Fedeltà e amore ai tempi di Meetic

31 Marzo 2014

Qualche mese fa il settimanale francese Les inrockuptibles pubblicò un reportage sul grande successo che stanno riscuotendo in Francia i siti di dating on-line. Meetic, Match.com, OkCupid sono soltanto alcune delle più celebri piattaforme che offrono la possibilità di cercare avventure sentimentali tramite la rete. Negli Stati Uniti oramai da tempo internet è diventato il luogo più diffuso dove inizia una storia d’amore e tuttavia la diffusione dei cellulari di ultima generazione con la geolocalizzazione e la connessione permanente al web hanno estremizzato ancora di più questo processo. Oramai è possibile controllare in tempo reale se nel locale o nel quartiere che si sta frequentando vi sia qualcuno interessato a un’avventura sentimentale e le cui caratteristiche corrispondano a quelle desiderate. Sì, perché i siti di dating on-line promettono soprattutto questo: di ricercare un partner che corrisponda perfettamente ai propri voleri. Titolo di studio, caratteristiche fisiche, provenienza, etnia, interessi culturali saranno tutti filtrati da un algoritmo che eviti le brutte sorprese, così come saranno chiare sin dall’inizio le intenzioni nei confronti della relazione da intraprendere (se si tratti di one-night-stand o di una relazione più impegnativa).

 

La cosa interessante però è che in questa riduzione dell’amore a “incontro di domanda e offerta”, lo spazio che separa il primo incontro con il proprio partner, il primo rapporto sessuale e la fine della relazione è sempre più breve fino a diventare di poche ore. Uno degli intervistati di Les inrockuptibles sostiene che tra il primo click sul profilo della ragazza e il momento in cui si va a letto insieme a volte si riesce a far passare solamente un paio d’ore. E un altro, Théophile, un fedele utente di Meetic, spiega il motivo delle continue separazioni: continuando a mantenere un proprio account anche dopo un incontro soddisfacente con una ragazza, si ha sempre la tentazione di andare a vedere se nel frattempo non sia “arrivato qualcosa di meglio”.


La cosa in effetti non deve stupire né far gridare moralisticamente allo scandalo. È ormai qualche decennio che – forse per attaccare politicamente il Sessantotto – viene usato il nome improprio di “liberazione sessuale” per una pura e semplice mercificazione del godimento sessuale. Nel frattempo generazioni di interpreti (non sempre fedeli) di Deleuze, soprattutto nei gender studies più spregiudicati, hanno ripetuto fino alla nausea quanto il desiderio sia un flusso inarrestabile e impossibile da “imbrigliare” nel binarismo punitivo della coppia borghese e mononucleare. E che l’unica cosa da fare sia lasciare che si esprima liberamente, senza alcun vincolo e senza alcun ostacolo.


Slavoj Žižek lo dice ormai da più di vent’anni: l’ideologia contemporanea non si sostiene più sulla repressione del desiderio ma sull’ingiunzione a godere. “Godi!” o “trasgredisci!” sono diventate le parole di richiamo all’ordine fondamentali. Ma se è sempre più facile godere della sessualità, anche in solitudine (sesso via web-cam, pornografia) o con un partner ridotto a oggetto (prostituzione), è ancora possibile credere alla promessa di un amore che sia capace di andare oltre la fugacità dell’incontro? Un amore che voglia scommettere contro lo scorrere del tempo che sembra destinato inevitabilmente a consumarlo? Se ormai è possibile godere della sessualità pur rimanendo eternamente single, non è l’orizzonte dell’amore di coppia destinato inevitabilmente al tramonto?

 

Ci parla di questa inattualità dell’amore l’ultimo libro di Massimo Recalcati, Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa (Raffaello Cortina, 2014): un “cantico dedicato all’amore che resiste e che insiste nella rivendicazione del suo legame con ciò che non passa, con ciò che sa durare nel tempo” (p. 12). Un libro che consigliamo di leggere insieme a un’altra grande riflessione lacaniana sull’amore: quel piccolo capolavoro che è Elogio dell’amore di Alain Badiou, recentemente tradotto in italiano dall’editore Neri Pozza. Perché in un mondo iper-sessualizzato com’è quello in cui viviamo oggi a farne le spese è proprio l’amore, come dicono eloquentemente i manifesti pubblicitari di Meetic che annunciano la possibilità di “amare senza innamorarsi” o “senza soffrire” o ancor più chiaramente “senza correre alcun rischio”.

 

 

Dietro all’apparente trasgressività della libertà dai vincoli della coppia, dietro alla regola del no- commitment (nessun impegno) vi è infatti semplicemente un atto di difesa, o per meglio dire una paura, nei confronti di quell’esperienza per nulla pacificante, e anzi, spesso alquanto traumatica, che è l’esposizione al desiderio di un’altra persona. Perché come ci ricorda Recalcati l’amore è soprattutto un’apertura verso il desiderio dell’Altro, una passione per la libertà dell’Altro. O come dice Badiou, è un’esperienza del Due, della differenza, che va contro alla fusionalità dell’Uno e all’idea che tra l’Uno e l’Altro possa esserci una perfetta sovrapposizione. Ma in che senso?

 

La psicoanalisi ci insegna che esistono due tipi d’amore. Vi è un amore di tipo narcisistico, quello per cui si sostituisce l’altro e la sua traumatica alterità con un’immagine ideale e irreale. Il principe azzurro nella sua perfezione fuori dal tempo, le coppie degli “…e vissero felici e contenti” che si vedono al termine dei film romantici appartengono tutte a questa categoria. Dove l’amore non ha nulla dell’esposizione al baratro del desiderio dell’Altro, ma è semmai amore per un’immagine, amore per un ideale. Non è un caso che Lacan chiami questo registro dell’esperienza immaginario, perché nel mondo delle immagini idealizzate non esistono fratture, differenze, incomprensioni. È un mondo dove regna la finzione dell’Uno indiviso. A volte la passione per l’immagine ideale diventa così forte che capita persino che alcuni preferiscano sacrificare il rapporto reale per quello vissuto nell’ideale dell’Uno. Il cinema c’ha costruito un’intera tradizione di racconti di amori impossibili che, da Brief Encounter di David Lean a Titanic di James Cameron, ritraggono coppie che impossibilitate a esprimere la loro unione perfetta nella realtà, finiscono per essere trasfigurate in idealità pure e fuori dal tempo. Perché l’amore dell’Uno può effettivamente esistere. Ma solo pagando un prezzo altissimo: quello dell’annientamento della realtà.

 

Più spesso è la realtà a prendere il sopravvento. Il tempo finisce per erodere l’immagine ideale, che non può reggere la prova del reale. “Alla minima sbavatura – ci ricorda Recalcati – l’enfasi amorosa potrà facilmente evaporare lasciando il passo a un odio più o meno rancoroso. Basta poco perché questo avvenga: un colpo di tosse imprevisto, il colore sbagliato di un calzino, la scoperta della misura eccessiva dei piedi, la carenza nella cura dell’igiene orale, un naso troppo pronunciato o troppo piccolo… basta poco, pochissimo perché l’altro cada dalla sua posizione di Ideale e si riveli nudo nel suo reale” (pp. 49-50). Ma è solo detronizzando l’altro dalla posizione dell’Ideale che è possibile superare la dimensione narcisistica dell’amore per trovare quella seconda tipologia dell’amore, che Badiou definisce dell’ordine della verità. Si tratta di un amore che non cerca la fusione nell’immagine ideale dell’Uno ma che si costruisce sulla differenza di un altro reale.

 

L’amore è allora la costruzione nel tempo di un mondo nuovo a partire da una differenza, e che per questo non può che considerare la fusionalità dell’Uno la più grande delle imposture. L’amore è sempre una questione di fedeltà, ma non di fedeltà alla stessità, ma di fedeltà alla differenza.

 

Contro il cinismo di chi pensa che gli amori siano solo incontri contingenti dei sensi destinati a svanire con il tempo, Badiou oppone l’idea di un amore che dura nel tempo e che anzi si intensifica con il tempo. Si tratta, sulla scia di Mallarmé, di “sconfiggere la contingenza parola per parola” e di fare dell’amore un luogo di manifestazione di una verità universale. All’inizio l’incontro d’amore sarà sempre un evento contingente e casuale, ma a un certo momento deve essere piegato verso un’eternità, ed è solo allora che “la casualità di un incontro viene sconfitta giorno dopo giorno dall’invenzione di qualcosa che durerà”.

 

“La dichiarazione d’amore – scrive Badiou – segna allora la transizione dal casualità al destino”, dalla contingenza alla necessità, ed è per questo che è così rischiosa e causa una terribile ansia. Ma cosa succede quanto questa dichiarazione viene violata? Quando il patto d’amore viene disatteso – si chiede Recalcati? Se l’esposizione a questa eternità non funziona più e si ripiomba nella temporalità contingente degli incontri? Cosa succede quando l’amore “non è più come prima”?

 

Se l’eternità del “per sempre” non è dell’ordine della fedeltà all’origine dell’incontro, all’idealità dell’Uno fuori dalla storia e fuori dalla realtà, ma è una fedeltà alla differenza, una fedeltà a un amore che è dentro la realtà e la storia, che cosa vuol dire allora essere fedeli? Possiamo concludere che la fedeltà non è mai un adeguamento alla lettera di ciò che è stato nel passato e che il tempo è destinato a far svanire, ma è una fedeltà rivolta al futuro. Una fedeltà rispetto a qualcosa che è sempre da costruire. A quello Stesso che – come dice Recalcati – non può che diventare sempre Nuovo.

 

 

Massimo Recalcati terrà una lezione magistrale, Della nevrosi in amore, presso il Teatro Franco Parenti mercoledì 2 aprile alle ore 18.00

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