Seconda puntata / La poesia di Seamus Heaney
In occasione dell'uscita del Meridiano Mondadori Seamus Heaney. Poesie (1966-2013), a cura di Marco Sonzogni, pubblichiamo il secondo momento (qui il primo) della nostra antologia curata da Marco Sonzogni.
Dublino vichinga: prove, ossa
da North (Nord, 1975)
I
Poteva essere una mandibola
o una costola o una parte recisa
da qualcosa di più solido:
comunque, un piccolo profilo
era inciso, una gabbia
o un graticcio in cui fare magie.
Come la lingua di un bambino
che segue le fatiche
della propria calligrafia,
come un’anguilla inghiottita
in una cesta di anguille,
la linea sorprende se stessa
eludendo la mano
che l’aveva nutrita,
un becco in volo,
una narice nuotante.
II
Sono prove,
il mistero dell’artefice
improvvisato sull’osso:
fogliame, bestiari,
intrecci elaborati
come la rete di strade
di antenati e commercio.
Che devono essere
ingigantiti nell’esposizione
così che la nariceì
è una migrante prua
che annusa il Liffey,
risale morbida come un cigno fino al guado,
assumendo sembianza
di corna di cervo, spilli d’osso,
monete, pesi, piatti di bilancia.
III
Come una lunga spada
inguainata nelle sue umide
crete di sepoltura,
la chiglia bloccata
nelle sabbie del bassofondo,
lo scafo a fasciame cucito
spinato e plosivo
come Dublin.
E ora noi protendiamo la mano
verso frammenti di vertebre,
le costole della barriera,
i nascondigli di umidità materna –
e a questa prova su osso
incisa da un bambino,
nave vichinga, veleggiante
linea migrante.
IV
Che entra nella mia scrittura,
diventa corsiva, svolgendo
una scia zoomorfa,
un verme del pensiero
che io seguo nel fango.
Io sono Amleto il Danese,
maneggiatore di teschi, parabolista,
fiutatore di marcio
nello stato, infuso
dei suoi veleni,
paralizzato da fantasmi
e affezioni,
omicidi e pietà,
che giunge a conoscenza
saltando nelle tombe,
oscillando, parlando a vanvera.
V
Vieni a volare con me,
vieni a annusare il vento
con la perizia
dei vichinghi –
vicini e assassini
covatori di vendette,
massacratori e trafficanti, usurai,
che ammassano rancori e profitti.
Con l’aplomb di un macellaio
ti spalancano i polmoni
facendone calde ali
per le spalle.
Vecchi padri, siate con noi.
Vecchi astuti arbitri
di faide e di luoghi
per tendere imboscate o fondare città.
VI
«Hai mai sentito raccontare»
disse Jimmy Farrell
«dei teschi che hanno
nella città di Dublino?
Teschi bianchi e teschi neri
e teschi gialli, e alcuni
con tutti i denti, e alcuni
con uno solo»,
e mescolava la storia
nel cranio di «un vecchio danese,
forse affogato
nel Diluvio universale».
Le mie labbra leccano
banchine acciottolate, vanno a caccia
agilmente come scarpe contadine
su un lastricato di teschi.
Traduzione di Roberto Mussapi.
La matrice vichinga che Heaney inaugura nelle dieci strofe della poesia che dà il titolo alla raccolta, Nord, ritorna nei sei movimenti di questa poesia, ricca di allusioni e suggestioni letterarie, linguistiche, artistiche, storiche. Qui i resti archeologici rinvenuti nella capitale irlandese s’impongono all’attenzione umana e alla sensibilità artistica del poeta come archetipiche istruzioni: testimonianze di vita tradotte in prove d’arte. I trial pieces descritti nelle prime due parti sono infatti i disegni-prova tracciati sull’osso da un apprendista artista e immagine di partenza per la linea disegnata dalla rotta della nave vichinga (longship) e per la linea della scrittura (longhand). A questi segni semplici Heaney paragona le proprie poesie scritte sotto il nome di Incertus: «disegnini rigidi e maldestri a imitazione dei modelli fluidi e intrecciati del maestro, goffi indizi dell’arte completa». È forse proprio per la loro semplicità che queste prove primordiali stimolano la fantasia creativa del poeta, invitandolo ad avventurarsi nell’esplorazione poetica del passato. Nei versi finali Heaney cita due illustri modelli: il principe danese di Shakespeare (Amleto) mostra al poeta-archeologo come essere «maneggiatore di teschi»; il rustico Jimmy Farrell di Synge (in Il furfantello dell’Ovest) come districarsi su un «lastrico di teschi».
La musa gutturale
da Field Work (Lavoro sul campo, 1979)
Tarda estate, e a mezzanotte
sentivo l’odore del calore del meriggio:
affacciato alla finestra sul parcheggio dell’albergo
respiravo la melmosa brezza notturna che saliva dal lago
e guardavo una folla di giovani lasciare la discoteca.
Le loro voci salivano dense e confortanti
come le bolle oleose salite quella sera
al tramonto dalle tinche intente al pasto – la tinca limacciosa
un tempo chiamata “pesce dottore” perch. si diceva
che il suo limo guarisse le ferite dei pesci che la toccavano.
Una ragazza vestita di bianco
veniva corteggiata fra le macchine:
mentre la sua voce sciamava e gorgogliava in risate
io mi sentivo come un vecchio luccio fregiato di piaghe
che vuole nuotare a contatto con la vita dalla morbida bocca.
Traduzione da Marco Sonzogni.
Questa poesia, come ha spiegato Heaney in un’intervista rilasciata a John Haffenden, hanno un’origine autobiografica: «Una sera andai a pesca con un amico [...] a pesca di tinche. Sono pesci senza denti che mandano bolle in superficie – amano il fango e la loro pesca si fa al buio. La tinca ha una viscidità buona, mi hanno detto che la chiamano pesce dottore perché la mucillagine che la ricopre guarisce i pesci feriti […] che la sfiorano passando. Qualche tempo dopo mi trovavo in un albergo del Monaghan: era sera, molto tardi, e io mi sentivo strano e poeticamente sterile. C’erano molti ragazzi locali che ballavano e ascoltavano musica pop; intorno all'una e mezza sono usciti tutti nel parcheggio e le loro voci assolutamente dialettali sono salite come bolle fino a me. È stata come una visione della mia vita negli anni ’50, quando andavo a ballare eccetera, e ho provato la qualità redentrice del dialetto, del sé gutturale e incolto». Heaney dà qui dimostrazione della sua abilità nel tenere legati i “tempi” e i “modi” del mondo naturale e di quello personale e letterario. La «musa gutturale» è la “voce” di questo “incontro” di prospettive: un’intersezione sempre formativa, dal punto di vista umano come da quello artistico, che trova in questi versi la sua formulazione e la sua esposizione più elevate. Guttural è un aggettivo che Heaney associa più volte ai suoni dell’inglese dell’Irlanda del Nord e del gaelico e al suo mondo rurale.
Un bastone di nocciolo per Catherine Ann
da Station Island (Station Island, 1984)
La madreperla viva di un salmone
appena affiorato dall’acqua
è sparita in un attimo, ma il tuo ramo
mantiene l’argento-salmone.
Stagionato e flessuoso,
convince la mano
che ciò che hai lo tieni
per giocare e fare le pose
e brandirlo in giro.
Ma poi può anche rimandare a una mandria
e allo schizzare e al battere
contro le sbarre di un cancello—
lo stesso ramo che potremmo tagliare
dal tuo albero genealogico.
Il cobalto vivo di una libellula
pomeridiana mi ha sùbito guidato lo sguardo
e la sera che l’ho spuntato per te
hai visto la tua prima lucciola—
siamo rimasti tutti in silenzio, persino tu
così gigantesca da oscurare il cielo
ad una lucciola.
E quando ho scostato l’erba
una minuscola tana luminosa ha acceso l’occhio
sulla punta tonda e smussata del tuo bastone.
Traduzione di Gabriella Morisco.
Nella tradizione irlandese il nocciolo è l’albero della conoscenza e della saggezza. Nell’oltremondo nove noccioli circondano il Pozzo della saggezza e il salmone che ha mangiato i loro frutti caduti nell’acqua è diventato depositario di tutto il sapere del mondo. Di nocciolo erano le verghe dei druidi (e, più umilmente, sono di nocciolo le verghe usate dal protagonista di una poesia della prima raccolta: Il costruttore di tetti di paglia). Il bastone di nocciolo preparato dal poeta per la piccola figlia, con i suoi argentei riflessi salmonati e le sue associazioni ad altri luminosi segnali naturali (il cobalto della libelula, la lucciola e la «minuscola tana»), sarà per la bambina la bacchetta magica che la guiderà alla conoscenza del suo mondo.
Prosegue qui.