Questioni di decency. Tito Boeri, Profumo e l’autogoverno universitario
C’è da augurarsi che l’editoriale di Tito Boeri, apparso su “Repubblica”, segni la svolta delle posizioni del giornale in tema di politiche universitarie. Sino a oggi “Repubblica” si è mostrata acriticamente favorevole a Francesco Profumo, rilanciandone tesi e convinzioni in un modo più consono a un ufficio stampa che alla prima testata nazionale. Lo abbiamo rilevato più volte (*). L’articolo di Boeri è invece chiaro, documentato e ben argomentato, come di consueto. Avanza perplessità e contestazioni formidabili. Enucleiamo.
1. L’“indefinitezza” della legge Gelmini, cui, a parere di Boeri, si dovrebbe negare il titolo di “riforma”.
2. La continuità di basso profilo che congiunge il precedente ministro all’attuale. “Il ministro Profumo conosce a fondo l’università. Potrebbe imprimerle una svolta. Invece sin qui si è limitato a assecondare la paralisi impostaci dal suo predecessore”.
3. Il consolidamento di pratiche collusive, consociative e in definitiva di interesse privato all’interno dei vertici dell’autogoverno accademico e alla testa delle singole università. “Abbiamo [appena] saputo che sono stati prorogati di un altro anno i Rettori degli atenei che hanno approvato gli Statuti in seconda lettura. È la seconda proroga… Questo significa che persone che hanno orizzonti molto brevi e che in non pochi casi hanno un’agenda politica potranno nominare i componenti dei Consigli di amministrazione delle università. Il ministro Profumo dovrebbe chiedere a questi Rettori di dimettersi”.
Tralasciamo rilievi personali rivolti da Boeri a Profumo stesso (“Profumo avrebbe dovuto dare fin dall’inizio il buon esempio dimettendosi lui stesso dalla presidenza del Cnr, non appena ricevuta la nomina di ministro”). Consideriamo solo gli argomenti politico-istituzionali dell’intervento. Sosteniamo punti di vista radicali da tempo in tema di riforma universitaria: non possiamo che sottoscrivere con piena adesione adesso. Al tempo stesso ci preme comunicare l’urgenza che l’università torni a svolgere i propri compiti costituzionali, a costituire il “comune” che è chiamata ad essere: un paese che vede disertate le istituzioni di ricerca non costituisce certo modello di democrazia né offre indicazioni promettenti sulla sua capacità di costruire un futuro equo, immaginativo, condiviso.
Esistono circostanze politiche, economiche e morali che rendono oggi l’autogoverno accademico sfortunatamente inadeguato alle istanze di partecipazione, rinnovamento, trasparenza portate avanti da comunità minoritarie e qualificate voci indipendenti. Non sceglie nell’interesse della collettività, non incoraggia il talento, non tutela i “capaci e meritevoli” cui rimanda l’articolo 34 della Costituzione, dedicato al diritto allo studio. Spiace a conservatori e antagonisti in uguale misura: recenti dichiarazioni di Mario Monti sono passate pressoché inosservate, eppure appaiono paradossalmente vicine, nella severità della valutazione, a quanto affermato da studiosi particolarmente critici riguardo all’istituzione (**). Il crollo delle iscrizioni per l’anno accademico 2011-2012 registra, al pari di una vasta astensione elettorale, una parte almeno del dissenso di chi non sente di trovare rappresentanza. Si diffonde la convinzione, non solo tra i più giovani, che la riforma dell’università italiana, lungi dal potere essere affidata a processi o iniziative interni, non possa avere luogo senza drastiche cesure.
(*) Per un’analisi dell’inconsueta amplificazione di posizioni di Francesco Profumo da parte di Repubblica cfr. Michele Dantini, Diario italiano #26; id., Diario italiano#33. Per un contributo critico sul dibattito italiano sull’“innovazione” cfr. Michele Dantini, Nostra Signora Innovazione, in: Il Manifesto, 14.1.2012, pp. 10-11; e con particolare riferimento all’Agenda Digitale Italiana, varata da Profumo: Michele Dantini, Claudio Giunta, Tomaso Montanari, Lisa Roscioni, Quale agenda per quale digitale. Aperture su Francesco Profumo.
(**) Mario Monti nell’intervista rilasciata a Claudio Tito, la Repubblica, 4.2.2012, p. 3. Sulle posizioni dei propugnatori delle “Libere università” cfr. Sergio Bologna, I volontari della conoscenza, in: Il Manifesto, 10.3.2012, p. 10. Su Bologna cfr. Michele Dantini, Patriarchi e vati. Un intervento di Sergio Bologna sul tema dell’università.
Questo articolo è un'anticipazione del pamphlet Gotham. Dibattito sulle Humanities e archeologia politica della riforma universitaria in Italia, in corso di pubblicazione per doppiozero (marzo 2012)