Scrittori e insetti

13 Agosto 2024

Chiunque si domandi in quali opere letterarie italiane vengano citati gli insetti trova nei saggi di Epifanie entomologiche. Gli insetti nella cultura italiana (Troubadour Publishing, Leicester, 2023) molte e utili risposte. Le quattrocento pagine del volume curato da Daniela Bombara e Ellen Patat sono una miniera di spunti e analisi testuali. Con rigore accademico il tema viene analizzato in ben ventidue articoli. Da Dante alle formiche, attraverso le api virgiliane, passando per pulci e mosche nel seicento letterario, le farfalle di Gozzano e i tarli di Gadda, fino al grillo parlante in Collodi e la metamorfosi kafkiana, il catalogo che si squaderna solleva questioni e offre al ricercatore materiali utili per ulteriori ricerche. Il libro è suddiviso in due sezioni disposte in ordine diacronico. La prima, Entomologie letterarie è incentrata sugli insetti nella scrittura, a partire dagli “entomata” di Dante, dalle citazioni nel Decameron e nelle novelle del Cinquecento, mentre la seconda, Proliferazioni entomologiche nelle arti: musica, teatro, cinema, videogiochi, si apre a tutte le altre arti contemporanee. 

Appare subito evidente come il lavoro stesso del critico somigli a un’attività entomologica: scrittore e ricercatore ricordano sia un insetto che un collezionista che analizza la realtà attraverso una tematizzazione didattica, una osmosi di genere e di transcodificazioni. Come esplicitato nella Premessa (in inglese) e nell’introduzione che funziona da planimetria dell’opera, l’intento è di evolvere le narrazioni naturalistiche in entomologia culturale, la consapevolezza dell’immaginario legato agli insetti. Primavera silenziosa di Rachel Carson viene citato col proposito di far risaltare la loro eccezionale natura: se niente pare essere impossibile per gli invertebrati, essi mostrano fenomeni incredibili e la loro apparente stranezza diventa un efficace strumento per mettere in discussione i pregiudizi epistemologici antropocentrici. Le curatrici del volume auspicano perciò studi sulla biodiversità che vadano oltre alla nota e carismatica mega-fauna dei mammiferi e degli animali domestici, superando il pregiudizio negativo verso gli artropodi, sospesi tra bello e grottesco, relegati a una fascinazione romantica e infantile. 

Come già Fulvio Giachino, nel saggio di antropologia entomologica Insetti: Dei e demoni (WBA Books, 2022) ripercorre il terrore e la fascinazione degli esapodi sulla specie umana, quest’analisi letteraria polarizza gli stimoli suscitati dagli insetti. Da un lato vengono visti quali creature demoniache, luciferine, ctonie, legate alla putrefazione e alla morte, dall’altro come simboli di bellezza e libertà, di rinascita, del mondo femminile e dell’amore. Un superamento di categorie e stereotipi che però non può realizzarsi compiutamente quando il critico ha per oggetto di studio non gli insetti ma le opere d’arte del passato, dove la fascinazione è spesso fondata proprio su tali dicotomie e pregiudizi. Un limite che emerge in modo chiaro quando vengono messi a confronto i letterati non entomologi con autentici entomologi letterati, come nel caso dello svedese Frederik Sjöberg, autore di L’arte di collezionare mosche (2015) il quale nel 2016, a Mantova, in Il favoloso mondo degli insetti, sottolineò l’importanza del tema del collezionismo come modo per instaurare un controllo sul caos della vita. A differenza di critici e letterati infatti, Sjöberg è prima di tutto un entomologo che, sul campo, si dedica pragmaticamente alla ricerca e che da tassonomo classifica i ditteri sirfidi, ponendoli al centro della narrazione.

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Ad eccezione del contributo di Rinaldo Nicoli Aldini – docente di Agraria all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – che analizza la presenza degli insetti in Dante, l’impianto dell’opera è letterario. Vi si considera l’invenzione narrativa, stilistica o retorica, a prescindere dalla specie di insetto, dalla tassonomia, dalle caratteristiche morfologiche o etologiche. E l’attenzione dei letterati è da sempre in prevalenza rivolta a pulci, api, mosche, formiche e bachi da seta, che vivono in simbiosi con la specie umana, e ai loro archetipi letterari nella tradizione classica. Così Marianna Nespoli si concentra sull’opera di Paola Masino, Nascita e morte di una massaia, un bildungsroman femminile con allusioni al mito di Aracne delle Metamorfosi di Ovidio e a La Metamorfosi di Kafka, accettandone gli stereotipi letterari della “brutta larva” e della “bella farfalla”, della “metamorfosi perturbante”. Nel caso della ricerca di Davide Italia, che presenta le funzioni retoriche degli insetti nel corpus delle opere di Italo Calvino, interessano più i personaggi umani delle specifiche caratteristiche degli esapodi. Luca Danti analizza i due romanzi di Gadda, l’Adalgisa (dove è fondamentale l’analisi del ruolo del collezionista) e la Cognizione del dolore, sottolineando il senso antropocentrico del disgusto per i “tarli divoratori” nella Cognizione e la nevrosi gaddiana verso ciò che non può essere ordinato.

Quando assediano l’inconscio gli insetti sono spunto, simulacro letterario per significare lo stato d’animo dello scrittore: la loro presenza nell’opera di Cardarelli (nel racconto Fine di una banda del 1952, dove si riscattano almeno in parte dal ruolo marginale e negativo) viene analizzata da Remo Castellini come metafora del sé, mentre Elisabetta Convento si occupa del genere fantastico di Dino Buzzati, del perturbante nella letteratura fantastica novecentesca, catalogando gli insetti come figure letterarie. Se il grillo che Armando Rotondi analizza in Pinocchio per la funzione di modello narrativo di entomologico ha soltanto il nome, Stefania La Vaccara si occupa del teatro di Franco Scaldati rilevando come gli insetti diventino dramatis personae, antropomorfizzati senza specificità biologica, figure di compassione verso coloro che vivono ai margini della società. Gli stereotipi satirici di Luciano Bianciardi, indagati da Diego Varini, appartengono al repertorio simbolico utile a stigmatizzare la società consumistica dell’Italia postbellica. Mosche e formiche sono correlativi oggettivi della vita quotidiana, metafore della disumanizzazione, cosicché gli insetti notturni nel cinema e nei videogiochi – letti attraverso l’entomologia forense e l’estetica videoludica – rafforzando l’equivalenza con gli abitanti dei bassifondi. Anche quando Elena Patat esamina le farfalle nella poesia di Guido Gozzano, ne pone in risalto il simbolismo, come esse siano emblema d’eleganza, eternità, spiritualità, della condizione esistenziale del mondo femminile. Daniela Bombara invece – che repertoria e indaga i canti emessi dagli insetti – nel decifrare il senso della sonorità entomologica coglie come il pascoliano correlativo oggettivo del sentimento di morte evidenzi proprio la difficoltà del letterato – talvolta poco dotato di competenze naturalistiche – nel comprendere le ragioni biologiche del comportamento degli insetti. 

Al di là degli intenti teorici di superare i giudizi schematici che la tradizione letteraria ha dato sul mondo degli insetti, il repertorio di Epifanie mostra la riduzione dell’insetto a emblema o metafora letteraria operata sia dagli scrittori che dai critici. Tra tante segnalazioni di occorrenze lessicali e analisi del testo il volume mantiene la scissione tra le due culture, umanistica e scientifica, con una propensione per la prima, indirizzata in ciò dall’impianto accademico che preclude la possibilità di trattare l’invertebrato in modo ibrido, come chiave per accedere all’altro-da-sé. Il grande lavoro di ricerca iniziato in questo volume meriterebbe di mantenere le intenzioni di metodo della premessa e di evolvere in una fusione tra ambiti di ricerca che magari, con immutata perizia filologica, ribaltino il paradigma umanistico analizzando come opere d’arte anche le collezioni, i diorami museali, i trattati scientifici e gli articoli entomologici. Per porre infine l’insetto, e non l’autore, al centro dell’indagine testuale.

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