Camminando. Ci siamo persi, ci siamo ritrovati

16 Maggio 2015

22 aprile 2014. Portree e Storr. Dall’alba allo zenit.

 

Walking, is made of dawn. L’avvicinamento a Erisco ruota intorno alla grande montagna che domina il Trotternish Ridge. Sarebbe delittuoso trascurare il laboratorio Storr, il Grande in lingua vichinga. Segni di cultura Norse ovunque parlano nel vento, in questa distesa nordorientale sull’Isola del Cielo. È il forte ricordo di dodici anni fa che risveglia in me la domanda – perché tralasciai lo Storr e il Quiraing? I resti di un’era glaciale sono nella flora; i resti di quel popolo sono nei paesaggi, custodi di una storia ancora fitta di misteri. Nonostante le differenze di latitudine, si respira Norvegia, si respira Islanda. Qui siamo in Caledonia.

 

Se hai viaggiato in questi tre punti cardinali dell’antico mondo e l’animo è pronto, l’occhio agile, il piede sveglio, non puoi evitare di agire secondo l’istinto che ci ha detto di cambiare piano. I due complici sono qui con me – ci siamo avviati in tre su quattro ruote con la Grande P, come in un viaggio di fine secolo ventesimo, sino a questa latitudine. L’alba ci è stata vicina e durante l’avvicinamento abbiamo confidato sull’idea di dipingere ritratti del territorio – Loch Fada e Loch Leathan sono acqua che riflette desiderio, crinale che nasconde l’oceano e l’isola Raasay, contorni da sfiorare. Vorremmo camminare su queste acque, librarci sui pendii, sorvolare il Trotternish Ridge. Vorremmo. Ma ora è fondamentale concentrarsi, penetrare il vento e la luce che attendono il sentiero fatto d’alba. Appare sempre più evidente che il movimento dovrà leggere il punto cardinale di giornata, dove terre emerse e acque vaste si danno appuntamento nel grembo del tempo che regola la loro relazione.

 

Tianavaig è stata la prova generale, un tuffo nel sole e nel tempo. Abbiamo verificato come l’acqua dolce lavora nel sottosuolo, facendo del terreno spugnoso un cammino simile a quello della neve marcia di fine inverno. La proposta dell’Isola del Cielo è affascinante. E abbiamo tutte le intenzioni di accettare l’invito senza riserve. Nonostante la superficialità del mondo connesso, il potere è nostro. Siamo utenti temporaneamente non disponibili. Marinai delle terre emerse.

 

 

 

22 aprile 2014. Loch Mealt, Staffin. Dallo Zenit a Rubha Hunish.

 

Una favolosa mattina di primavera a 57° di latitudine, danzando intorno allo Storr, sfidando le emozioni, con la Grande P facciamo rotta a nord; a Erisco, sbarcheremo sulla terra più alta della mia attesa. E poi, via, a piedi verso Rubha Hunish. Non un dovere di viaggiatori. Ma un dovere di amanti dell’avventura. È una giornata Norse, ma non per le suggestioni storiche, bensì grazie a quelle che la morfologia del territorio erutta. Lapilli di tempo che illuminano una via possibile, immaginata. La Terra che parla. L’uomo che ascolta.

 

La risalita all’Old Man of Storr e Needle Rock è iniziata dentro una fredda luce di nord. Old Man è famoso nel mondo, ma ciò non scalfisce la potenza del segnale che emette: un pinnacolo di quaranta metri svetta da un pendio sotto quella che fu una scogliera, ancora adagiata a poche centinaia di metri dal mare di oggi e separata dall’acqua da una striscia di conifere (priva di un senso reale: per questo il senso di straniamento è reale). Al passo del nostro ritmo profondo, abbiamo potuto silenziosamente separarci, restare connessi solo con gli sguardi e le solitudini dei pensieri. Ci siamo persi, ci siamo ritrovati. Nel vento, per il vento, con il vento, tra le nuvole dell’inquietudine.

 

Chiunque dovrebbe provare questa esperienza. Quando l’andare coincide a quello di persone che con te percorrono i fiumi dell’energia, il legame più intenso è determinato dalla presenza in un territorio dei corpi fisici che diventano ricettori e trasmittenti di particelle di luce, che simili a gocce di oceano riflesse dal cielo, uniscono i punti in attesa di farsi cammino. Oggi guardavamo da una distanza istintiva e atavica le nuvole che davano la forma a questo laboratorio naturale – ognuno con il proprio vedere; senza proferire parola, sapendo che l’altro stava scrivendo il suo sentiero in solitudine. Cinguettare connessioni è sfuggire al senso delle cose. Elaborare è scrivere una storia.

 

A un certo punto ho alzato gli occhi verso l’Old Man of Storr; ho fissato lo sguardo sull’occhio d’aquila del pinnacolo; lo sguardo dalla caverna diceva che ci sono santuari del tempo che non vanno violati. Quando ho visto apparire Klaus sotto il pinnacolo, Zen era alle mie spalle: ho volto lo sguardo, lui mi ha sorriso nell’istante in cui il solitario viandante del pinnacolo alzava la mano per salutarci. Il mondo si è mosso al tempo del sorriso e la nostra Terra ha fatto un giro completo. Abbiamo ripreso a muoverci per girare intorno allo Storr – nuotare l’aria densa e furiosa della Montagna Grande. Ci siamo incontrati su una traccia che sale verso una sella a nord. Osservando verso Staffin, il Quiraing e oltre, io sapevo cosa c’era. Rubha Hunish, oggi potremmo rivederci, ma non voglio dirlo ad alta voce.

 

Il piccolo Loch Scamadal, acqua alpina a 324 metri, si è esposto alla luce e ha indicato una lunga vallata selvaggia. E poi via, verso la propaggine Cam Liath, che ha rimbalzato gli occhi sulla Tote Forest e ancora oltre. Un’ora dopo avrei capito il disegno creato dal Lealt River, il fiume che nasce dove il Trottenish Ridge, sotto la cima di Hartaval, inizia la sua corsa verso il Quiraing, per planare sulla grande piana di Erisco e discendere verso Rubha Hunish. A est, il grande massiccio dello Storr, 719 metri, offriva il petto all’alba, ma al tramonto avrebbe donato la profondità della sua morbidezza verde. Non per caso il fiume nasce qui.

 

Poi, il vento. Abbiamo aggirato lo Storr, ma non il vento. Dimenticati di fregare il vento: è impossibile. Il vento abita qui, conosce bene il territorio perché lo domina. E per dimostrarlo, ci ha divisi in tre parti uguali. Ognuno si è trovato solo a dialogare con il cielo plumbeo e le sue raffiche potenti. Era impossibile capire da che parte tirava. Va così dove l’alchimia terrestre mescola il cielo. Poi dalla cima del Cam Liath, a 509 metri, ho potuto capire e abbracciare la vastità. Alle mie spalle vento. Davanti a me vento. Una semina spaventosa di folate e il silenzio assoluto della solitudine con il mare a est e il mare a ovest, là dove mi è parso di scorgere la baia di Uig, e Idrigill. Su, a nord, intanto, sapevo cosa ci attendeva e in quell’avvistamento, dal profondo di me è risalita una memoria più potente. Mi sono seduto sulla roccia e ho bevuto. Quel crinale era l’albero maestro del Pequod; vedevo Moby Dick oltre gli spruzzi bianchi di nuvole. Perché la sete di andare brucia i passi e ti conduce anche dove non ti aspetti – sul crinale tra ieri e domani.

 

 

Questo testo è tratto da Davide Sapienza, Camminando, Lubrina editore, Bergamo 2014, p. 120, € 12,00 e di prossima pubblicazione come e-book presso Feltrinelli, Milano 2015 ,€ 4,99

http://www.davidesapienza.net/

 

Grampians

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