George Saunders e quattro classici russi 

11 Gennaio 2023

In questo nostro tempo di sensazionalismi, un modo efficace per attirare l’attenzione è far credere di avere la ricetta perfetta, anche in ambiti in cui la ricetta perfetta difficilmente esiste. D'altra parte è comodo cedere al tutto e subito, al titolo acchiappa-click, al manuale o al tutorial che ci dice come si fa. Va invece nella direzione opposta George Saunders con il suo ultimo libro Un bagno nello stagno sotto la pioggia (Feltrinelli, 2022, trad. di Cristina Mennella), e lo fa a partire dal titolo che non ci svelerebbe nulla sul suo contenuto se non ci fosse anche il più esplicativo sottotitolo: in cui quattro scrittori russi tengono una master class sulla scrittura, la lettura e la vita.

In questo ironico understatement ravvisiamo un'altra caratteristica dell'autore: è chiaro che è lui a tenere la master class, non gli autori russi, ma sminuirsi dev’essere una sua peculiarità. «Non sono un pensatore molto acuto» diceva di sé in un’intervista del 2016, oppure «non sono uno scrittore con un grande talento», ha dichiarato in un’altra intervista di alcuni giorni fa (shorturl.at/oyEQX). Eppure i premi letterari ricevuti, tra cui il prestigioso Booker Prize nel 2017 per Lincoln nel Bardo, il premio PEN/MALAMUD nel 2013 per essersi distinto nei racconti e il riconoscimento del "Time", nello stesso anno, come una delle cento persone più influenti al mondo, sembrerebbero mettere in dubbio le severe dichiarazioni su di sé.

Ingegnere di formazione e ora scrittore di successo, Saunders insegna anche alla Syracuse University. È proprio dalla sua esperienza di insegnamento, da lui ritenuta una benedizione, che nasce questo libro. Una modesta versione del corso lo definisce lui, riferendosi al corso sui racconti russi dell’Ottocento tradotti in inglese che tiene ormai da vent’anni. Servendosi di sette racconti russi, contenuti e analizzati nel volume, Saunders mostra ai suoi studenti e – attraverso il libro – ai suoi lettori come «funziona un racconto che funziona» (p. 167). Una formulazione forse riduttiva, ma che intende andare oltre la mera bellezza o piacevolezza, poiché vede nel racconto un sistema complesso che non esiste per caso e che è anzi in grado di «trasferire energia» (p. 70). 

Proprio la volontà di conservare quell’energia e di preservare le intuizioni e i significati dischiusi dalla costante rilettura dei racconti negli anni, lo ha portato alla stesura di questo libro. Simile in molti aspetti alle Lezioni di letteratura russa di Vladimir Nabokov, autore più volte citato nel volume, Un bagno nello stagno è però anche l’occasione per Saunders per confermare a sé stesso la propria convinzione nella professione di narratore e, allargando il campo, per rispondere alla fatidica domanda sulla funzione della narrativa. La risposta, data senza enfasi o pretese di verità, anzi cautamente attenuata per non dare luogo a sopravvalutazioni, non è particolarmente originale: la narrativa cambia la nostra mente, rinvigorisce le nostre capacità linguistiche, affina la consapevolezza che abbiamo del mondo. Ci arricchisce, insomma, e ci rende più attenti e più capaci di capire la realtà. Cose notevoli che credo non sia male ribadire.

Più godibile e istruttivo è invece il percorso che conduce alla risposta, che è anche un percorso di consapevolezza e conoscenza di sé. Con ironia Saunders guida i suoi studenti, tutti giovani scrittori, nell’individuazione delle caratteristiche di un racconto ben fatto (la specificità, il rapporto di causa-effetto, il crescendo, l’organizzazione della materia narrativa, per citarne solo alcune) e dei suoi punti di forza e debolezza. Gli esempi pratici mostrano però che non esistono regole assolute, perché i punti di forza di un racconto possono rivelarsi punti deboli in un altro, oppure un apparente difetto può trasformarsi in un elemento di valore. Ma Saunders esorta anche a chiederci che effetto ci ha fatto il racconto, cosa ci ha emozionato e perché, cosa ci aspettavamo e cosa ci resta di quell’aspettativa.

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A parte il primo racconto del volume, che viene smontato e analizzato in porzioni di testo, tramite un’operazione simile a quella che fa Slavoj Žižek nel documentario The Pervert’s Guide to Cinema (2006), gli altri racconti sono trascritti per intero e poi analizzati. Gli autori rappresentati sono Čechov, Tolstoj, Turgenev e Gogol’. Perché i russi e non gli americani? gli viene chiesto in un’intervista. «The Russians come directly at what I'd consider to be the big questions of life. So do Americans, but there’s something to the simplicity of the Russian approach». C'è chi potrebbe dissentire da questa risposta, ma sicuramente i racconti scelti si prestano bene agli scopi didattici che a Saunders interessano. Come lui stesso sottolinea, leggere i racconti russi dell’Ottocento è, per un giovane scrittore, come per un giovane compositore che studia Bach. Non mancano tuttavia riferimenti alla letteratura americana, espliciti apprezzamenti per Hemingway, di cui si dichiara un fan, e paragoni tra personaggi della letteratura russa e anglo-americana, come quello tra Vasilij del racconto di Tolstoj Il padrone e il lavorante e il dickensiano Scrooge.  

Viaggio sul carro, Anima cara e L’uva spina sono i racconti di Čechov che vengono analizzati nel volume e di cui Saunders apprezza particolarmente i finali, capaci di creare un mondo futuro di possibilità plausibili. Mentre due esempi della maestria di Tolstoj sono i racconti Il padrone e il lavorante e Alëša Bricco, fulminante capolavoro, quest'ultimo, la cui ambiguità finale, insieme a quella del personaggio stesso, danno luogo a un’interpretazione potenzialmente speculare del racconto. Il naso di Gogol’ è invece un esempio dell’infrazione della regola che origina l’assurdo e quindi l’implicita accettazione, da parte di noi lettori, di una realtà in cui un naso cammina e fa i dispetti. Ma, accettata questa realtà, continuiamo a leggere il racconto e ce lo godiamo, nonostante la prosa volutamente sgraziata ed inelegante (difficile però da cogliere in traduzione), funzionale a tratteggiare quella che Puškin chiamava la «dozzinalità dell’uomo dozzinale» e in cui Gogol’ era maestro.

Nettamente inferiore agli altri racconti è I cantori di Turgenev che riesce però ad emozionare Saunders malgrado la sua imperfezione. Il racconto narra con molti dettagli e digressioni di una gara canora tra due sfidanti, uno in possesso della tecnica, l’altro in grado di emozionare l’uditorio. Il tema della sapienza tecnica in contrapposizione al potere emotivo dell’arte sarebbe caro a Turgenev poiché consapevole, secondo Saunders, dei propri limiti di narratore. Così, nel racconto, avrebbe puntato ad emozionare il lettore per compensare la sua «tecnica pasticciona» (p. 127). (Qui e altrove Saunders è molto più bonario nell'esprimere giudizi rispetto a Nabokov nelle sue Lezioni.)

L’analisi dei racconti prende in considerazione sia aspetti di forma che di contenuto, attraverso un approccio eclettico, con echi formalisti e strutturalisti, ma essenzialmente esperienziale-intuitivo. Questo consiste nel porsi delle domande durante la lettura, nel chiedersi, ad esempio, che piega prenderà il racconto, perché venga attirata l’attenzione su un dettaglio apparentemente insignificante, perché il personaggio agisca in quel modo in quel particolare momento. È così che il lettore affina la capacità di rispondere a un’opera d’arte e di esprimere quella risposta, ed è ciò che, secondo Saunders, fa la critica. Questo approccio, volutamente non da studioso né da storico della letteratura, come esplicitamente dichiarato, risulta accessibile grazie ai numerosi esempi pratici, alle limpide metafore, agli aneddoti autobiografici e ai rimandi alla contemporaneità. Ad esempio, la concezione di felicità come forma di oppressione, esposta dal personaggio di L’uva spina di Čechov, è un modo per riflettere sulla presunta felicità ostentata sui social. «Si fa presto a tramutarsi in coglioni molesti su Instagram, in piedi sotto una cascata inghirlandata di fiori» (p. 400).

Gli aneddoti autobiografici includono anche riferimenti al metodo creativo di Saunders narratore. Per iniziare un racconto serve una frase, più che un’idea, e poi piccoli blocchi di testo grezzi e scollegati prendono forma seguendo un processo che difficilmente ha un’intenzione definita. Ecco la rivelazione del proprio percorso creativo, che è anche un ottimistico incentivo alla scrittura, com’è del resto ottimistica la visione che Saunders ha del mondo, dell’umanità e dell’arte. I racconti analizzati sono dei piccoli capolavori, ma ci tiene a precisare che i loro autori scrissero anche racconti meno belli, «perché nessuno mette immancabilmente a segno colpi da maestro» (p. 407). Insomma, tranquilli, non sentitevi intimiditi al cospetto di Tolstoj.

Per qualcuno potrebbe forse essere consolatorio, e se non funziona l'incentivo alla scrittura, potrebbe venir voglia di mettersi alla prova con l’analisi minuziosa di un nuovo racconto o di leggere tutti i racconti di Čechov. Il volume è però soprattutto una guida, tanto che chi vuole beneficiarne fino in fondo può persino esercitarsi con le appendici finali (Un esercizio di taglio, Un esercizio sul crescendo, Esercizio di traduzione). Ma credo che anche chi si trova dall’altra parte della cattedra possa cogliere utili spunti su come far esperire direttamente e praticamente ciò che si insegna, andando oltre le frasi fatte e sporcandosi le mani con la vera sostanza della materia in questione. 

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