Barcellona: se non ci lasciano sognare, non li lasceremo dormire

8 Giugno 2011

Sento un rumore di coperchi, pentole, piatti, cucchiai. Un rumore forte, viene dal balcone accanto al mio. È la mia vicina, 57 anni, e suo figlio di 28. Che fate? - chiedo - Una cacerolada, protestiamo. A plaza Catalunya c’è un’acampada, dei ragazzi accampati che protestano. Li chiamano los indignados, gli indignati. E contro cosa? Il governo, i tagli all’università, il 20% di lavoratori col sussidio statale? Sì, anche, ma soprattutto per farsi sentire, per una democrazia partecipativa, per imporre un cambiamento.

 

Sinceramente, non sono convinto.

Prendo la giacca e vado a vedere, plaza Catalunya dista appena 15 minuti da casa mia. La piazza è piena di tende, gente con le pentole in mano, striscioni pro-rivoluzione. Ci sono molti stand: cucina, infrastrutture, immigrazione, ambiente, lavoro, sanità. Mi impressiona la pulizia, la cura e l’organizzazione. E soprattutto l’invito a riciclare, a non sporcare, a non fare disordine, a non fare chiasso al di fuori della mezz’ora di cacerolada.

 

Incontro un amico, un tipo che viene a suonare alle jam session del locale dove vado il venerdì, e lui mi racconta che sono i ragazzi del movimento 15M, un movimento spontaneo di protesta nato a Madrid. Dal 15 Maggio un gruppo di persone dorme in piazza a Madrid e a Barcellona. E oggi che sono passati tre giorni la protesta si è allargata ad altre città della Spagna.

Sai la storia dell’Islanda? In Islanda, appena un anno fa, la gente è scesa in piazza, ha ottenuto le dimissioni del governo, un’assemblea costituente che modifica la costituzione, un referendum sulla gestione della crisi, l’arresto dei banchieri responsabili della crisi. Scendendo in piazza, semplicemente.

 

Giorno dopo giorno il movimento 15M si coordina e si rafforza, crea pagine Facebook e Twitter, e al grido di “Democracia real ya!” continua la cacerolada con cucchiai e pentole in piazza, con assemblee dove si radunano migliaia di persone. E non solo in Spagna, ma in tutti i paesi d’Europa. All’accusa di non avere idee concrete, la piazza di Madrid risponde con un documento di proposte per garantire un controllo degli investimenti pubblici e del sistema bancario, per abbattere i privilegi politici, per garantire uno sviluppo sostenibile e aiutare i giovani nell’educazione, nella formazione e nel lavoro. Pochi punti, concreti, con i nomi delle leggi da modificare accanto, per intenderci.

 

 

Il 26 Maggio, il movimento 15M è un movimento di molti, di giovanissimi, di universitari, di nostalgici del ’68, di quarantenni che il ’68 non l’hanno potuto fare e di chi si è pentito di non avervi partecipato allora. È il movimento delle mamme stufe di vedersi negare il lavoro perché donne, stufe di vedere i propri figli senza lavoro, senza casa, senza prospettive. È il movimento di chi è stanco di sentire parlare di tagli sociali, di indebolimento del sistema sanitario e scolastico a favore di finanziamenti sempre più cospicui a banche e a grandi gruppi industriali.

Il 26 Maggio la piazza di Barcellona non è più una sola piazza, sono più piazze insieme, le piazze degli altri quartieri: Sants, Jaume I, Barceloneta, Clot. La gente si riunisce, discute, stila documenti e li invia a plaza Catalunya.

Il 26 Maggio a mezzanotte torno a casa contento dopo l’assemblea in piazza.

 

 

Il 27 Maggio mi sveglio con il rumore di un elicottero, sono le 8 del mattino. Leggo El País e scopro che gli indignati sono stati cacciati, buttati via, sloggiati. Non mi importa del lavoro, prendo la macchina fotografica e corro in piazza. Due cordoni della squadra di polizia catalana, i Mossos, presidiano la piazza e ne impediscono l’accesso. Al centro i ragazzi dell’acampada, i ragazzi che hanno dormito lì. La scusa ufficiale è la pulizia della piazza. I signori addetti alla pulizia della città (pur controvoglia, si scoprirà dopo con un documento fortissimo da essi pubblicato) distruggono gli stand, requisiscono libri, computer, macchine fotografiche. Alcune cose le buttano nel tritatutto, è a tutti gli effetti un esproprio.

Ai lati della piazza, dopo il secondo cordone, si radunano giovani, universitari,  mamme che chiedono la “liberazione” dei ragazzi lì nel mezzo e la fine di quella finta pulizia. I poliziotti restano lì, nessuno li smuove.

La gente corre verso la strada principale per bloccare l’accesso alla piazza ad altri automezzi addetti alla pulizia. Si siedono per terra, mani alzate. La polizia non ci sta e carica. Picchia tutti: uomini, donne, un ragazzo sulla sedia a rotelle, un senzatetto che dormiva su una panchina.

 

 

Al centro i ragazzi gridano, ai lati la polizia è nervosa, le mamme calmano i ragazzi che accennano una qualche minima reazione, sia pure semplicemente nervosa.

Tutta l’azione della polizia catalana è filmata e appare in diretta sugli schermi della televisione, su Antena3. Naturalmente nessuno tra i poliziotti espone il numero di identificazione, come invece sarebbe obbligatorio per legge.

Alla fine della giornata, senza che ci sia stata alcuna azione aggressiva da parte del movimento 15M, la polizia farà 90 feriti, uno dei quali ancora oggi è in gravi condizioni.

Gli agenti manganellano, sparano pallottole di gomma, i turisti non capiscono e fotografano, la gente urla disperata, un elicottero monitora la piazza. Si alzano le grida della resistenza, qualcuno intona Bella Ciao. A mezzogiorno le cariche finiscono, la polizia presidia il territorio per un’altra ora, poi va via: la piazza è di nuovo libera ed è subito rioccupata dal 15M. In meno di tre ore la gente ricostruisce gli stand, rimonta le tende, prepara una grande assemblea per la sera. Il consigliere degli interni catalano Puig, che ha chiesto e ordinato la “pulizia” e la repressione, dichiara che l’azione era necessaria e che non c’è stata violenza. Le immagini però le hanno viste tutti.

 

 

L’orgoglio catalano, di una città come Barcellona che ha fatto dell’immigrazione e dell’integrazione la sua forza e il perno della sua cultura di capitale europea, rifiuta la repressione, la violenza e la negazione dei fatti da parte del suo governo autonomo. Alle 20 la piazza è stracolma: la gente si tinge di bianco le mani in segno di ostinata resistenza pacifica, scatta le foto di rito, chiede a gran voce le dimissioni di Puig.

Alle 21 c’è la grande assemblea, si fanno i conti dei feriti, dei danni, si sottolinea la voglia di restare e soprattutto di rafforzare le assemblee di quartieri, le manifestazioni spontanee. Da tutte le città con le acampadas ci si metterà marcia verso Madrid, per solidarietà con Barcellona e per rivendicare ascolto dal governo centrale.

Tutta Europa sente, tutta Europa vede, grandi artisti al festival di Barcellona appoggiano la acampada. Atene crea una grande acampada, a Parigi la polizia interviene con la forza per cacciare le persone.

È solo l’inizio di un grande movimento europeo di rinnovamento.

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