Lucciole, piccole lune terrestri

5 Dicembre 2024

Durante le mie ricerche a tema entomologico ho notato un libro di piccole dimensioni sulla cui copertina, nei toni del verde, serpeggia un sentiero crepuscolare tra alte conifere, costellato da piccole fosforescenze. Esposto su uno scaffale, nella sezione dedicata al tema del viaggio, m’è apparso come un’epifania. Quel sottobosco, prima ancora di leggere il titolo, ha fatto intendere che avrebbe parlato d’insetti.

La notte delle lucciole. Piccoli percorsi selvaggi alla scoperta della meraviglia, di Alessandra Vella, è uscito quest’anno per l’editore Ediciclo di Portogruaro. Sul tema dei Lampiridi – così si chiama la famiglia di Coleotteri cui appartengono le lucciole – ricordavo solo l’opera di Lafcadio Hearn (1850-1904), scrittore e iamatologo irlandese noto anche con lo pseudonimo di Koizumi Yakumo. Il suo Le farfalle danzano e le formiche s’ingegnano (Roma, Exòrma, 2017) raccoglie le prose entomologiche scritte alla fine dell’Ottocento con gusto romantico, tra il gotico e l’eccentrico, durante la lunga permanenza in Giappone. Vi si menzionano gli haiku che i poeti del Sol Levante dedicarono alle lucciole, apparenze spettrali cacciate per l’affascinante luminescenza. Attendevo quindi da tempo un’opera che attualizzasse tale antica tradizione storico-antropologica.

Questo nuovo La notte delle lucciole fa parte della collana “Piccola filosofia di viaggio”. In apertura la presentazione dell’autrice motiva la sua passione per tali insetti evocativi che accomunano scienza e poesia, temi tassonomici e ecologici, ecologia e etologia, accendendo la curiosità. Scopro così che Alessandra è nata a Milano, ha trentaquattro anni, ha vissuto in vari paesi e viaggiato per il mondo. Di professione progettista europea per un’organizzazione di ripristino ambientale ha preso parte alla riqualifica della Cascina Sant’Ambrogio e svolge lavoro di frontiera col gruppo politico No Borders, oltre ad attività di salvaguardia delle testuggini marine in Grecia, assieme a Toulipa Goulimi.

La meraviglia – che secondo Aristotele è motore di ogni ricerca – è il sentimento che lega le vicende del racconto autobiografico. La scintilla di un’affinità elettiva anima dalla forza metaforica delle lucciole che, al pari dei fiori, dei tramonti e dei gabbiani, tematizzano una poesia della poesia, un sentimento culturale che per la specie umana s’identifica con la bellezza stessa. Rare da vedersi, almeno in ambiente cittadino, e sempre più difficili da incontrare anche in campagna per l’inquinamento e per la perdita di legami con l’ambiente, rischiarano le tenebre, affascinando col “mistero” della loro flebile e abbagliante intermittenza, l’apparire e scomparire d’un gioco psicanalitico, tra assenze e presenze. Non sono solo angeliche ma anche luciferine creature cadute, accese dalla luciferasi – l’enzima che le illumina – diaboliche e spietate in quanto le loro larve carnivore divorano chiocciole e lumache.

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Catturare le lucciole, Kitagawa Utamaro, ca 1796-97.

Difficili da fotografare, in quanto elusive (è quasi impossibile catturare la loro luce), sono enigmatiche e preziose. La loro ricerca, come ogni indagine tematica, diventa lo spunto per esplorare luoghi lontani o difficilmente accessibili. Vivendo in habitat fragili, sviluppano l’attitudine umana a proteggere, a prendersi cura dei posti in cui esse vivono: se le lucciole sono tornate anche in città, nei terreni incolti, nella friche, le persone spesso lo ignorano, non uscendo di casa la sera a passeggiare. Mettersi quindi in cerca di lucciole durante il periodo degli accoppiamenti, tra fine maggio fino a fine luglio, può significare quindi un’esperienza di socializzazione fuori dagli schemi della società dei consumi, una passeggiata per condividere valori naturali, senza telefono, in silenzio, quasi una cerimonia collettiva. Osservare le loro luminescenze tra il gracidio delle rane, il fruscio dei rami, lo sciabordio delle acque, è un modo d’incantarsi davanti alla natura.

L’autrice dichiara che studiare i Lampiridi con metodo entomologico le è parso un tradimento, come se davanti a uno spettacolo di magia si svelassero i trucchi del prestigiatore al pubblico. Mi è tornata in mente la disputa tra Roger Caillois e André Breton quando, posti di fronte al mistero dei fagioli saltanti messicani, si chiesero se fosse preferibile esimersi dall’indagare razionalmente i fenomeni naturali per dare spazio all’inconscio e al sogno o se non sia ancor più poetico approfondire, analizzando le cose, rompendo l’incantesimo superficiale. Il racconto riesce a far fronte a tale rischiosa scelta con la forza del punto di vista personale, tra diario e confessione, in cui le lucciole sono imprescindibili punti di luce nell’esistenza.

Il lettore resta contagiato dal genuino stupore provato dalla protagonista, dalla festa che si rinnova ogni anno nel periodo dello sfarfallamento, dal valore della predisposizione all’incontro o dell’attitudine a smarrirsi per trovare qualcosa di inaspettato e di sconosciuto. Il dato esperienziale, pragmatico e concreto, conferisce forza alla narrazione, come nel caso in cui viene raccontato il rituale di accoppiamento delle lucciole durante un festival di musica elettronica, secondo una “poetica dell’imprevisto” che coglie di sorpresa: la danza nuziale è breve “bellissima e finale, per questo così sacra”.

I ricordi personali s’intrecciano con gli echi letterari, come nel caso del romanzo Rayuela. Il gioco del mondo e di ciò che accadde quando l’autrice avrebbe dovuto incontrarne l’autore, Julio Cortázar. La narrazione segue le lucciole nella letteratura e nelle culture, diventando un’analisi antropologica, antologia dettagliata di come si riverberano nelle tradizioni. Ogni tappa del viaggio è compendiata dalla spiegazione di motti e usanze per cui a Capodistria sono dette “piccole lune terrestri”, in Svizzera e nelle isole dell’Egeo segnalavano un tesoro, mentre in Toscana e in Veneto per tradizione popolare imprigionare la lucciola sotto il bicchiere porta una monetina. Viene anche raccontata la storia del detto “prendere lucciole per lanterne”, inanellando citazioni da poesie, romanzi e film di animazione (Una tomba per le lucciole dello Studio Ghibli); da Shakespeare, Federico Garcia Lorca, l’Inferno di Dante. E poi Pirandello, Sciascia e Pasolini, col famoso articolo del “Corriere della sera” in cui la lucciola diventa simbolo di ciò che è perduto, della civiltà contadina distrutta dall’avanzare del consumismo capitalista.

Simbolo di amore e passione, di desiderio, i Lampiridi vengono inseguiti dal Grande Gatsby agli haiku giapponesi, dalle canzoni di Nick Cave, Lucio Dalla e Ex-Otago a Guccini e Paolo Conte, ricalcando le orme dei viaggi dell’autrice, in Portogallo come luci di stelle (così in Lullaby della poetessa Louise Glück) o a Camogli, nella poesia di Chandra Livia Candiani. Il libro squaderna un diario di “occasioni” e di incontri, aneddoti e piccole storie, esperienze di straniamento, di smarrimento e di incontro. Fino al caso dell’artista contemporanea Yayoi Kusama che ha esposto la sua opera Fireflies on the Water a Bergamo, con la infinity room al centro che conduce il lettore a fare quell’esperienza dell’infinito, che torna anche prossima a casa, nell’orto biodinamico della Cascina alle porte di Milano. Prendersi cura delle lucciole può significare anche curare la campagna, avere consapevolezza dei luoghi abitati, adottare un habitat. Come gli impollinatori, sono indicatori di salute d’un ecosistema, sensibili ai cambiamenti del loro ambiente vitale. Tanto che l’autrice arriva ad auspicare la protezione delle lucciole, come accaduto in Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna, istituendo aree di salvaguardia.

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Donna e bambino che catturano le lucciole Eishōsai Choki, ca. 1793.

In questo piccolo libro s’intrecciano in una danza esperienze personali, riflessioni filosofiche e letterarie, nozioni entomologiche. Accoglierle tutte significa accettare la caducità dell’istante, “la bellezza di un momento, regalando la consapevolezza che tutto muta”. Per questo le lucciole non andrebbero “cercate” bensì “aspettate”, suggerisce Alessandra, in quanto è più bello se “accadono” quando non le cerchi. Come durante il viaggio in Thailandia in occasione dei suoi venticinque anni, quando osservò i granchi bioluminescenti, un’esperienza inattesa che gli dette la possibilità di approfondire la differenza – non solo terminologica – tra fosforescenza, bioluminescenza e biofluorescenza in pesci, meduse, piante, funghi e altri insetti. L’analisi dei modi in cui reazioni chimiche o di assorbimento della luce esterna vengono usate da animali e piante per comunicare introduce l’incontro con Sara Lewis, biologa e professoressa tra le più importanti esperte di lucciole al mondo. Nella parte finale del libro diminuiscono i toni intimisti e la prosa si fa più didascalica ed etimologica, spiegando l’origine del nome della lucciola in Portogallo (cagalume a pirilampo), il fenomeno della bioluminescenza, il motivo per cui i maschi volano con la luce intermittente in cerca delle femmine, attere e a luce fissa.

Se in Sudamerica la lucciola è luce che rappresenta nobiltà di sentimenti e vivida intelligenza, tali faville di elementi cosmici, come le stelle per i marinai, indicano strade da seguire, viaggi e percorsi di vita. Orientarsi con le lucciole è un esercizio di equilibrio tra costellazioni, a giro per il mondo. Il libro si conclude con delle indicazioni su come allestire un “lucciolario” in giardino, un habitat umido e selvatico, facile da ottenere tenendo le foglie a terra, diversificando le specie vegetali, le piante più adatte in aree dedicate anche alle libellule, agli impollinatori e ai predatori – rane e rospi – lasciando cataste di tronchi idonei per lumache e chiocciole, nutrimento delle larve. Un idillio al riparo dal disturbo delle luci fisse artificiali.

L’incontro con le lucciole rappresenta quindi l’occasione per pensare in modo nuovo le relazioni con le persone, un modo diverso di vivere la vita e gli spazi incolti, lo straniamento dell’epifania entomologica che pone lo sguardo in una prospettiva eccentrica. Il messaggio più forte di quest’educazione sentimentale attraverso le lucciole è quindi che esse sono indicatori per ripensare nuovi valori: insegnano la bellezza dell’immaginazione, delle utopie, dei sogni che non si possono quantificare e vendere. Le lucciole “chiedono” a chi le incontra di tornare a fare esperienza della vita, di provare e sperimentare sul campo: sono tante piccole luci di verità politiche che accendono idee e significati rivoluzionari. Esseri guida, totem che indirizzano l’esistenza verso nuovi valori, indicando un “sentiero luminoso”.

Osservazione delle lucciole, Toyohara Kunichika, 1861.

Nella bibliografia del libro, incuriosito da tanta ricchezza di fonti scientifiche e letterarie che accompagnano le esperienze dell’autrice, ho ritrovato la fonte di quasi tutte le etimologie e delle opere citate. Ho scoperto che alle spalle di questo piccolo libro poetico sta un grande e magistrale tomo scientifico, ossia la guida tassonomica al riconoscimento e allo studio dei Lampiridi italiani di Fabrizio Fanti dal titolo Guida alle lucciole d’Italia. Lampyridae (edita da C&P Adver Effigi nel 2022); compulsandola sono risalito alle fonti, qui trattate però, come si addice a un manuale, in modo schematico e scevre da ogni implicazione lirica.

L’intento di Fanti nel redigere il catalogo – che è sia una guida pratica che un testo specialistico per entomologi – è di divulgare il mondo delle lucciole e contribuire alla loro salvaguardia. Dotato di un ottimo impianto iconografico è un’opera magistrale, una esaustiva analisi del mondo delle diciannove specie di Lampiridi italiani (le più note sono Luciola italica e Lampyris noctiluca) incentrata sulla tassonomia e la bio-ecologia, frutto di anni di puntuali ricerche e osservazioni sul campo e in laboratorio. Descrive minuziosamente la ricerca delle lucciole sul territorio, preparazione, descrizione, allevamento, studio degli stadi preimmaginali, dissezione edeagica e determinazione dei tratti diagnostici. Analisi del ciclo vitale, della bioluminescenza, della Derivatio nominis e dei luoghi dove vivono.

Laddove La notte delle lucciole è un percorso personale che dall’esperienza quotidiana si apre poeticamente al cosmo, a una dimensione collettiva, la Guida alle lucciole d’Italia compie un percorso inverso: parte dalla collettività delle lucciole per tracciare una strada particolare. La poesia posta in esergo all’opera (che Fanti si auto-dedica) indica la via che dalla varietà delle forme viventi porta l’autore a trovare sé stesso, la propria vocazione di ricercatore e di entomologo. Se lo scopo del manuale scientifico è quello, dichiarato nella postfazione, di servire quale spunto per gli appassionati ad esercitare la curiosità e approfondire il tema della biodiversità, educando a preservare l’ambiente, il diario letterario di Alessandra Vella ne è il frutto ideale, la compiuta discendenza, la naturale ma non scontata evoluzione.

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