M5S: Un po' broadcast, un po' network
Romperò un computer con la mazza a ogni spettacolo.
(Beppe Grillo)
Tra le tante letture che si possono dare del fenomeno Grillo – e sicuramente quella di Oliviero Ponte di Pino, in Comico & politico. Beppe Grillo e la crisi della democrazia, è una delle più affascinanti – proverò a concentrarmi sul rapporto di Grillo con la rete e con la cultura digitale. Un comico che nel 2000 si dichiarava luddista è diventato il profeta della democrazia digitale. Come è possibile?
Blog, streaming, meetup, web 2.0, democrazia diretta online, sono le parole chiave ripetute come dei mantra e rese popolari dal comico genovese, dopo che nel 2004 ha fatto la conoscenza dello stratega digitale Gianroberto Casaleggio. La mia tesi però è che, nonostante la trasformazione in un “teologo” della Rete e del suo potere, Grillo rimanga un personaggio dell'epoca broadcast, figlio della comunicazione di massa. L'efficacia e il successo del suo movimento, in Italia, è dovuta, tra le tante cose, a questa strana commistione di cultura broadcast e cultura di rete, network.
Grillo è un personaggio reso popolare dalla televisione negli anni settanta e ottanta, uno di quelli che meglio ne ha capito il linguaggio (la vena polemica, la faccia che si avvicina alla telecamera, il monologo). Una volta sceso dal palco dello studio televisivo, ha continuato i suoi spettacoli sui palchi teatrali e soprattutto nelle piazze. Il “partito di Grillo” esisteva potenzialmente ben prima che nascesse il Movimento pentastellato, esisteva nelle piazze che riempiva durante i suoi tour. Da qui, il passaggio da comico a politico è stato facile: prima gli spettatori pagavano un biglietto per vedere il Grillo comico, poi hanno iniziato ad andare agli spettacoli del Grillo politico e tra i due momenti non c'è stata soluzione di continuità. Grillo aveva già un pubblico televisivo e poi “di piazza” che lo seguiva e che via via, una volta sceso in politica, si è allargato. Gli spettatori paganti si sono convertiti in molti casi in elettori e attivisti.
Anche senza la televisione, Grillo ha continuato a fare quello che ha sempre fatto in televisione: il comico che recita un monologo incazzato, che richiamava gli spettatori/elettori all'indignazione e alla rivolta morale. La forma tradizionale del comizio politico è stata sussunta, inglobata dentro lo schema dello spettacolo satirico e la logistica del “tour”: i simpatizzanti di Grillo non vanno a sentire un comizio elettorale ma uno spettacolo di info-tainment dal vivo.
La modalità comunicativa di Grillo, anche durante i tour è quella broadcast, cioè da uno-a-molti, da un centro che emette a una massa che riceve, un monologo simile al vieo-messaggio berlusconiano: io parlo, voi ascoltate. E questa modalità broadcast, di comunicazione unidirezionale verso un largo pubblico, l'ha mantenuta anche nel blog. È vero che il blog permette i commenti (quando il 12 ottobre 2005 andò online il primo post, i commenti furono più di 3000) e che non è soltanto lui a scrivere, ma non c'è dialogo tra chi scrive e chi commenta, c'è solo lo spazio, per tutti, di monologare. Inoltre, il linguaggio del blog è quello sensazionalista dei grandi giornali di massa ottocenteschi, della stampa popolare, la penny press: attraverso i titoli iperbolici (“Clamoroso!”), i nomignoli (“Rigor Montis”, “morto che cammina”, ecc...), la retorica altisonante, trasmette messaggi semplici, comprensibili, coerenti, facilmente assimilabili da un vasto pubblico di e-lettori in un paese dove l'analfabetismo di ritorno è tra i più alti d'Europa (il 71% della popolazione non comprende un testo di media difficoltà).
La comunicazione grillina è verticista, broadcast, nella misura in cui il capo detta la linea con un post sul suo blog e questo post viene condiviso e trasmesso da migliaia di persone sui propri social media. Questa comunicazione capillare e molecolare non funziona come la rete mondiale dei trasporti aerei, dove esistono tanti Hub, tanti scali principali che interagiscono con una serie di scali minori. Nella rete di Grillo esiste un unico Hub, un unico scalo principale – il suo blog – posto al centro del modello comunicativo.
La cultura broadcast la ritroviamo in iniziative grilline recenti come quella della web sit com Camera dei Deputati Café, una serie che fa informazione attraverso registri comici e satirici. La serie è a tutti gli effetti un format televisivo, sulla falsa riga del celebre Camera Café, e reca, in didascalia la frase “satira e ironia per farvi divertire con la politica”. Gli episodi prendono di mira giornalisti e politici, con il tono della conversazione da bar.
La cultura broadcast la si ritrova anche nell'uso dello streaming, una tecnologia resa popolare dai grillini e usata per trasmettere in diretta video online riunioni e sessioni parlamentari. Nel momento in cui Grillo impone a Bersani la diretta streaming dell'incontro tra i due, trasforma la riunione politica in un evento spettacolare, portando Bersani a giocare in trasferta sul suo territorio elettivo: il palcoscenico. Lo streaming trasforma tutto in “scena”: ci sono le videocamere, ci sono gli attori e c'è, in massa, il pubblico da casa. Grillo piega anche qui una tecnologia digitale alle logiche broadcast di uno spettacolo di massa.
Ma sarebbe riduttivo e ingiusto fermarsi qui, perché il M5S ha davvero innovato la pratica politica attraverso l'uso della rete e attraverso la sperimentazione di forme di proto-democrazia digitale.
I meetup, la costruzione di tante reti di sostenitori, l'attività incrociata su blog, You Tube, social media e mailing list per conversare, informare, convocare e ritrovarsi in piazza, la commistione online-offline-online (dai social media alle piazze, dalle piazze ai social media), la convinzione che ognuno, nel suo piccolo, è un medium che può rilanciare e far circolare la comunicazione (l'ormai famigerato slogan grillino “Fai girare!!”), l'idea che tanti piccoli media/persone, una volta connessi, possono fare a meno della potenza dei media tradizionali (da qui il disprezzo dei giornalisti della carta stampata e della tv e l'idea grillina della comunicazione DIY - do it yourself), sono tutte pratiche che hanno davvero cambiato il modo di fare politica attraverso l'uso di tecnologie digitali.
Grillo ha capito prima di altri la grammatica dei media digitali, che sono per loro natura, come sostiene Jenkins, spreadable, diffondibili, permettono la connessione di tanti nodi della rete ed ognuno di questi nodi è capace di generare e far circolare contenuti digitali. Grillo ha piegato gli spreadable media, i social media, alla cultura broadcast, trasformando i suoi spettatori in attori (come sostiene Oliviero Ponte di Pino) che ritrasmettono verso le proprie micro-audience il messaggio del capo.
In nome di queste pratiche molti hanno avvicinato il M5S ad altri movimenti politici europei come i partiti pirata nord europei e il movimento degli Indignados spagnoli. Seppure Grillo condivida con questi alcuni temi e pratiche, il paragone non credo sia molto azzeccato.
I pirati del nordeuropa, gli indignados spagnoli, i movimenti Occupy americani e il più recente Internet Party, da poco fondato dal punk capitalista Kim Dot Com in Nuova Zelanda, sono dei figli legittimi della cultura digitale fondata sulle logiche di rete: la loro sperimentazione di pratiche di democrazia diretta digitale è molto più avanzata e collettiva del partito di Grillo. Questi partiti sono molto più concentrati sull'ottenimento di una serie di diritti digitali e sulla sperimentazione di nuove pratiche politiche di rete. Non hanno strutture gerarchiche verticiste come l'M5S, non hanno leader riconosciuti che dettano la linea, agiscono come reti di individui.
L'M5S è invece un movimento ibrido, che contiene in sé sia il leader carismatico del partito tradizionale sia le dinamiche di rete. L'M5S ha soltanto fatto suoi alcuni temi di questi movimenti, banalizzandone le pratiche, così come ha fatto suoi altri temi politici come il reddito di cittadinanza o l'intolleranza verso l'immigrazione, prendendoli in prestito dai movimenti di sinistra e di destra.
Grillo e Casaleggio hanno “cannibalizzato” idee e pratiche innovative come la democrazia digitale, adattandole a un format televisivo, edulcorandole per renderle comprensibili a tutti.
Mentre all'estero movimenti e partiti come i pirati e il Partido X (Spagna) guadagnano consensi interessanti ma ancora marginali da parte di nicchie circoscritte, in Italia, grazie alla commistione di temi di destra e di sinistra e di pratiche digitali, televisive e spettacolari, l'M5S è riuscito a diventare un partito di massa. In un paese dove la politica si presta ai lazzi del populismo per le sue tante inadempienze e dove l'analfabetismo di ritorno è ancora drammaticamente alto, un partito di nerd e attivisti digitali come quello dei pirati, indignados e occupy non poteva nascere. È nato invece uno strano ibrido, un po' broadcast, un po' network, un partito che mescola la rete con la televisione, o meglio, una rete con la televisione al centro.