Storie di radio all’ADI Museum

23 Settembre 2024

A Sasso Marconi incontrammo una ragazza
che viveva sdraiata sull'orlo di una piazza.

Ogni volta che ascolto questa strofa della canzone di Antonello Venditti e ogni volta che mi fermo all'area di sosta autostradale di Sasso Marconi, non posso fare a meno di pensare a colui dal quale quel toponimo ha mutuato il nome, a Guglielmo Marconi, premio Nobel per la Fisica, che proprio a due passi da quella stazione di servizio, nella residenza estiva della sua famiglia (oggi sede del museo dedicato alla sua attività) ha inventato la radio.

Il 2024 è l'anno del centocinquantesimo anniversario della nascita dello scienziato, ma è anche quello in cui cade il centenario della prima trasmissione radiofonica italiana, andata in onda esattamente alle ore 21 del 6 ottobre 1924.

Da fedele ascoltatrice della radio e da estimatrice degli oggetti di design, ho sempre avuto una predilezione per gli apparecchi radiofonici, alcuni dei quali sono autentici capolavori, vere icone della modernità, che hanno concorso a definirne l’estetica.

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Le Corbusier, radio RA248a per Radiola, 1958; Dieter Rams, radio-fonografo portatile a transistor TP1 per Philips, 1959.

Come non annoverare fra di essi la RA248a, disegnata nientemeno che da Le Corbusier per Radiola (ossia Philips) in occasione dell’Esposizione universale di Bruxelles del 1958? Venne presentata in quel gioiello dell’architettura moderna, piccola Ronchamp della tecnologia, che fu il Padiglione Philips, progettato dal maestro del razionalismo con la collaborazione del greco Jannis Xenakis.

E che dire dei numerosi apparecchi riproduttori del suono disegnati da Dieter Rams per Braun, che dal 1961 al 1995 fu direttore del dipartimento di design di quell’azienda? Tra di essi c’è la piccolissima radio-fonografo portatile a transistor TP1 del 1959. Rams, parafrasando il Less is more miesiano, coniò il motto Weninger, aber besser (meno ma meglio), secondo lui “un buon progetto deve essere innovativo, discreto, comprensibile, onesto, deve rispettare l’ambiente, essere duraturo e coerente.” (Vercelli)

E come non menzionare la radio Cubo, progettata nel 1962 da Marco Zanuso e Richard Sapper per Brionvega? Icona intramontabile del design non solamente italiano, è subito diventata un oggetto di culto, così ricercata dai collezionisti, da indurre l’azienda produttrice a rimetterla in commercio negli anni duemila, con il medesimo look ma con una rinnovata tecnologia.

Sempre del medesimo brand, c’è poi il Radiofonografo RR126 disegnato nel 1965 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Anch’esso è un must del Good Design italiano, e anch’esso vanta un così nutrito stuolo di estimatori, da aver indotto Brionvega a riproporlo, rispettandone il design e, come già per la Cubo, aggiornandone le componenti tecnologiche.

Un esemplare di entrambi i pezzi è esposto al Triennale Design Museum e un altro è al MoMA.

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Per Brionvega, a sinistra: Marco Zanuso e Richard Sapper, radio Cubo, 1962: a destra: Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Radiofonografo RR126, 1965.

Questi ed altri capolavori si possono ora ammirare riuniti all’ADI Design Museum che ha voluto celebrare gli anniversari di Marconi e della prima trasmissione radiofonica con una mostra che presenta al pubblico cinquanta modelli di apparecchi radio in sequenza storica. Il curatore della rassegna, intitolata Radio Design, L’evoluzione estetica degli apparecchi radiofonici, è Davide Vercelli, proprietario anche di tutti i pezzi esposti.

“In mostra ci sono alcune delle radio che ho raccolto negli anni”, ha dichiarato “dopo lunghe ricerche preliminari e avventurosi viaggi di recupero nei quali oggi coinvolgo anche la mia compagna. E sono state tutte smontate, aggiustate e rese funzionanti. La radio è un oggetto che mi ha sempre affascinato, così apparentemente semplice ma che, per la forma, i materiali e le soluzioni tecnologiche, racchiude un'incredibile complessità di temi, anche economici, estetici e culturali. Da progettista, smontandola entro in connessione con chi l'ha pensata e posso cogliere dettagli, ripensamenti e minuscole innovazioni”. 

Il percorso della mostra si snoda in nove sezioni: Braun; Brionvega; Ducati; Outsider; Domus (il concorso); Le Bacheliti; La radio popolare; A celebrazione of design; Geometrie, in ciascuna delle quali si possono ammirare pezzi autentici che le illustrano, tutti facenti parte dei più di mille della collezione di Vercelli.

Ovviamente, in Italia, il primo ad occuparsi della forma delle radio fu Gio Ponti che, insorto contro i ‘mobili radio’ imponenti e ingombranti che scimmiottavano gli stili ‘Queen Anne, gotico, Tudor’ (son parole sue), in auge da noi al primo diffondersi dello strumento radiofonico, nel gennaio del 1933 dalle pagine della sua rivista Domus, lanciò un concorso, bandito dalla Società Nazionale del Grammofono (La Voce del Padrone), sotto l’egida della Triennale, per un radiogrammofono moderno. 

Sui 151 apparecchi che parteciparono, vinse quello degli architetti milanesi Luigi Figini e Gino Pollini con un progetto di “signorile eleganza e perfetta coscienza tecnica e costruttiva” (è il giudizio della giuria, presieduta dallo stesso Ponti). 

Questa radio, che fu chiamata Domus, era caratterizzata da una estrema semplicità formale, sebbene il parallelepipedo della cassa fosse realizzato in preziosissimo ebano macassar o in noce del Caucaso lucidati a spirito (opera dei leggendari falegnami brianzoli Marelli e Fossati) contrappuntato dall’austero tubolare metallico cromato delle gambe slanciate.

Così lo ha commentato Gio Ponti sul nr. 66 di Domus:

“Nel campo degli apparecchi radio questo ci dà infine la consolazione di essere un ’apparecchio radio’ e non un brutto vecchio comò, un brutto vecchio comodino, un brutto vecchio stipetto con dentro, mal nascosta, la radio! 

[…] Quando si sente la radio si deve individuare l’aspetto dell’apparecchio dove nasce il suono, non si deve indovinare se questa ultramoderna cosa sia nascosta e acquattata in un canterano rinascimento, in un credenzone gotico, in un comò Queen Anne o in una libreria Tudor”.

Di questo modello furono prodotti soltanto 200 esemplari, perché costosissimo. Ma presto ne seguì un modello più economico, da tavolo, l’allora divenuto famoso modello Eridania. (Il primo costava Lire 4.500, il secondo Lire 1.500, cui fece seguito Eridania II a Lire 1.100. Una ricerca del 2014 ha valutato che il potere di acquisto di 1.000 Lire nel 1939 era pari a € 871).

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Luigi Figini, Gino Pollini per La Voce del Padrone. A sx: radio modello Domus, 1933. A dx: radio modello Eridania II.

Da allora, grazie alla strenua campagna didattica del maestro milanese per diffondere l’idea della bellezza della modernità, alla bravura dei designer e alla lungimiranza delle aziende produttrici, le radio italiane si sono distinte per la loro eleganza, per la loro originalità formale e per la loro precisione tecnica, conquistando il consenso del pubblico e il giudizio favorevole della critica internazionale e molte di esse si possono ammirare nella mostra all’ADI.

Tra le pioniere, per innovazione tecnologica e creatività progettuale si annoverano senza ombra di dubbio la Radio di Cristallo e la radio Phonola 547.

La Radio di Cristallo è stata realizzata da Franco Albini “in un modello-prototipo nel 1938 per la sua casa, riassemblando una radio in legno avuta come dono di nozze e tenendone a vista le componenti elettriche comprese tra due lastre in vetro temperato, come si può leggere sul sito di Cassina che l’ha messa in produzione nel 2021, partendo da un modello presentato dal maestro al concorso per mobili moderni indetto dall'azienda svizzera Wohnbedarf a Zurigo nel 1940.

Inizialmente denominata Castiglioni, la radio Phonola 547 progettata da Luigi Caccia Dominioni, Livio e Pier Giacomo Castiglioni nel 1940 fu presentata alla VII Triennale in un padiglione allestito dagli stessi tre designer e si aggiudicò la medaglia d’oro. Realizzata in bachelite, per la prima volta furono utilizzati colori molto accesi e addirittura sgargianti, come il blu di Prussia, il rosso Ferrari e il verde mela, che ne hanno fatto un unicum nel panorama della produzione degli apparecchi radio di allora, anche grazie alla forma insolita (che ricorda quella dei telefoni ma con megafono diffusore del suono al posto della cornetta) e alla maneggevolezza (portatile, dotata addirittura di valigetta, in due versioni, in tela e rigida). A rendere inoltre possibili le sue ridotte dimensioni fu una nuova tecnologia, messa a punto dalla FIMI Phonola di Saronno che aveva rimpicciolito la dimensione delle valvole. Un esemplare di questa radio è esposto in permanenza al Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci di Milano.

La Castiglioni ha conosciuto fin da subito un grande successo di pubblico, tanto da indurre Phonola a produrla in diversi modelli, con lievi varianti sul tema formale, supervisionati sempre dai tre architetti.

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Radio di Cristallo, realizzata da Franco Albini nel 1938; vari modelli della radio Phonola detta Castiglioni, progetto di Luigi Caccia Dominioni, Livio e Pier Giacomo Castiglioni, 1940 e segg.

Anche se il suo aspetto non è supermoderno, non posso non ricordare la radio della mia infanzia e soprattutto della mia adolescenza: la Supergioiello 195, disegnata da Piero Bottoni per CGE nel 1951. Ricordo ancora il tavolino su cui poggiava, entrando in cucina stava a destra della porta. Proprio davanti a lei mi sedevo ad ascoltare Bandiera Gialla, alle 17 e 40 dei pomeriggi di tutti i sabati. La sua forma classica era rassicurante, sapeva di casa: era casa, nel senso anche architettonico, non solamente domestico, ma questa virtù delle opere del maestro Bottoni l’avrei capita dopo. E, come tutti i suoi progetti era molto raffinata e al contempo funzionale, senza che nessuno di questi attributi fosse esibito. Se ne stava lì, nel suo silenzio discreto, pronta ad emettere i suoni agognati. Sebbene non sia presente nella mostra milanese un esemplare è esposto al MILS (Museo delle Industrie e del Lavoro Saronnese).

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Locandina pubblicitaria delle radio Ducati, 1946; Piero Bottoni, radio Supergioiello 195, per CGE, 1951.

Una delle curiosità della rassegna milanese consiste nel far scoprire al grande pubblico come la Ducati, tra le più prestigiose industrie italiane di motociclette, abbia in realtà, esordito come produttrice di radio, con il nome di Società Scientifica Radio Brevetti Ducati. Così si legge sul sito del brand: “Nel primo ‘900 a Bologna c'è un gran fermento sul settore elettronico. Guglielmo Marconi è osannato in tutto il mondo per l'invenzione della radiotelegrafia.

Così Ducati proprio dalla radio inizia la sua epopea. Adriano Cavalieri Ducati brevetta un trasmettitore a onde corte, con cui riesce a collegarsi con gli Stati Uniti. Insieme ai fratelli Bruno e Marcello, il 4 luglio 1926, costituisce la Società Scientifica Radio Brevetti Ducati. L'azienda produce il piccolo condensatore Manens, assemblato in un alloggio con due operai e una segretaria.

Il successo è strepitoso: in 10 anni Ducati dà lavoro a migliaia di operai e inaugura un grande stabilimento a Borgo Panigale.” 

Sarà solamente nel dopoguerra che, abbandonata pian piano la produzione radiofonica, la Ducati si affermerà nel settore motoristico, diventando quel prestigioso brand conosciuto in tutto il mondo.

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Da sinistra: radio Toot-a-Loop R-72, prodotta da Panasonic nei primi anni '70; Keith Haring, Pop-Shop Radio, 1985; Philippe Starck per Thomson, radio La La La, 1995.

Tra i 50 apparecchi radiofonici esposti, ve ne sono alcuni davvero divertenti, come la Toot-a-Loop R-72, prodotta da Panasonic nei primi anni '70 che poteva anche essere avvolta attorno al polso a mo’ di braccialetto; la Pop-Shop Radio, disegnata da Keith Haring nel 1985; la radio La La La, progettata da Philippe Starck nel 1995 per Thomson, ed altre ancora.

Questa rassegna espositiva dedicata al design delle radio, dopo Milano, dove è visitabile fino al 27 settembre, dal 4 ottobre si trasferirà nella bolognese San Lazzaro di Sovena, presso la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli, dove resterà aperta fino al 31 di quel mese.

Evviva la radio!

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