Tweetflow

28 Febbraio 2013

Questo articolo è una prima rassegna di idee sul futuro del libro, nate dall’osservazione di alcuni esperimenti sull’uso di Twitter come piattaforma editoriale e strumento generatore di narrazioni. Come prima cosa è necessaria una considerazione: sia per Internet che per il libro si tratta di parole.
 

 

Rappresentare la scrittura

 


Lo scrivere è sempre stato, nella sua accezione più letterale e immediata, un disporre le parole una dopo l’altra, sebbene questo non sia sufficiente per spiegare il concetto in modo completo. Come funziona il processo che dalla costruzione della prima struttura di un pensiero porta alla scrittura di una riga di testo? Già da tempo ormai, dai primi passi mossi nell’era digitale, la scrittura è diventata qualcos’altro, forse per competere con quella che è stata battezzata come l’epoca dell'immagine.

Recentemente mi è capitato di dover scrivere – nel vero senso della parola ‘scrivere’ – un breve saggio, quindi con carta e penna, come facevo a scuola. In un primo momento ho pensato che fosse assurdo, ma mi sono stupita di come questa esperienza “vintage” sia stata in realtà un’occasione piuttosto insolita di fare caso a come la mia mente organizza i pensieri nella composizione di un testo scritto. Probabilmente nessuno di noi inizia la stesura di un testo mettendo una parola dopo l’altra, la prima azione è quasi sempre quella di buttare giù su carta (o su tastiera) delle note veloci, soprattutto parole, e intanto disegnare le connessioni tra i vari concetti, rappresentando sulla pagina lo schema che dà loro una struttura. Se facciamo qualche passo in avanti, saltando forse qualche passaggio, e iniziamo a considerare le parole come indici, come potrebbe essere concepito un libro in questa prospettiva? Partiamo quindi dalla parola, dalla parola “slegata”.
 

 

La parola e l’immagine

 


Su Internet tutte le nostre ricerche sono condotte attraverso le parole, e anche gli altri modi di organizzare, connettere e descriverne i contenuti sono operazioni semantiche – tag, hyperlink, metadata, ecc. Questo non esclude le immagini, che ugualmente siamo soliti descrivere con le parole, sia nel linguaggio informatico (il codice), sia in un senso più generale; mi riferisco alla testualità di un’immagine, che può essere intrinseca, quindi legata al contesto, o estrinseca, nel caso in cui sia esplicitamente legata a un testo. In entrambi i casi le parole possono cambiarne il senso. Siamo davvero nell'epoca dell'immagine?

Tornando al libro, abbiamo dunque una serie di parole ordinate in una linea di testo, che è sempre stata una linea – e uno scorrere di pagine, un procedere di numeri di paragrafi, capitoli ecc. – ma che adesso evidentemente non è più solo questo. E con ciò mi riferisco più allo spazio fisico del libro che alla sua dimensione temporale, la cui decostruzione non è di certo cosa nuova, se si pensa per esempio alla linea temporale di un romanzo o di un film. Adesso è molto comune e anche troppo facile dire che il libro è slegato, sconnesso, ma proprio per questo motivo dobbiamo trovare altri modi di ordinare le parole, perché è questo che ne determina il significato.
Che le parole abbiano preso in prestito qualcosa del meccanismo intuitivo che lega tra loro le immagini, le cui associazioni possono costruire intere teorie basate sul visivo?
 

 

Internet e le sue parole

 


Nel ripensare l’organizzazione del flusso della lettura e della scrittura e della rappresentazione di queste sul libro, un percorso efficace può essere osservare Internet e il modo in cui funziona. Siamo già abituati e anche particolarmente esperti nell’assimilare i contenuti fluidi della rete, perché dunque non fare lo stesso con i libri?
Può sembrare un approccio guidato da un eccessivo entusiasmo tecnologico e una forma rivisitata di DotCom mania, io credo che invece sia da considerare un modo forse più primitivo e immediato, più vicino a un possibile “grado zero”: usare Internet come una fonte di parole alla quale attingere.

Esperimenti nel riutilizzo dei contenuti di Internet mostrano bene come questo media sia velocemente mutevole e, appunto, interconnesso.
Guardiamo alle parole nel contesto di Twitter. Le #hashtag creano una sorta di “hot spot” dai quali nascono e crescono diverse connessioni. Si possono allora considerare queste tag esattamente come i vari elementi tematici di un libro e ciò è confermato dal fatto che il riferimento può funzionare anche nel verso contrario: per esempio, si può tracciare un intero libro attraverso delle tag che identifichino gli argomenti trattati, oppure far derivare da un libro un flusso di tweet, connessi tra loro. Si tratta semplicemente di tipo diverso di indice e per creare nuovi libri dobbiamo come prima cosa imparare a muoverci tra queste nuove forme di indicizzazione.
 

 

Twitter e una certa idea di libro

 


Esistono già diversi tipi di ricerca nel campo della sociologia applicata a Twitter e lo stesso è un efficace sistema di ricerca sociologica che avviene in tempo reale su dati e processi che variano continuamente. Per esempio si studia a quale universo di senso gli user scelgono spontaneamente di connettere un determinato argomento e spesso come ultimo step si conduce un’analisi incrociata di parole con l’obiettivo finale di visualizzare l’intero network del processo semantico.
Tutto questo è particolarmente rilevante anche nel campo degli studi sul testo, dal momento che si può facilmente notare come un flusso di tweet non sia poi così diverso da una certa idea di libro, più aperta, anche se forse riduttiva da un altro punto di vista. Starà a noi trovare i modi per sfruttarne in modo creativo le potenzialità – e questo è un appello a tutte le arti.
 

 

Esempi di Tweetbook

 


Durante le mie recenti ricerche ho trovato particolarmente interessanti alcuni progetti editoriali “twitterly-generated”.


U10 (Udieci) è una piccola e giovane casa editrice di Milano. Nell’ultimo anno hanno realizzato una serie di progetti editoriali chiamati Tweetbook, degli e-book che collezionano flussi di tweet su argomenti diversi e molto pop – come il festival di Sanremo, per esempio. Realizzato in in collaborazione con U10 doppiozero ha recentemente lanciato 00serialtw, il progetto di riscrittura su Twitter delle Fiabe Italiane ispirata a Calvino.
Michele Aquila e Valeria Di Rosa raccontano così il loro progetto: “L’abbiamo chiamato Tweetbook perché è costruito interamente con materiale che viene da Twitter. Dopo il successo del primo, a febbraio, abbiamo subito capito che il futuro non volevamo realizzare altri Tweetbook, ma piuttosto costruire uno strumento per farli. In collaborazione con Martina Facco e Manuele Sarfatti, rispettivamente graphic e web designer, abbiamo sviluppato un’applicazione web che è ancora in fase sperimentale. I contenuti del libro sono controllati da un codice che ne determina il comportamento. Su questo si carica il contenuto e automaticamente viene generato il libro. Il grafico ha realizzato il progetto editoriale e lo sviluppatore ha studiato come far sì che i contenuti vengano inseriti dagli utenti e visualizzati nel layout predefinito”.
E ancora: “La nostra applicazione potrebbe inoltre diventare uno strumento particolarmente adatto a seguire convegni e congressi, se si considera il fatto che scrivere un tweet è un’operazione di scrittura sintetica che funziona in tempo reale, un po’ come prendere appunti. Tuttavia crediamo che oltre a sviluppare l’applicazione bisognerà fornire un vero e proprio servizio editoriale che si occupi di realizzare questo tipo di pubblicazioni e che in futuro probabilmente la gran parte del lavoro da fare consisterà proprio in questo”.

D-Crit #platform nasce invece come un workshop estivo organizzato da Neil Donnely e Mimi Zeiger per il Design Criticism Department della SVA di New York. Agli studenti è stato chiesto di scegliere una piattaforma alternativa per i loro esercizi di scrittura creativa e critica del design. La piattaforma scelta è stata Twitter e #platform è stato successivamente sviluppato come un algoritmo per combinare in un’unica struttura quattro parametri tematici diversi, in aggiunta alla location e al fattore tempo. Dalle due settimane di esperienze condivise sono stati poi selezionati alcuni tweet tra i più di 1000 pubblicati online, per dare voce alla natura collettiva del progetto. Il risultato finale è stata una serie di volumi, generati in tempo reale, nei quali il carattere, lo sfondo e il colore della carta variano a seconda della diversa combinazione delle variabili.

 

 

Il futuro del libro


Infine, alcune ulteriori considerazioni sul “Twitter-book” che creano altrettante domande.
Il medium del libro deve essere trattato in modo più fluido; allora perché interrompere il flusso di parole costringendolo nel formato del libro (parallelepipedo, pagine, copertina, rilegatura ecc.)?


Dimitri Nieuwenhuizen, designer dello studio LUST design di The Hague che ho incontrato qualche settimana fa, mi ha mostrato degli esempi molto validi di esperimenti sul flusso delle parole di Twitter, realizzati con il team di LUSTlab. L’obiettivo sperimentale è stato provare a non chiudere il libro in uno spazio temporale, ma espanderlo oltre questa dimensione, dal momento che le parole che ne compongono il contenuto, le parole “tweettate”, cambiano continuamente nel tempo. Questo modo di ripensare il concetto di libro in modo totalmente diverso va ben oltre il formato ePUB/PDF dell’e-book così com’è attualmente. Dimitri ha inoltre tirato in ballo una delle questioni più problematiche relative all’editoria digitale, il fatto che l’e-book forse rappresenta solo un primo passo verso il “libro del futuro”: “Credo che l’e-book – che di fatto è una parola molto incompleta – sia stato inventato per costruire un ponte tra qualcosa a cui siamo ben abituati, tecnologie analogiche e carta, e tutti i nuovi strumenti che abbiamo adesso per fare le stesse cose in digitale. Per me l’e-book non è nient’altro che un prodotto di passaggio, come è stato il CD: qualcosa che abbiamo inventato e usato lungo il cammino che dalla musica analogica ci ha portato alla musica digitale, per il libro e per l'e-book è lo stesso”.

Per concludere: l’ormai tanto discusso e criticato libro digitale, oltre che fluido, deve essere visto come un contenitore aperto, quindi perché costringerlo nella fisicità di un oggetto?
Forse dovremmo guardare con più attenzione ai numerosi progetti di editoria collettiva sul web e non solo come modalità sperimentali di narrazione, ma soprattutto come uno stimolo a cercare nuove forme di visualizzazione dei contenuti.
Anche se non presenta le sembianze del libro così come siamo abituati a vederlo, maneggiarlo, concepirlo, Internet stesso è un “libro”. Quali sono i confini che definiscono il concetto di libro? Possono questi limiti avere ancora un senso? Come faremo ad avere un controllo del contenuto, ora che siamo andati già oltre ciò che abbiamo lentamente imparato a conoscere? Queste le domande.

È giunta davvero l’epoca per un rinnovato ruolo conoscitivo di arte e design che si giocherà tra tecnologia e creatività – come d’altronde è sempre stato, solo che da dopo il Rinascimento mai nessuno ci fa caso.

 

 

Una versione in inglese di questo articolo è apparsa sul blog del progetto Out of Ink dell’Institute of Network Cultures.

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TAGGED: Twitter , scrittura