Le regine del semifreddo

7 Giugno 2013

Un tempo erano le divine del jazz: Bessie, Sarah, Billie, maestre di stropicciature della vita da sgranare tra le pieghe del blues struggente delle loro voci. Avvolte in una coltre torbida, si stagliavano irraggiungibili come stelle del firmamento, cose che noi umani possiamo solo immaginare. In tempi più recenti quei modelli sono stati rielaborati in chiave meno fascinosa ma parecchio patinata. Eravamo nel bel mezzo degli anni '80 quando svettava in cima alle classifiche il sound morbido di Smooth Operator di Sade Adu, allora acclamata dal Times come The Queen of Cool. Con un mix di r'n'b, jazz e pop e un'immagine raffinata e sexy la bella Sade generava atmosfera felpata. Mentre il mito delle divine iniziava inesorabilmente a farsi un puntino lontano.

 

 

E di questi tempi chi rimpinza il nostro soul system generando atmosfera? Ritrovare quell'insieme di ingredienti esplosivi è cosa rara ormai. Di maledetto c'è poco, le nostre signore della scena musicale sono spesso professioniste rigorose e tecniche impeccabili, e l'ambiente dei club fumosi lo si può ricreare senza dannarsi troppo l'anima grazie al suono di una sola parola: vintage. 

La britannica Jessie Ware si è parecchio applicata sulla lezione del passato, in particolare su quella di Sade, passando per Lisa Stansfield e i Soul to Soul. A breve la si potrà ascoltare come vocalist in Her Favorite Song, il nuovo singolo di un altro amante dei vecchi tempi quale è Mayer Hawthorne, in uscita in questi giorni. Il suo album d'esordio, Devotion (da cui è tratta Running) è stato annoverato tra i migliori del 2012.


 

 

Sarà pubblicato a giugno anche il singolo di un'altra promettente artista, Kid A, statunitense originaria della Virginia. Per l'occasione la cantante e produttrice ha lavorato a una rimasterizzazione del pezzo BB Bleu tratto dal suo album PPPoney Host del 2011. Kid A ha l'aria di essersi diplomata a scuola di fusione: jazz classico, elettronica sperimentale, commistioni internazionali con Francia e Giappone, molte collaborazioni (Daedelus, Spitzer). Con un risultato sognante con brio, a tratti bjorkiano.

 

 

Alice Smith invece ha studiato (e tanto, si sente) da afro-soul woman e ha consumato, dice lei stessa, dischi come Girl Blue di Stevie Wonder o Rapture di Anita Baker. Il suo secondo album, She, pubblicato lo scorso marzo, è frutto di un faticoso lavoro di produzione durato 7 anni e di una "colletta" andata in porto grazie a Kickstarter, la piattaforma di crowdfunding per progetti creativi numero uno al mondo. Nonostante la morbidezza dell'album il suo stile ha qualcosa di ruvido che crea contrasto e la mette al di sopra delle righe. Oltretutto Alice non fa nulla per essere simpatica, cosa che ovviamente ce la fa piacere di più.

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