Salvate il soldato Derrick
E così alla fine il cerchio si è chiuso: adesso sappiamo che il viso un po’ triste dagli occhi bovini di quel signore serio e misterioso, senza vita privata, conteneva, come in una dissolvenza incrociata, anche la faccia di un giovane biondo arruolato nella divisione Waffen SS Totenkopf il 22 marzo del 1943. “Triste finale di carriera” è stato il commento postato da qualcuno. Ma io non sono d’accordo, perché tutta la storia televisiva dell’amato Derrick, personaggio-alter ego che seppellì con la sua forza l’identità dell’attore Horst Tappert (1923-2008), era scritta e recitata al riscatto, a mio avviso riuscito, di questa pesante storia personale. Infatti chi è l’ispettore Derrick se non un uomo di mezza, misteriosa età, silente, chiuso nel suo mondo interiore, che arriva sulla scena di un delitto? È un uomo che almeno per ipotesi anagrafica può aver visto o vissuto direttamente la fine dell’umanità, la discesa agli inferi rappresentata dal nazismo, e che adesso, nel dopoguerra per la prima volta, di fronte al delitto, si chiede perché.
Molto spesso, nelle 281 puntate della fortunatissima serie, il colpevole si svela agli spettatori sin dalle primissime sequenze e l’ispettore Derrick si aggira nei paraggi malfamati della malavita, dei falliti, dei reietti di tutte le risme, e lo si vede interrogarsi sul perché del male, e sulla responsabilità personale di ciascuno di fronte al crimine. È questa l’ansiosa, la drammatica, l’immensa domanda che, durante la guerra nessuno ebbe né il coraggio né la lucidità di porsi veramente e che costituisce invece la nervatura drammaturgica di tutti gli episodi dell’Ispettore Derrik, i quali, non a caso, si svolgono a Monaco di Baviera, nella Hauptstadt der Bewegung, nella capitale del movimento nazionalsocialista secondo la definizione dell’innominabile fondatore.
Nello stesso buio dei vicoli, nel retro male illuminato delle birrerie, nei dintorni apparentemente idilliaci che negli anni Trenta avevano visto sventolare le bandiere con la svastica, un signore infagottato in un brutto soprabito, accompagnato da un segreto doloroso e innominabile, ha sinceramente interrogato gli uomini, i delinquenti e la loro anima, da attore, da commissario di polizia con il cuore contrito, continuando a investigare il male, non rassegnandosi mai di fronte alla sua eterna e banale insensatezza.
Attore non eccelso, ma vero e convincente nella stretta parte che una incredibile nemesi gli aveva offerto, è stato il simbolo di una Germania che voleva faticosamente capire e allontanarsi dal proprio inumano passato. Oggi abbiamo scoperto che la sua storia personale coincide drammaticamente con la Storia, e ciò incredibilmente sembra riscattarlo da ogni inevitabile infamia e vergogna.
Monaco la Biancazzura, città che profuma di boschi e di cucine fumose, ha dovuto portare sul viso lo sfregio deturpante della nascita del nazismo, ma il mite, brutto e tenace Derrick-Tappert le ha, sia pure in parte, restituito la dignità.