Perifrasi / Mutamento e prevalenza del cretino
L’articolo determinativo è sempre più spesso soppiantato da una perifrasi: il fenomeno è stato già segnalato da Stefano Bartezzaghi, a più riprese e in diverse sedi. “Stasera discuteremo le normali difficoltà della comune vita di coppia” è ormai considerato modo moscio di esprimersi. Pare più turgido “Stasera discuteremo quelle che sono le normali difficoltà della comune vita di coppia”. C’è chi si spinge a “...quelle che sono le normali difficoltà di quella che è la comune vita di coppia”.
Articolo e perifrasi hanno grosso modo valore grammaticale equivalente. Ma la perifrasi è più enfatica ed è una maniera di prender tempo e d’allungare il brodo: Bartezzaghi lo ha osservato opportunamente e molto per tempo. I due aspetti non sono in alternativa. Prolissità e gonfiezza viaggiano spesso insieme e creano a volte espressioni paradossali. Raccogliendo qualche anno fa dati per una ricerca sul tema, a chi scrive è accaduto di incontrare un E veniamo rapidamente a quello che è il succo del discorso che non necessita in proposito di commenti.
Dal punto di vista grammaticale, la perifrasi è costrutto complesso. Ricorre a un pronome dimostrativo (quello). Gli attacca una relativa di natura copulativa (che è). Dà funzione di predicato nominale al nesso il succo del discorso, già per se stesso determinato (ulteriore ridondanza). L’exploit è tipico di gente tutt’altro che ignara della grammatica. In uno scritto comparso qualche anno fa negli atti di un convegno scientifico, chi detta queste note ha fornito esempi fioriti anche sulle labbra di rilevanti figure della pubblicistica culturale. Non sono del resto gli incolti a spingere le lingue verso il futuro. È chi è sensibile all’andazzo. Chi sta sulla cresta dell’onda e fa da modello di comportamento sociale.
Robert Musil diede una definizione del tipo umano in questione. In una conferenza sulla stupidità tenuta a Vienna nel 1937 (quindi, sull’orlo dell’abisso), lo differenziò anzitutto dallo stupido predisposto alla devianza, com’è l’ignorante autentico. Stupido anch’esso, definì il tipo che invece ingrossa le mode, ma per eccesso d’adesione al mondo. Campione di un morbo incurabile della cultura: il conformismo. Per paradosso, stupido proprio in quanto di successo e socialmente tenuto per intelligente. La prevalenza del cretino di Fruttero e Lucentini illustrò modi di tale successo, decenni dopo.
Nei mutamenti linguistici, va dunque riconosciuto un ruolo al cretino. Lo si può, anzi lo si deve fare senza spregio, con modi conoscitivi e estendendo anche alla diacronia linguistica, che rischia di essere in proposito esemplare, lo spirito del programma assegnatosi nel 1981 da Raymond Aron con queste parole (qui recate in italiano): “E dico spesso che l’ultimo libro che vorrei scrivere dovrebbe trattare, sul finire, del ruolo della stupidità nella Storia”. Intento cui lo studioso francese non fece in tempo a dare séguito e che, per vastità e profondità della materia implicata, più che ambizioso, può definirsi temerario.
Ci sono d’altra parte dubbi sull’intrinseca cretineria della perifrasi qui in questione? Li dissipa una sua precoce e preziosa ricorrenza, grazie alla quale il significativo affiorare del fenomeno può inoltre essere spostato indietro di più di mezzo secolo e, quanto alla determinazione che qui se ne è concisamente proposta, con una giustificazione che più piena non si potrebbe desiderare: “Un gruppo di studiosi fascisti docenti nelle Università italiane sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare ha fissato nei seguenti termini quella che è la posizione del Fascismo nei confronti dei problemi della razza” (“La difesa della razza”, anno I, numero 1, agosto 1938).
Pubblicato, in versione ridotta, sul Corriere del Ticino del primo di dicembre 2018.