Edicola Mundo. Conversazione con Francesc Ruiz
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Sono alcuni dei titoli delle copertine di giornali e riviste italiane esposti nell'Edicola Mundo di Francesc Ruiz al Padiglione della Spagna alla Biennale di Venezia 2015. Da subito il lavoro di Ruiz mi sembra importante. A seconda della distanza con cui lo guardo mutano i linguaggi e i messaggi. Da lontano si vedono due edicole di cui una, per soli maggiorenni, coperta da una tenda. Avvicinandosi a quella aperta, l'occhio è colpito dalle locandine e si percepisce una strana onnipresenza di cruciverba. Più da vicino si riconoscono le testate di sempre (l'Espresso, il Corriere della Sera, Grazia tra le altre) ma, come in un sogno, si capisce che non sono veramente loro.
L'edicola è una struttura familiare, uno spazio protetto nel mezzo della strada che in origine, ai tempi dell'architettura ellenistica e poi romana, era un tempietto votivo e in seguito una nicchia celebrativa. Ruiz è legato all'edicola per il modo in cui viene vissuta nella cultura catalana, dove è al centro di una comunità di lettori legati da un vincolo di prossimità. Nel caso di Edicola Mundo, un progetto a cui l’autore lavora da anni, la riempie di periodici fittizi, nei quali combina i temi centrali del suo lavoro: la poetica del fumetto, la dissacrazione, la rappresentazione del mondo omosessuale, il diritto di critica. Utilizza la sostituzione, il collage, la parodia e tutti gli strumenti di ribaltamento concettuale che ha a disposizione. Le edicole, piene di riviste e fumetti immaginari e mai pubblicati, realizzano uno spostamento sul piano dei significati. Da subito rimango affascinata dall'ambiguità del suo lavoro sulla cultura pop e dal suo sguardo sull'Italia, canzonata con cuore affettuoso. Edicola Mundo è del resto un progetto in itinere già realizzato a Barcellona, Philadelphia, il Cairo e in Corsica. In ogni luogo in cui viene chiamato osserva le edicole e le trasforma in modo che siano accoglienti per esprimere i temi che gli sono cari.
Francesc Ruiz (1971) ha cominciato disegnando fumetti d'avanguardia in Spagna. La sua prima formazione avviene grazie alla rivista “El Víbora” (su cui, negli anni '80, ha pubblicato anche Andrea Pazienza) e a “Makoki”, che consentiva di parlare di temi sessuali. Gli ho fatto qualche domanda sul suo lavoro e partendo dalla “Settimana Enigmistica” siamo arrivati a parlare di libertà di espressione, della situazione dell'editoria satirica in Spagna e del rapporto tra artista e istituzioni nel sistema dell'arte.
Molto del tuo lavoro riguarda le copertine dei giornali; che cosa vedi in queste copertine?
L'idea alla base di Edicola Mundo è che i personaggi delle copertine di ogni edicola sono una specie di comunità. Attraverso i balloon (le nuvolette, tipiche dei fumetti, che contengono le frasi dei vari personaggi) li faccio parlare tra loro. Infatti, quello che fanno i giornali è creare una soggettività, ti dicono che la vita è in un certo modo. Ogni giornale sostanzialmente ti dice com'è la vita attraverso una serie di rappresentazioni. Le notizie si succedono continuamente e ogni giorno una notizia sostituisce la precedente. In questo senso l'edicola, che contiene tutti i giornali, potrebbe essere vista come un concentrato di com'è la vita. Con Edicola Mundo voglio mostrare che la vita non è così.
Come hai sviluppato l'idea di Edicola Mundo per il tuo intervento in Biennale?
Sfogliando i giornali italiani sono rimasto colpito dalla Settimana Enigmistica. Ho capito che per me la Settimana Enigmistica è il giornale che più di ogni altro rappresenta l'Italia. Mi piace moltissimo: è una pubblicazione indipendente, senza pubblicità, con i rebus e tutta una serie di giochi ed enigmi con le immagini che non esistono nelle riviste di enigmistica in Spagna. Mi ha sempre colpito che negli aeroporti in giro per il mondo trovi sempre la Settimana Enigmistica. Mi piace molto anche il nome e il fatto che si riferisce a un'attività che fa bene al cervello. A Venezia sono stato ispirato da un'edicola in via Garibaldi e ho comprato tutti i giornali e le riviste dell'edicola in un unico giorno, scelto a caso. Per prima cosa ho cambiato il font e la tipografia di tutti i giornali e l'ho sostituita con un font molto simile a quello della Settimana Enigmistica, realizzato con l'aiuto di un designer che si occupa di tipografia. Ho inserito anche altri elementi grafici, per creare un'eco continua della Settimana Enigmistica in tutti i giornali. A quel punto ho messo i balloon. Tutti i testi sono ripresi dai giornali originali. Ho usato frasi che ho selezionato senza creare alcun nuovo testo. È venuta fuori un'unica rivista che contiene soltanto copertine; per me lavorare sulle copertine significa lavorare sull'essenza dell'informazione, che è semplice pelle. Le copertine nell'edicola creano una specie di pelle dell'informazione ma alla fine è tutto lì: l'informazione è semplice pelle.
La seconda edicola, quella vietata ai minori, in che modo si affianca all'edicola enigmistica?
Molta della mia ricerca riguarda i fumetti. Sto facendo una ricerca sulle pubblicazioni dell'editore italiano Rolando del Fico. Per anni ha pubblicato giornali porno in tutta Europa, con una parte dedicata al mondo gay fin dagli anni '70. Questi fumetti erano diffusissimi in tutto il mondo con numerose testate ma è una storia di editoria sommersa. Negli anni '80 i fumetti porno di Rolando del Fico a sfondo gay sono diventati piuttosto violenti. M'interessa che queste pubblicazioni siano ricordate e abbiano una collocazione nella storia del fumetto. La figura di Rolando del Fico è molto significativa in tutto questo: era un uomo d'affari che voleva soltanto vendere; era anche l'editore della rivista Il Paninaro.
Se ogni edicola è un mondo a sé stante, com'è stato fare Edicola Mundo al Cairo?
È stata un'esperienza interessante. Stavo facendo una residenza al Contemporary Image Collective prima della primavera araba. L'atmosfera di fermento era già nell'aria. La mia idea per Edicola Mundo era mettere i balloon alle immagini di Mubarak e degli altri politici per farli parlare tra loro. Mi hanno fermato subito dicendomi che non era possibile. Mi hanno anche messo in guardia, dicendomi di stare attento perché mi trovavo in una dittatura. Ho capito che mi sarei dovuto ingegnare in qualche modo così ho preso spunto dal fatto che nelle edicole egiziane i giornali sono impilati e in cima a ogni pila si mette una pietra. Quindi ho riprodotto graficamente i giornali con delle pietre sopra e ho fatto parlare tra di loro le pietre. Il testo era giocato sulle metafore, con riferimenti alla tranquilla vita delle pietre nella loro comunità (“chissà quando mi muoverò da questa pila”, “la tua è la pila migliore”). Quando ho portato i layout in tipografia per stampare i giornali veri e propri mi hanno detto che era impossibile. La tipografia era a gestione statale e si rifiutava di stampare. A quel punto, visto che a quei tempi il livello di corruzione in Egitto era molto alto, abbiamo invitato il capo della tipografia al bar e gli abbiamo passato dei soldi sotto il tavolo. Così siamo andati in stampa.
Consideri il tuo lavoro in qualche modo satirico?
Nel mio modo di affrontare la realtà c'è certamente dello humour. Mi piace provocare e creare un effetto di straniamento quindi certamente c'è un elemento satirico. Quello che faccio non è altro che un détournement situazionista: mischio vari linguaggi per creare qualcosa di nuovo.
Per la satira italiana non è un gran momento. In Spagna invece si pubblicano anche nuovi giornali come Mongolia. Cosa ne pensi?
Mongolia è spettacolare! È un giornale ispirato alla rivista satirica argentina che si intitola Barcellona, fondata ai tempi in cui tutti gli argentini si trasferivano a Barcellona pensando che fosse la terra promessa. Mongolia http://www.revistamongolia.com/ è una parodia di Barcellona e prende in giro giro gli spagnoli in fuga. Dietro a Mongolia c'è un grande gruppo editoriale. In Spagna c'è sempre El Jueves, anche se, dopo un caso di censura su una certa rappresentazione del re, metà della redazione se n'è andata e ha fondato un altro giornale. C'è anche molta satira su internet, in particolare El Mundo Today è un giornale online di satira molto intelligente e stupida allo stesso tempo.
Com'è avvenuta la selezione del tuo lavoro per la Biennale? Che sostegno hai ricevuto per realizzarlo?
Il processo di selezione per la Biennale è stato gestito da due agenzie governative: AECID, un'agenzia del Ministero degli Esteri spagnolo e AC/E, l'agenzia omologa del Ministero della Cultura. Sono stati scelti tre curatori da un comitato apposito. Ognuno dei tre curatori ha presentato un progetto per il padiglione spagnolo. Il progetto finale è stato scelto da un altro comitato giudicante composto da figure di estrazione diversa. Ha vinto Marti Manen che ha proposto una riflessione su Salvador Dalí come precursore dell'utilizzo dei media da parte dell'artista per costruire il suo personaggio pubblico e per vendere, in un certo senso. A me non piace questo meccanismo ormai diffuso in tutto il mondo dell'arte, si pensi a Jeff Koons, ma riconosco che Salvador Dalí ne è stato un precursore.