Il carattere della libertà
Passando velocemente per Milano non si può non notare la scenografia alla Lele Luzzati fatta con tante figurine di cartone che ci guardano con benevolenza. Sono gli stantii poster elettorali che promuovono visi, facce, mezzibusti. La maggioranza dei candidati predilige la foto ambientata: perciò rimane nella mente il sorriso un po’ forzato di Giuliano Pisapia con sullo sfondo una polverosa libreria o la sorridente frangetta anni ottanta di Letizia Moratti che si ripete sempre uguale (nei formati verticali) senza dar modo di comprendere che il testo sottostante cambia ogni volta. Quindi una campagna prevalentemente fatta di immagini, di icone, a parte qualche esempio leghista in cui comunque le parole d’ordine sono affiancate dalla parte illustrativa dedicata ad Alberto da Giussano.
Sembra che la capacità persuasiva della parola sia considerata nulla, che la possibilità di comunicare verbalmente sia venuta meno. Ma per fortuna che la sedicente “Associazione dalla parte della democrazia” c’è. Certo, i temi e i contenuti sono provocatori, ma esserlo oramai non è cosa facile. Per suscitare lo scandalo non hanno mica fotografato una ragazza anoressica o un primissimo piano del sesso femminile (quelle son cose d’altri tempi): hanno solamente usato delle parole.
Ma non è secondario il fatto di come le abbiano usate. L’avvocato Roberto Lassini, presidente dell’Associazione avrebbe voluto prendersene il merito. Io già lo immaginavo alle spalle del povero grafico di turno a dettare i dettagli dell’impaginazione. E invece ha dovuto ammettere che lui, i manifesti, non li aveva nemmeno visti prima dell’affissione. Ma allora chi si cela dietro questa operazione ideologico-tipografica? Forse non un genio del graphic design ma ci sono alcuni dettagli da apprezzare. Il carattere usato è uno di quelli che si trovano di default in tutti i pc: l’Impact. Disegnato nella metà degli anni sessanta in Inghilterra per una storica fonderia, la Stephenson Blake, ha nel nome la sua caratteristica principale. La sua compattezza e il suo forte spessore ne fanno un carattere adatto a comporre titoli d’impatto, appunto. La coincidenza forse non troppo curiosa è che è lo stesso carattere usato per il simbolo del Popolo della Libertà ed è usato nello stesso modo, cioè distorcendo il carattere facendo diventare alcune parole più condensate ed altre più tozze. Per intenderci “IL” e “DELLA” sono tozzi come “BR” e invece “PROCURE” e “LIBERTÀ” sono più condensati. Questo carattere e il modo di usarlo con queste distorsioni si trova su tutti i poster dell’Associazione: “TOGHE ROSSE INGIUSTIZIA PER TUTTI”, “VOLETE CACCIARE BERLUSCONI? PRIMA VINCETE LE ELEZIONI!” (in cui è stato modificato il punto interrogativo originale del font), “LA SOVRANITÀ POPOLARE É SACRA” (in cui l’accento della E è stato sostituito da un segno di minuto). Interessante l’uso del colore che passa dal fondo azzurro nei messaggi più propositivi a quello rosso dei testi più aggressivi. Anche uno striscione esibito fuori dal palazzo di giustizia di Milano, “GIUSTIZIA NON ESISTE LÀ DOVE NON VI È LIBERTÀ”, era composto nello stesso carattere e con gli accenti corretti.
Un altro dettaglio legato a tutto ciò è il nome Berlusconi nel simbolo del Popolo della Libertà: fino a qualche anno fa era composto in un vecchio carattere francese, il Mistral, che simula una calligrafia, quasi a far credere che fosse la firma del premier. Caso bizzarro, quello era lo stesso carattere usato dalla “lista Bonino”. Ora invece il nome è composto tutto maiuscolo, con un carattere simile all’Impact, cioè più autoritario e meno friendly.
Istintiva o progettata che sia, ed esteticamente riprovevole qual è, la forma delle parole usate da una parte della politica italiana è sicuramente ripetuta con coerenza nel tempo, esattamente quello che serve a costruire un’identità, ed è appropriata al messaggio. Massimo Vignelli, il maestro del design grafico italiano, sostiene che“il design deve essere semanticamente corretto, sintatticamente consistente e pragmaticamente comprensibile.”. Non sarà mica lui l’art director “della libertà”?