole, perché solo dopo che la verità di una situazione è stata completamente rivelata possono emergere spontaneamente soluzioni efficaci. Similmente, solo quando il corso naturale degli eventi diventa insopportabile, i fatti reali iniziano a essere nascosti. Da molto tempo ormai gli avvenimenti che circondano ogni evento importante sono occultati o distorti; è impossibile mostrare al pubblico la nuda verità.
In tutto questo si intravede la solita debolezza e mancanza di fiducia in se stessi, nonché un processo quasi meccanico di autodifesa e prudenza. Il risultato è un pubblico che diffida del potere e nutre il sospetto che un potere legittimo non possa esistere. Oggi la democrazia e la giustizia non sono più soltanto semplici ideali politici, e nel corso di tutta la lotta dell’umanità per l’esistenza esse hanno dimostrato di costituire una pratica efficace a favore del progresso collettivo. Ricorrere a mille scuse per posporre o ritardare il corso della democrazia, o per impedire l’emergere di una società civile, significa giocare d’azzardo con un intero popolo e un’intera nazione – e tutto per il vantaggio temporaneo di una piccola minoranza. È molto facile capire perché.
Una società civile ideale si opporrebbe ed eliminerebbe la volontà del potere centralizzato e cercherebbe di limitare e frammentare le strutture di potere. In Cina, la debolezza dei diritti politici si riflette nel fatto che associazioni, sindacati, organizzazioni religiose non contano niente. Senza un bilanciamento o una restrizione delle strutture di potere, senza voci dissidenti, non resta che il ritorno all’era sovietica, e quindi all’impotenza e alla corruzione assolute. I diritti civili sono cancellati e una cultura di ideali è crollata, con il risultato che quando la Cina viene messa a confronto con altre nazioni non si vedono più quel coraggio, quel senso di responsabilità, quegli ideali e quel sentimento di identità che una così grande nazione dovrebbe mostrare.
Solo quando la dignità personale è coerente con i valori e con ciò che è davvero importante per l’uomo, si possono riconoscere sentimenti rispettabili o disonorevoli come il “patriottismo”. Ciò implica un certo grado di difficoltà. Non esistono in questo mondo interessi del tutto indipendenti, e poiché nessuna parte dell’umanità può esistere in completo isolamento, la condizione dell’individuo è inestricabilmente connessa ai valori degli altri. Il patriottismo ottuso è figlio della miopia e della vergogna; alla sua base c’è un difetto di comprensione. I concetti di nazione, popolo e governanti non devono essere confusi. Confonderli significherebbe inquinare l’onore del paese, contraffare e tradire i diritti e la volontà pubblica.
Quando le critiche del mondo esterno toccano punti dolenti, si dice che “i sentimenti del popolo cinese sono stati feriti”. Sia in termini logici che agli effetti pratici questa frase suona infantile e fa apparire i cosiddetti “cinesi” ancor più simili a donnette offese. Un sistema sociale disperatamente in declino, diritti civili calpestati, un ecosistema in pericolo, un sistema educativo arretrato, l’impotenza corrotta dei funzionari… niente in questo mondo potrebbe essere più grande, più grave o più offensivo per i sentimenti del popolo cinese, se a qualcuno importasse davvero, se i cinesi avessero veramente ancora dei sentimenti.
Alla fine, a causa della propria debolezza culturale, delle opinioni divergenti, e dell’opacità dell’informazione, questa società si ritroverà in una posizione terribilmente imbarazzante. La mancanza di trasparenza, di un’opinione pubblica che controlli ciò che accade, la carenza di canali pubblici di comunicazione e osservazione razionale, apriranno la strada a politiche abnormi e contorte e costeranno alla nazione e al popolo un prezzo difficile da stimare.
Qualsiasi sistema può sbagliare, in potenza. Quando un sistema conosce solo l’errore, e ogni risposta che dà ai problemi è un’aberrazione, non dovrebbero forse essere tutti consapevoli del proprio rapporto con la realtà, dell’accuratezza dei fatti, della razionalità del linguaggio e dell’efficacia delle politiche? Indipendentemente dal fatto che questi problemi siano nazionali o internazionali, se non vengono risolti si troveranno sempre dalla parte opposta rispetto a ciò che è giusto. In mancanza di un articolato schema di valori, il sistema non ha modo di reagire ai reali cambiamenti o alla collisione con schemi diversi. Finisce per distorcere tutte le richieste di valore che si trovano in ciascuna nuova possibilità.
Anche la critica favorisce il progresso della società e contribuisce a creare un sistema trasparente e imparziale. Agli antipodi di tutto ciò ci sono media come CCTV, un portavoce che distorce i fatti e il cui metodo fraudolento di orientare l’opinione pubblica lo rende un megafono di dottrina politica e non un mezzo di comunicazione adatto alle necessità di una società moderna. Questi media hanno un potere minaccioso, ci portano con l’inganno a credere che la società stia progredendo, quando sono evidentemente responsabili di offuscare la trasparenza dell’informazione. La storia lo dimostrerà chiaramente. Quando queste persone prendono di mira le “false dichiarazioni” di un altro paese o di un personaggio straniero, sia che provengano dal governo in esilio del Dalai Lama o dagli imperialisti stranieri, fanno ricorso ai mezzi più subdoli per cercare di nascondere le parti più spiacevoli delle dichiarazioni originali, il significato vero e profondo di quelle critiche.
In una società che elude le proprie contraddizioni e non sa difendere se stessa in modo plausibile, non è permesso alcun tema pubblico, neanche la discussione più elementare, e le risposte spariscono inevitabilmente in un grande buco nero. Il costo di tutto ciò è la perdita della più basilare fiducia e responsabilità dei cittadini, l’espansione incontrollata di sistemi potenti e corrotti e l’irresponsabile ritardo del progresso del popolo e della nazione.
Quando i diritti e la volontà dei cittadini sono a tal punto limitati, qualunque espressione di quei diritti finirà per essere vista come una minaccia al potere o il risultato di deprecabili fattori sociali. Un sistema di potere che da tempo non conosce restrizioni e la cui legittimità non viene mai sottoposta a esame critico ha condotto a politiche e condizioni preoccupanti, eliminando ogni alternativa. Di conseguenza il governo o non agisce o, quando agisce, sbaglia. Quanto a lungo può ancora durare questa struttura di potere? A trent’anni dall’inizio del processo di apertura e riforma e sessant’anni dopo la “Nuova Cina”, certe domande fondamentali circa la legittimità del potere e il suo uso appropriato vengono evitate o restano senza risposta. Riscoprire le possibilità e le esigenze dello sviluppo, riconoscere i valori comuni di oggi e cercare un nuovo sistema di civiltà spirituale costituisce l’unica via percorribile per ottenere rispetto e costruire un autentico discorso culturale. Quando il governo ammetterà di essere solo un semplice attore all’interno del più ampio dramma del progresso storico e sociale, comincerà ad apprezzare le critiche. Qualunque governo che respinga i diritti democratici e la volontà del popolo può essere solo descritto come criminale. Che un governo come questo possa perseverare, specialmente alla luce della velocità e della struttura dello sviluppo globale nel mondo d’oggi, è davvero motivo di sorpresa continua.
Scritto il 18 aprile 2008