Brâncuși: una colonna infinita per l'Unesco

24 Agosto 2024

Contemporaneamente memoriale ed esempio ante litteram di scultura ambientale, il complesso monumentale di Târgu Jiu, realizzato tra il 1937 e il 1938 da Constantin Brâncuși, è stato finalmente incluso nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Durante la quarantaseiesima sessione del Comitato del Patrimonio Mondiale – riunitasi dal 24 al 31 luglio 2024 a Nuova Delhi, in India – è stato deliberato che l’ensemble romeno entri a far parte dei siti Unesco. 

Come si legge nella motivazione: 

Esso rappresenta un punto di svolta nella storia della scultura monumentale e arte pubblica. È la creazione fondamentale e l’unica opera pubblica di grandi dimensioni dello scultore rumeno Constantin Brâncusi che, invece di collocare il monumento nella città, ‘ha posto la città come elemento funzionale al centro del monumento’, [offrendo] un’esperienza commemorativa sequenziale, su scala urbana, dal forte valore simbolico e segnando un’espressione artistica di grande forza e purezza su più livelli: artistico, simbolico e spirituale. La combinazione del concetto artistico, dell’eccezionale qualità nell’esecuzione e nell’ingegneria della Colonna senza fine, in particolare, contribuisce al completamento di una delle sculture monumentali pubbliche più importanti del XX secolo.

Il complesso, commissionato allo scultore romeno dalla Lega delle donne del Gorj – in particolare da Arethia Tătărescu, moglie del primo ministro del tempo – si dispiega all’interno di due parchi collegati fra loro da un viale, Calea Eroilor, e comprende tre opere realizzate da Brancusi nell’ambito dell’organismo urbano di Târgu Jiu. Un ministro della Romania, dopo l’iscrizione nel patrimonio mondiale, ha avuto modo di dichiarare: 

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Il riconoscimento ricevuto obbliga a garantire una dovuta cura all’insieme monumentale […], al fine di mantenerlo integro per le generazioni future e per la memoria culturale dell’umanità. È un impegno che la Romania assume a livello internazionale, ma che comporta innanzitutto uno sforzo a livello nazionale e, in particolare, a livello locale, nella città dove lo scultore è nato. L’inserimento di un bene culturale nella lista del patrimonio rappresenta un momento di presa di coscienza del suo valore assoluto, a livello dell’intera società. La conferma del valore universale del tesoro culturale lasciato da Constantin Brâncuși a Târgu Jiu rappresenta un momento di orgoglio e responsabilità nazionale. 

Dapprima l’Icomos avrebbe incluso solo la Colonna senza fine, considerata un eccezionale esempio di scultura pubblica del XX secolo; ma dividerla dalle altre sculture sarebbe stato quanto mai deplorevole, poiché il gruppo è a tutti gli effetti un Ensemble. La Romania ha potuto così beneficiare della moratoria riguardante i siti associati alle memorie dei conflitti recenti, riuscendo a raggiungere un risultato compiuto in ogni sua parte. 

Il monumento si è miracolosamente conservato fino a noi. Nel 1951, l’artista aveva deciso di donare il suo intero atelier parigino (comprendente 230 sculture, 1.600 fotografie e cliché, numerosi strumenti, mobili, ecc.) allo stato rumeno. Ne seguì un netto rifiuto in quanto “le sue opere non erano utili alla costruzione del socialismo”. E addirittura, il 30 giugno 1951 il Comitato d’Arte dell’Accademia di Romania chiese alla Commissione Scientifica dei Musei e Monumenti Storici e Artistici di “demolire la Colonna, opera dello scultore Brâncusi”. Fortunatamente, non se ne fece nulla, anche se il monumento fu lasciato cadere nella totale incuria. Solo più tardi, nel 1964, Constantin Brâncuși venne riabilitato dal regime e il complesso di Târgu Jiu potè essere finalmente “curato” come meritava.  Ma la vera e propria opera di restauro iniziò solo alla fine dell’era comunista. Nel 1996 il World Monuments Fund inserì il ciclo di Târgu Jiu nella lista dei cento monumenti mondiali a rischio di estinzione, dando finalmente il via ai lavori di salvaguardia che si protrassero fino a oltre il 2000. 

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All’epoca della sua realizzazione, l’intero complesso definiva uno spazio sacro che si estendeva dal fiume Jui fino al mercato del fieno, con i singoli monumenti che punteggiavano un paesaggio di dolci colline, campi coltivati e case coloniche costruite in legno e pietra, con in lontananza la visione dei Carpazi spesso innevati. A partire dall’inizio del xxi secolo un team di architetti paesaggisti dello studio Laurie Olin Partnership ha tentato di restituire al ciclo almeno parte di quella dignità e serenità che possedeva prima della seconda guerra mondiale. Ormai profondamente mutato il contesto rurale originario, l’obiettivo è stato quello di riproporne con forza in un ambito ormai urbanizzato il valore unitario e simbolico, nonostante la molteplicità di distrazioni visive e acustiche che si sono inserite nel tempo.

La Tavola del silenzio con i suoi dodici sgabelli, posta a stretto contatto con la riva del fiume Jiu, in seguito al successivo innalzamento dei terrapieni ha perso la stretta relazione esistente tra scultura e paesaggio fluviale. Con l’intento di creare uno spazio sacro, calmo e riflessivo, è stata così eliminata la siepe al fine di rendere la Tavola una destinazione piuttosto che un luogo di mero transito, scegliendo di disporre a giusta distanza un boschetto di salici piangenti che, con i loro oscillanti rami pendenti, sono associabili al lutto e all’acqua. Anche la via in cui si distribuiscono gli sgabelli romboidali, e che collega la Tavola alla Porta, è stata risistemata per garantire visibilità agli sgabelli circondandoli con arbusti di altezza crescente disposti in tre file, con una ricercata attenzione nella scelta delle essenze per definirne gli effetti di colori e texture stagionali. Nella superficie di calpestio è stato messo lo stesso pietrisco impiegato intorno al tavolo, togliendo dal viale il cemento grezzo dell’era di Nicolae Ceausescu. 

 

Come è noto, Brancusi inizia a progettare il monumento a partire dalla Colonna senza fine, ma poi è proprio il contesto circostante a suggerirgli il completamento con altri due monumenti, la Tavola del silenzio e la Porta del bacio, che posiziona all’interno del giardino della città in direzione ovest verso est: a partire dall’area che costeggia il fiume Jiu (luogo dell’eccidio) fino ai limiti opposti dell’area urbana, lungo un’asse, Calea Eroilor, che si prolunga per circa un chilometro e mezzo. 

L’insieme nasce per onorare i soldati che avevano difeso Târgu Jiu nel 1916 dall’offensiva tedesca. Brancuși all’epoca viveva già a Parigi, e accolse con grande favore l’opportunità di creare una grande opera commemorativa nella sua terra natale. Un incarico che accetta nel 1935, senza richiedere il benché minimo compenso. 

La Colonna senza fine – costituita da quindici moduli e due semi-moduli in ghisa per un’altezza complessiva di 29.33 metri – si erge in mezzo a un campo aperto e si protende verso il cielo, come un axis mundi. La concezione tecnica del monumento spetta all’ingegnere Stefan Georgescu-Gorjan che nel 1937 coordina le operazioni di fusione dei moduli nonché l’installazione vera e propria della Colonna. I moduli sono stati letteralmente interconnessi l’uno sull’altro su un pilastro portante di acciaio, incastrato in una fondazione di cemento. Il rivestimento in ottone dei moduli, ora opacizzato, è stato realizzato nel 1938 sotto la supervisione diretta dell’artista che doveva riflettere sulle variazioni del sole e del cielo nel corso delle ore e delle stagioni. 

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Le tre opere scultoree possono essere percepite semplicemente attraverso la sollecitazione di una vera e propria esperienza di tipo sensoriale. Il visitatore può sedersi alla Tavola, girarci intorno, attraversare la Porta, fino a scoprire al termine del percorso il caleidoscopio di forme che la Colonna è in grado in ogni istante di attivare. Inoltre il visitatore può toccare le sculture (non c’è nessun divieto), anche perché le sculture chiedono di essere toccate con le mani e vissute con tutto il corpo. L’ambiente naturale, specie nella cornice del giardino pubblico, sollecita con i suoi diversi aromi stagionali il senso dell’olfatto. Nel caso della Colonna può essere addirittura attivato l’udito, in quanto accostando l’orecchio al suo fusto – come si fa con le conchiglie – si può coglierne il suono e le vibrazioni. 

Vale la pena indagare anche il contesto storico antropologico all’interno del quale si inserisce questo ciclo brancusiano. Il matrimonio mancato – la vita perduta dei soldati morti durante la prima guerra mondiale – è sentito come un turbamento nell’ordine precostituito del cosmo che i romeni compensano con il cosiddetto matrimonio tanatologico. L’abete – che viene tagliato all’alba e portato prima davanti alla casa del deceduto e poi in capo alla tomba – sul piano simbolico assume un ruolo di compensazione, di nozze in extremis. Al matrimonio tanatologico, infatti, è attribuita la funzione di “ricostruire”, nella morte, tutti i fili della condizione umana nell’universo, in un’unione della vita e della morte cosmica che è la garanzia della discendenza e della continuità genealogica. 

Una concezione propria di questa cultura che trova una forma di codificazione poetica nella Mioriţa, una ballata ritenuta da Mircea Eliade l’“archetipo della spiritualità popolare romena”. È la storia di un pastore che, di fronte all’annuncio da parte di una pecorella veggente della sua uccisione, accetta senza disperazione il suo destino, impegnandosi piuttosto a dettare le sue ultime volontà: essere sepolto nel suo ovile, porre tre zufoli sulla sua tomba e, soprattutto, non parlare mai di assassinio ma raccontare sempre che ha sposato “la prima fra le regine, padrona del mondo, in un bel paese, angolo del paradiso”. Come appare evidente la fine della vita di una persona è associata anche in questo caso emblematico al matrimonio: il suo significato riguarda la “volontà dei vivi di difendersi contro la morte, pacificandola”. La ballata della Mioriţa sussume insomma poeticamente tutta la ritualità di antichissime origini che con gli sponsali postumi e “con i differenti riti (doni ed elemosine) che la comunità compie durante e dopo l’inumazione”, cerca di dare pace all’anima, aiutandola nel superamento delle prove terribili del suo viaggio “verso il paese senza pietà” e, nel contempo, impedendo “ai morti di ‘diventare cattivi’ e di tornare fra i vivi, come fantasmi” o come vampiri.

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In termini conclusivi si può affermare che i tre elementi che vanno a comporre il complesso scultoreo di Târgu Jiu – Tavola del silenzio, Porta del bacio, Colonna senza fine – nel porre a contatto alcune tradizioni ataviche dell’Oltenia con le avanguardie artistiche parigine del primo Novecento danno origine a una delle opere più innovative del xx secolo. In una cultura rurale come quella romena, fondata sui valori base della vita, la Tavola del silenzio, congiuntamente ai significati di nutrimento, tempo e sacralità potrebbe rinviare per sineddoche al “focolare domestico”; il luogo in cui durante l’infanzia i figli acquisiscono la competenza necessaria alla vita futura, intimamente connotato con il senso di pace e serenità, radicalmente opposto alla violenza della guerra. Nella Porta del bacio l’abete-sposo è oggetto di un processo di umanizzazione: trasfigurato in una geometria stereometrica – una forma circolare concava e due barre verticali – è incaricato di raccontare figurativamente l’unione nella morte. Nella Colonna senza fine l’abete è un segno a doppia valenza: contemporaneamente sposo/a del morto e simbolo cimiteriale del defunto la cui anima ascende all’aldilà. Con quest’ultimo significato diviene la scala verso il cielo: è sull’asse della verticalità, infatti, che si innesta la comunicazione con un mondo altro; la scala verso il cielo è la sanzione positiva per i morti in guerra. 

Nella bella Romania, il complesso scultoreo di Târgu Jiu da solo vale un viaggio, un viaggio di conoscenza e di scoperta di una cultura antica che si è trasfigurata in contemporanea.

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Brancusi Targu Jiu