Una grande retrospettiva alla Casa dei Tre Oci / Mario De Biasi: gli scatti della vita

9 Giugno 2021

Ci sono occasioni in cui la storia e le storie si incrociano, si intersecano, circostanze in cui un luogo parla attraverso le immagini che ospita, ed eventi durante i quali le immagini sanno di letteratura e poesia. Queste sono congiunture tanto irreali quanto visibili, tangibili, a usare un modo di guardare a occhio di pesce, simile alla lente dell’obbiettivo, in cui cercare di notare tutto e far star dentro l’inquadratura uno spunto verso l’impossibile. Credo questo fosse, per tutta la sua vita, l’occhio del fotografo Mario De Biasi, e come per lui per tanti altri maestri: trovare la storia, e la Storia, e la bellezza che la racconta nei luoghi più impensati.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


L’occasione in cui tutto ciò accade è la mostra alla Casa dei Tre Oci: una retrospettiva ricchissima dedicata a Mario De Biasi a cura di Enrica Viganò. In mostra, lungo i 3 piani del palazzo, 256 scatti del Maestro che vanno a coprire il suo lavoro dal 1947 al 2003, tutta la sua carriera di fotoreporter. Molti degli scatti sono inediti e vengono presentati in una stampa vintage, accanto a disegni dell’autore, una grande quantità di copertine di Epoca, per il quale De Biasi è stato un intraprendente inviato, che riempiono il palazzo raccontando le storie e i luoghi per oltre 50 anni.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


La carriera di fotoreporter di De Biasi è un unicum, il coraggio e l’energia, talvolta la sfrontatezza, con cui ha scattato eventi pubblici e privati da prima degli anni 50 in poi, il fatto di essere sempre in movimento in lungo e in largo per un mondo allora non così facile da percorrere, la determinazione nelle guerre e nei momenti epocali della storia di testimoniare. Il suo proposito di fare la storia per immagini si amalgama con la storia dei Tre Oci, eccezionale ed eccentrica testimonianza dell’architettura veneziana di inizio ‘900 disegnata dall’artista Mario De Maria che fino agli anni ’85 è stato luogo scelto da artisti di tutto il mondo come luogo dove soggiornare, discutere, delineare grandi opere artistiche.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


Le fotografie di Mario De Biasi, immagini che immortalano il mondo, sono ai muri di una casa unica nel suo genere in cui, per lo più negli stessi decenni di quei reportage, gli artisti vi volavano da ogni dove in nome dell’arte. Ma i rimandi non finiscono qui, ma aumentano in maniera spettacolare tra il dentro e il fuori con i riflessi che il canale delle Giudecca restituisce dalle grandi vetrate del palazzo così da creare uno scherzo di rinvii in cui Venezia entra nelle immagini de De Biasi e gli scatti di De Biasi prendono la strada della città lagunare: non evitateli ma cercate tutti i riflessi, approfittate dell’infinito gioco del tempo e dei luoghi che si crea in questo posto magico. Le epifanie che si generano salendo e scendendo i tre piani luminosi del palazzo non si esauriscono nemmeno qui; ai più immediati e rilevabili significati e accostamenti con la storia emergono, non troppo timidamente, i rimandi alla letteratura del Novecento che tanto ha fatto parte anche del luogo. Non attraverso ritratti, ma attraverso immagini che ricordano l’ambientazione di molti romanzi: scatti del 1956 che raffigurano il transito illegale tra Ungheria e Austria: una corda sul fiume sulla quale innumerevoli immigrati saranno passati e probabilmente anche la stessa Agota Kristof a 21 anni proprio nel ’56 con il suo bambino al collo di pochi mesi. Con altri scatti di Budapest a metà degli anni ’50, la memoria va, tra gli altri, all’ultimo romanzo di Edith Bruck in cui la protagonista pochi anni prima passa proprio in quella scenografia.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


Le fotografie di De Biasi non mettono a fuoco solo dei determinati soggetti, ma spaziano parrebbe senza sosta, e si fermano su ogni dettaglio in cui il maestro intravvede bellezza perché, dichiarò, “Le belle immagini devi andare a cercartele, camminare e camminare, o anche solo fermarti e guardare con attenzione. Magari la fotografia è proprio lì, ma devi girarci intorno per notarla”. La rugiada su una ragnatela, Maria Callas, i lavoratori di Milano negli anni ’50, i barbieri di strada, la Siberia sotto i 50 gradi, Neil Amstrong, solo per citare solo alcuni dei suoi soggetti. Ne risulta così una mappatura dell’umano estesissima per tempi, luoghi, per espressione dei volti: una umanità dolente e sorridente. Le scene di vita sociale sono moltissime e parlano di gente e popoli, del singolo e dell’universale destino. 

Commuoversi davanti alle immagini dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale: un paese distrutto e abbattuto di cui l’occhio di De Biasi immortala anche il desiderio di rinascita unendo il degrado e la speranza insieme.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


Sorridere nel seguire la figura di Moira Orfei, nel cuore di Milano nel ’56, che tra uno scatto e l’altro (per lo più inediti) avanza in abito bianco senza maniche tra le piazze e le vie gremite da uomini e donne, gli uomini sono molti di più, increduli e attoniti alla sua sfilata, e tutti si voltano. Raccapricciarsi agli orrori di Budapest nel 1956, di fronte ai quali il nostro fotoreporter non si è mai fermato, rimanendo anche ferito ma ha sempre cercato di fermare la storia sulla pellicola. Questo suo coraggio a oltranza gli ha valso il soprannome di “italiano pazzo”. Meravigliarsi di fronte alle immagini di New York nel 1954 come, poco più di una decina di anni dopo, nell’operazione luna in cui segue passo passo l’avventura dell’Apollo 11.

Mario De Biasi racconta che raramente ha usato il teleobbiettivo, raramente dunque ha scattato da lontano, da fuori dalla scena, ma ha scattato da dentro la scena, dentro la storia.

 

Mario De Biasi, Tre Oci, @ Anna Toscano.


Ci ricorda la narrazione di un’altra grande fotografa del Novecento italiano, Letizia Battaglia da poco esposta in questo meraviglioso luogo. Battaglia racconta della sua foto a Bagarella in cui qualcuno pare, cosa che effettivamente stava facendo, sferrarle un calcio: lui poteva fare questo perché anche lei non usava teleobbiettivo perché doveva stare davanti alla persona, dentro l’evento. Il faccia a faccia con la storia che questi due grandi fotografi ci offrono con le loro opere è un viaggio bellissimo. Le opere di entrambi voleranno in molti altri musei e luoghi dove ammirarle. Non più qui, perché dopo tanti anni di memorabili e preziose mostre dedicate alla fotografia la Casa dei Tre Oci è stata venduta; non solo Venezia ma anche il mondo perde così per sempre il prodigioso manifestarsi di epifanie straordinarie.

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