Liala: le eroine di un altro tempo
Su Liala di Mariolina Bertini, uscito per Nuova Editrice Berti, è un agile volumetto che raccoglie riflessioni molto interessanti, e ad ampio raggio, sulle personagge di Liala e sui cambiamenti dell’immagine femminile nei romanzi scritti da donne oltre cinquant’anni fa.
La storia inizia in modo molto personale: è la vicenda dell’incontro tra Mariolina Bertini e i libri di Liala, incontro accaduto tardivamente rispetto alle possibili coincidenze degli anni.
Bertini infatti, come lei stessa narra, avrebbe potuto leggerli già da giovanissima perché ormai circolavano nel mercato ed erano piuttosto di moda. Ma quell’appuntamento di lettura è scivolato per alcuni anni per disparati motivi – una madre che decide quali libri la figlia debba o non debba leggere, il non scoccare ancora dell’epifania – fino a che una persona cara la svolta con poche parole.
Una signora che lavora in casa Bertini, Piera, e che trascorre del tempo condividendo gli stessi luoghi con Mariolina, ha sul comodino Dormire e non sognare. Piera, sollecitata dalla ragazzina su quale storia raccontasse quel libro, tentenna e poi condensa in una frase l’archetipo di tutte le storie di Liala “è la storia di Lalla, una ragazza bellissima, infelice per amore […]”.
E come spesso accade tra libri e persone sono i passaggi di parola, un cenno, una confidenza, un piccolo commento, una sola frase mentre si guarda una copertina, o mentre si allunga un libro, che scatenano una epifania che rimarrà ricordo per tutta la vita. Ricordo che, successivamente, altre lettrici, altre studiose, altre amiche, rimpingueranno. Da quel momento, di quasi una vita precedente, i libri di Liala sono stati per il resto dell’esistenza di Mariolina Bertini una parte delle sue letture, dei suoi studi, delle sue riflessioni.
Le riflessioni in questo volumetto sono molte, una in particolare prende avvio da un commento a una citazione di Liala su un social, il commento non è particolarmente grazioso e definisce i libri di Liala “una autentica porcheria”, e aggiunge “con tanti luoghi comuni sessisti e criptofascisti”.
Da qui seguire il filo di Bertini lungo la collocazione storica e le fasi di scrittura di Liala, attraverso i temi e le vicende dei romanzi, è molto avvincente.
Le personagge, anzi dovremmo chiamarle le eroine di Liala, si muovono in romanzi zeppi dei più scontati e retrogradi luoghi comuni degli anni Quaranta e Cinquanta, sono sempre donne bellissime – nelle loro descrizioni dettagliate di occhi, corpo, capelli, e se ricche con una possibilità di cambi d’abito e accessori quasi infiniti – e innamoratissime di uomini circondati da motori, tabacco e alcol. La morale è sempre quella: la personaggia che soffre terribilmente le pene d’amore e non cede col corpo avrà una svolta fortunata e sposerà l’uomo che ama; quella invece che cederà, e con ciò soffrirà ancora di più, finirà malissimo.
Morti, suicidi, sparizioni e riapparizioni, sono accettati come necessari cambiamenti di vita e svolte della narrazione.
Oggi tutto ciò certo può sembrare, anzi è, ciò che la commentatrice sul social ha espresso. Il punto è che è molto di più. Perché le eroine di Liala, oggi così perse forse nella lacca dei loro capelli, tra le spille ramarro dei loro abiti e tra i motori rombanti dei loro uomini, esprimevano nei ’40 e nei ’50 quella modernità che le ragazze andavano cercando, quella emancipazione che stava procedendo, quel desiderio di rincorrere i sogni che le donne facevano.
Le eroine di Liala non sono che le protagoniste di milioni di sogni a occhi aperti che moltissime Piera facevano mentre stiravano.
Perché sono eroine che si struggono d’amore e per portarlo a compimento hanno energie smisurate e fantasia illimitata. Così gli amori impossibili improvvisamente divengono possibili, un cambio di scena, di abito, un suicidio e la storia svolta. Sono tutti personaggi e personagge senza una esatta identità psicologica ma che fioriscono e si muovono con una fisicità tangibile in svariati cambi di vestito e in uno spazio pieno di oggetti.
La narrazione amorosa di Liala, anche nei decenni successivi, rimane la medesima fino al punto in cui non si sa quanto lei abbia afferrato i sogni a occhi aperti di tutte le “Piera” o quanto viceversa le “Piera” abbiano alimentato i propri sogni con le pagine di Liala.
E in questo non si può non pensare a una intera generazione di donne, appunto ragazze in quegli anni, cresciute pensando che la vita futura non fosse altro che rincorrere un amore e sperare che fosse quello fortunato, una vita come un eterno Via col vento a sospirare in attesa. La vita per tutte loro è stata davvero altro e di quel sogno a occhi aperti hanno poi portato la cicatrice fino alla morte.