Terza puntata / La poesia di Seamus Heaney
In occasione dell'uscita del Meridiano Mondadori Seamus Heaney. Poesie (1966-2013), a cura di Marco Sonzogni, pubblichiamo il terzo momento (qui il primo e qui il secondo) della nostra antologia curata da Marco Sonzogni.
Terminus
da The Haw Lantern (La laterna di biancospino, 1987)
I
Quando frugavo là, trovavo
una ghianda e un bullone rugginoso.
Se alzavo gli occhi, una ciminiera di fabbrica
e una montagna addormentata.
Se ascoltavo, uno scambio di locomotiva
e un cavallo al trotto.
C’è da meravigliarsi che quando pensavo
ci pensavo due volte?
II
Quando parlavano di scorte da scoiattolo prudente,
brillavano come doni a una natività.
Quando parlavano del mammona dell’iniquità
mi arrossavano in tasca le monete come cerchi di stufa.
Ero il canale della marca e gli argini del canale
soffrendo il limite di entrambe le rivendicazioni.
III
Due secchi erano pi. facili da portare di uno solo.
Io sono cresciuto in mezzo.
La mano sinistra metteva sul piatto il regolare peso di ferro.
La destra con l’ultimo pesino ribilanciava i piatti.
Baronie, parrocchie si incontravano dove sono nato.
Quando stavo ritto sulla pietra centrale del guado
ero l’ultimo conte a cavallo a metà della corrente
che parlamentava ancora, a portata d’udito dei suoi pari.
La storia di Heaney è ineluttabilmente doppia: sia sul piano privato, in quanto iscritta nel segno di due culture, quella rurale e ancestrale della ghianda, della montagna e del cavallo e quella cittadina e moderna del bullone, della ciminiera e della locomotiva, sia su quello pubblico, perché cresciuto in una nazione divisa tra la cultura cattolica e nazionalista e quella protestante fedele all’Inghilterra. Da entrambe il poeta è stato formato ed entrambe continuano ad accompagnare la sua percezione del mondo, chiamandolo in causa come uomo e come scrittore. La poesia si chiude con la rievocazione di un episodio storico: nel settembre 1599 Hugh O’Neill, conte di Tyrone, ultimo grande leader irlandese che resistette all’esercito inglese, parlamentò al guado del fiume Lagan con Robert, conte di Essex, luogotenente della regina Elisabetta in Irlanda, di cui era stato amico a Londra. Con le parole di Heaney, «i due uomini erano soli ed esposti alle conseguenze delle loro azioni. […] Ma le circostanze storiche rendevano impossibile a entrambi passare dalla parte dell’altro. […] Erano al terminus nel senso estremo del termine. Non c’era posto per due verità. A decidere doveva essere la brutalità della forza, non l'intelligenza. Eppure pensando a quella scena, vogliamo che entrambi vengano liberati dall'irretimento della storia. Vogliamo che il cielo su di loro si apra e conceda loro la libertà dal destino terreno».
Traduzione di Francesca Romana Paci.
Squadrature XLIII
da Seeing Things (Vedere le cose, 1991)
Scegliti una traccia e segui una lepre
finché le orme svaniscono nella neve,
d’un tratto. Fine corsa. Neve intatta.
Dov’è? Tornata sui suoi passi, è ovvio,
e dopo ha fatto un salto laterale
di qualche iarda; una rottura netta;
nessun odore o segno. È atterrata
nella sua forma e ha mangiato la neve.
Considera anche l’antico geroglifico
“lepre e zig-zag”, significante “esistere”,
esser sul chi vive, schivare come la nostra
amica che è saltata (addio)
oltre la nostra comprensione e infine
ha perso un giro (ma naturalmente
l’aveva offerto): la scuoti-cuore,
il martello-di-rugiada, la lungi-mirante.
Traduzione di Gilberto Sacerdoti.
La composizione della lunga sequenza cui appartengono questi versi occupò Heaney per circa 18 mesi. Le prime poesie, come ha spiegato il poeta in un’intervista per la «Paris Review», gli erano venute quasi come dettate da una voce esterna. Heaney scelse la forma dell’intera silloge—48 poesie ciascuna di 12 versi ordinate in quattro sezioni di dodici poesie l’una—al momento della scrittura del terzo testo, in cui si spiega il significato della parola squarings nel gioco delle bilie, offrendo al poeta «modi in cui procedere con altre poesie». Ciascuna delle quattro parti di Squadrature (Illuminazioni, Scenari, Attraversamenti, Squadrature) rappresenta la raccolta per linguaggio e per contenuto. Gli argomenti trattati sono la risposta di Heaney—un atto di fede poetico spontaneo, quasi ipnotico—a sollecitazioni e associazioni scaturite dagli «scrigni del passato», e dunque testamenti di vita vissuta che la poesia riimmagina e ripropone. L’antico geroglifico / «lepre e zig-zag» (vv. 9-10) è il geroglifico egiziano che mostra una lepre accovacciata su una linea a zigzag e significa «esistere» mentre la descrizione dell’animale come «la scuoti-cuore, / il martello-di-rugiada, la lungi-mirante (vv. 11-12) riprende tre dei 77 nomi della leper elencati in una poesia in middle English della fine del XII secolo che Heaney aveva tradotto nel 1981 col titolo The Names of the Hare.
Sentieri di ghiaia
da The Spirit Level (La livella e lo spirito, 1996)
Ghiaia di fiume. Quello, in principio.
Piena estate, e la moto del pescatore sprofondata
nei fiori al bordo della strada, cavaliere caduto,
«Preso qualcosa?» avevamo chiesto al suo spettro.
Mentre i motori del mondo si preparavano, verdi noci
penzolavano a grappoli più vicine al vortice.
Gli alberi si tuffavano nellacqua. Pezzi di selce e arenaria
si facevano lisci e pi. piccoli in un brillio
d’acque basse, acqua color zucchero d’orzo che correva
dove si affollavano i pesciolini che noi spaventavamo…
un’eternità che ebbe fine quando un trattore
rovesciò il cassone nel letto di ghiaia
e le betoniere presero vita
e uomini in tuta, come ombre prigioniere,
mescolarono il calcestruzzo, caricarono, trasportarono,
come se nelle loro teste bruciassero le mattonaie del Faraone.
*
Accumula e loda l’onestà della ghiaia.
Gemme per i non illusi. Seme della terra.
Il suo canto fermo digrignante contro la vanga
testa il suono e leviga parole come “onesto valore”.
Bello dentro o fuori dal fiume,
il reame della ghiaia era anche dentro di te,
profondo, lontano nel tempo, acqua chiara che scorre
su ciottoli di caramello, chicco di grandine, azzurro di sgombro.
Ma questa, lavata, ti manteneva lento e regolare
curvo spingendo la tua carriola piena
in un’assoluzione del corpo,
vita mondata che sentono le ossa e il midollo stanchi.
Cammina quindi sull’aria contro ogni buon senso,
ponendoti in un punto intermedio
tra quelle palate miste a grigio cemento
e un’aria detta “Sentieri di ghiaia”, che evoca il verde.
Traduzione di Roberto Mussapi.
Questa poesia dà conto di un aspetto fondamentale per Heaney, sia dal punto di vista umano che da quello poetico: la scelta e la ricerca dell’equilibrio, da intendersi come soppesamento e riconciliazione di differenze e di opposizioni che non viene mai meno a integrità, oggettività e credibilità. L’esempio su cui Heaney fa leva per illustrare questa disposizione proviene ancora una volta dal mondo del lavoro e della fatica, e dalla semplicità e durabilità degli elementi e degli eventi che lo caratterizzano: in questo caso si tratta della ghiaia. Nella prima parte della poesia alla tranquillità del fiume—col pescatore sull’argine e la ghiaia vista in trasparenza, con il richiamo alla ciclicità delle stagioni nel particolare delle noci, con il senso della perennità nello scorrere dell’acqua—si oppone l’arrivo di un trattore e delle betoniere che sconvolge tutto. Nella seconda parte il paesaggio da esterno si fa interno e l’equilibrio è ristabilito in medias res: «nel punto intermedio» dove la musica di ciò che accade è carico e canto. L’uomo e il poeta (come già dichiarato nei versi di Terminus citati sopra) sono a proprio agio in-between, in mezzo: è da questo spazio liminale che si può iniziare a «cammina[re] sull’aria nonostante tutto»; è in questo eliquibrio che la speranza può «fare rima con la storia», come dice il Coro di The Cure at Troy, la libera traduzione del Filottete di Sofocle cui Heaney stava lavorando quando scrisse questi versi. La frase «Cammina [quindi] sull’aria contro ogni buon senso», che Heaney riprende nel discorso Nobel, Sia dato credito alla poesia, è ora incisa sulla lapide della sua tomba.