Mario Guaraldi. Radici di carta, frutti digitali

2 Gennaio 2013

Mario Guaraldi, editore, ma più che altro agitatore culturale, è stato in Italia tra i primi a cogliere le possibilità date dall’informatica e oggi dalla rete in editoria. Uomo eclettico e concreto, Guaraldi non fa semplicemente pura teoria, ma ripercorre la propria biografia intrecciandola ai cambiamenti avvenuti nell’editoria italiana negli ultimi quarant’anni: dallo sviluppo degli uffici marketing al POD (il print on demand) fino all’ebook. Una vera e propria narrazione che partendo dal dato biografico e quindi dalla messa in pratica delle proprie intuizioni descrive lo stato dell’arte dell’editoria, ne rivela i limiti e in alcuni casi ne denuncia le vere e proprie cancrene che da decenni atrofizzano l’editoria limitandone fortemente le potenzialità.

 

Diviso in quattro parti (quattro lezioni), nella seconda e nella terza in particolare Guaraldi delinea le possibilità dell’editoria digitale ancorandola sempre però a quella classica. O meglio, per Guaraldi, il digitale è l’occasione che ha l’editoria per ritornare alla sua vocazione originaria: diffusione e cura del contenuto. Fondamentale diviene così il ruolo delle biblioteche quali centri sensibili alle esigenze dei lettori, ma soprattutto uniche istituzioni in grado di tutelare il patrimonio culturale stimolando le pubblicazioni e non più subendole.

 

Già, perché l’ottica va capovolta: l’editore non è più semplicemente un selezionatore, colui che propone un prodotto (vera e propria distorsione del mestiere), ma piuttosto colui che mette in relazione una comunità con le proprie idee. Più ancora che l’accesso alle idee e quindi ai testi è la loro diffusione che conta. All’interno di questo quadro solo apparentemente si mischiano libri “autoprodotti” e opere di alto valore culturale, cambia l’autorevolezza, cambiano anche i lettori di riferimento, ma resta fermo il diritto di ognuno di avere un proprio spazio ed eventualmente i propri lettori. Il bestseller altro non è che un prodotto che seduce, ma appunto principalmente è un prodotto che deve rispondere alle proprie esigenze di costi di produzione e generare fatturato. Al contrario secondo Guaraldi la forza del digitale è tutta nella possibilità di diffusione capillare: non esistono fuori catalogo o resi, tutto è potenzialmente disponibile e tutta l’attenzione va quindi rivolta al contenuto e non al tentativo spesso disperato “d’imporre” dei titoli, modalità ormai diffusa trasversalmente fino all’editoria di qualità.

 

Un’editoria come bene comune ha certamente degli aspetti utopici, ma le sue basi sono totalmente di buon senso, e pur non negando la propria idiosincrasia estetica verso la digitalizzazione dei libri, Guaraldi dimostra con chiarezza le strade percorribili da editori, librai e biblioteche e anche il tentativo di boicottaggio oltre che la mancanza di visione di molti grossi gruppi in entrambi i campi, cartaceo come digitale.

 

In cento pagine, Mario Guaraldi intreccia due libri, uno sul passato e uno sul futuro, l’autore incrocia molta della storia d’Italia degli ultimi anni e molto di più si vorrebbe saperne. Ed è proprio nel contrasto tra il prima e l’oggi che è più facile vedere, all’infuori delle retoriche (spesso ben indirizzate) che inquinano e restringono le discussioni, le possibilità di una vera e propria liberazione delle idee a portata di mano.

 

 

Mario Guaraldi, Radici di carta, frutti digitali (Guaraldi, pp. 92, € 15).

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