Manuele Fior. Mondi dietro mondi

28 Ottobre 2015

Un sogno dentro un sogno dentro un sogno. Sfogliare Le variazioni d’Orsay, l’ultimo lavoro di Manuele Fior, equivale a cadere, morbidamente, da una linea – a volte chiara, a volte claire – sulle tinte pastose di Rousseau e sulle linee vaporose di Degas. Disegnate per il Musée d’Orsay (pubblicate in Francia con Futuropolis e in Italia con Coconino Press), le tavole delle Variazioni nascono per celebrare quello che è uno dei musei più importanti di Parigi e di Francia, ma non in modo didascalico. Come l’atmosfera della Parigi dei primi del Novecento aderisce ancora, suo malgrado, alle sale della vecchia stazione eretta per l’Exposition Universelle, così la storia dei Fauves e degli Impressionisti è per Fior nell’impasto dei colori e nella consistenza delle pennellate, e ancora, risalendo lungo pigmenti e pennelli, nell’impeto di chi li ha lasciati sulla tela.

 

Manuele Fior, Le variazioni d’Orsay, Coconino Press 2015

 

È all’inseguimento di questo movimento dalle creazioni ai creatori che la linea di Fior si getta, senza paura di assumere le sembianze di chi racconta: fluttuante e nervosa sulle ballerine di Degas, pulita e rotonda su Ingres, compatta e terrea sull’incantatrice di Rousseau che si modella dai colori e dalle forme della guardiana del museo.

 

Manuele Fior, Le variazioni d’Orsay, Coconino Press 2015

 

E la pagina stessa si lascia scomporre e ricomporre da questo continuo passaggio da storia a storia, da pittore a pittore, e da spazio del museo – dove nelle prime tavole passeggia anche, audioguida alla mano, lo stesso autore – a spazio del racconto: la griglia classica si spezza e si ricompone, si fonde e si divide, sempre a inseguire il flusso delle variazioni, modulandosi sugli stili dei capolavori dell’Orsay. “Mi piace il concetto di variazione in sé, che siano quelle Goldberg di Bach o quelle di Queneau nei suoi Esercizi di stile” racconta Fior. “La necessità era quella di gestire materiale molto diverso, sia a livello grafico che di contenuto, per cui ho voluto ideare un contenitore che potesse tenere dentro di tutto, a patto che fosse legato a doppio filo con la storia della stazione d’Orsay. Ho approfittato anche dell’occasione per deviare dai miei temi abituali e fare qualcosa di più leggero, a tratti comico, spero di esserci riuscito”.

 

Una deviazione dal tema che però mantiene intatto il gusto per la narrazione che lavora su piani differenti, sul gioco – nel senso di movimento libero in uno spazio intermedio, vuoto, tra superfici – tra livelli diversi che si sfiorano, negli ingranaggi della narrazione: nelle Variazioni è il fuori e il dentro il quadro, così come nell’Intervista era la sovrapposizione – che fa scintille luminosissime, in tutto quel bianco e nero – tra pensieri, allucinazioni ed eventi reali, tra scenari futuristici e fantascienza. E in fondo anche in Cinquemila chilometri al secondo a parlare sono i silenzi tra i due protagonisti, mentre a sfiorarsi, oltre ai loro corpi, sono i loro due passati che arrivano da distanze siderali.

 

Manuele Fior, Cinquemila chilometri al secondo, Coconino Press 2010

 

Il campo di questo gioco è la tavola, con i suoi ritmi, che per sua natura costruisce dei fuori campo e affida loro una parte importante della narrazione. E se è quanto è affidato al fuori campo, nel fumetto, che contribuisce a creare uno stile narrativo, ecco che forse potremmo definire ellittico, sfuggente, obliquo quello di Fior – uno stile per tratteggi, più che per linee piene, proprio come nelle sue figure. Non c’è bisogno di dire tutto, di disegnare tutto, quando lo si può suggerire e prolungarne l’ombra anche fin dove non vediamo.

 

Manuele Fior, L'intervista, Coconino Press 2013         

 

In tutto questo, arriva prima il disegno o il colore? Cosa guida il gioco, cosa gli dà forma? E come cambia l’approccio alla pagina, progetto dopo progetto? “Dipende da tante cose: il libro, la pagina o la vignetta. Nelle Variazioni direi che in generale arriva prima il disegno, è una storia molto costruita e ritmicamente molto intensa. Forse solo nella prima sequenza di sogno della guardiana ho lasciato la briglia al colore, altrimenti è lui a seguire il disegno. Libro dopo libro la mia pagina è diventata più flessibile nella sua architettura: ho abbandonato per il momento la griglia 3 per 3, per trovare forme e strutture più libere, un po’ come avevo fatto ne La signorina Else, che corrispondono anche a stili di narrazione più variegati”.

 

E anche la tecnica asseconda, come sempre nelle intenzioni dell’artista, la libertà di movimenti e di forme: è la gouache, “che mi lascia fare quasi tutto quello che voglio” sottolinea Fior. “È versatile, permette di correggere gli errori, non puzza come l’olio e i colori sono molto belli, più belli degli acrilici che avevo usato in Cinquemila chilometri al secondo”. Così versatile che a sfogliare le Variazioni sembra di passare, in velocità, per i corridoi stretti e affollati di tele del museo, lasciando scorrere gli occhi da uno stile all’altro senza quasi fermarsi a mettere a fuoco, a distinguere un Gauguin da un Renoir, a individuare forme o cogliere sfumature.

 

In realtà lo scorrere dello sguardo sulle tele procede guidato dalla mano sapiente di Fior, che non infila variazioni su variazioni ma procede per opposizioni su opposizioni, portandoci all’interno di una storia ben ordinata e aprendo man mano fessure che ce la fanno guardare da fuori. Costruiscono mondi e percorsi le architetture, che sbalzano fuori dalla pagina come da un progetto architettonico (Fior, architetto, è attento alla “solidità delle forme”, a riconoscerle, “che siano nella pianta di un edificio o nella struttura di una tavola”), e aprono altre vie le forme che le rompono, costringendoci a spostare lo sguardo altrove.

 

Manuele Fior, L'intervista, Coconino Press 2013

 

Non c’è nulla che abbia una sola faccia, e nessuna faccia è opaca, sembra dire Fior. Anzi, nel riflesso che scorgiamo, guardandolo bene, scopriremo qualcos’altro che non avevamo immaginato.

 

Manuele Fior, Le variazioni d’Orsay, Coconino Press 2015

 

 

Manuele Fior. Nato a Cesena nel 1975, dopo la laurea in Architettura a Venezia nel 2000, si trasferisce a Berlino, dove lavora fino al 2005 come fumettista, illustratore e architetto.
 Tra i suoi ultimi lavori le graphic novel L’intervista (Coconino Press 2013), Cinquemila chilometri al secondo (Coconino Press 2010, Fauve d’Or per il Miglior Album al Festival Internazionale di Angoulême 2011, e Premio Gran Guinigi, Autore Unico, Lucca 2010), La Signorina Else (Coconino press 2009).
È del 2015, in collaborazione con il Musée d’Orsay di Parigi, Le variazioni d’Orsay, pubblicato in Italia sempre per Coconino Press. Come illustratore collabora, tra gli altri, con Le Monde, The New Yorker, Vanity Fair, Feltrinelli, Einaudi, La Repubblica, Internazionale. Vive e lavora a Parigi.

 

Il libro: Manuele Fior, Le Variazioni d’Orsay, Coconino Press 2015, pp. 72, € 16,00; Les Variations d’Orsay, Futuropolis 2015.

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