Skopje: nella Las Vegas balcanica
Sfusa e confusa, ardente e allucinante, storta e pluriforme, tranquilla e scorrevole, distesa lungo il fiume Vardar, nel cuore dei Balcani, la città di Skopje, capitale della Macedonia, emerge in un ritorno quasi nostalgico ai passati lontani (quello dei tempi di Alessandro Magno, quello della Rivoluzione durante l’Impero Ottomano, ecc.), ripristinando architetture, tempi, emozioni e spazi perduti. Il cambiamento accelerato degli spazi pubblici si urta contro la solitudine di una città, in cui i cambiamenti culturali e infrastrutturali emergono come dei pilastri nuovi di un tempo verbale antico-futuro.
I nuovi piani urbanistci del progetto c.d. Skopje 2014 vedono la rinascita del passato nella revocazione delle imagini e dei fantasmi delle identità fervide della storia nazionale e culturale macedone. Questo fenomeno è stato contrastato e discusso su vari media da intellettuali e politici, mettendo l'accento sul lato scandaloso della perturbante ricostruzione di una città come risposta alle ribaltate e rinnegate appartenenze al passato comune con i paesi vicini. Tuttavia, una metà dei nuovi edifici sono, in qualche modo, un richiamo agli stessi palazzi che sono stati distrutti durante il terremoto del 1963 mentre per l'altra metà sono, in effetti, degli edifici che ospitano le grandi strutture culturali del paese, come l'Opera, il Teatro Nazionale, il Museo della Rivoluzione, la Filarmonica Nazionale, nonché vari palazzi di Giustizia e Ministeri.
La città ha decisamente cambiato volto; un volto che non ha lasciato nessuno indifferente: c'è chi lo ama e chi lo odia. Eppure i cittadini si ritrovano a conversare e a mescolarsi con i sempre più frequenti turisti, che hanno avuto la opportunità di soggiornare nella capitale macedone grazie alla apertura dei nuovi voli low cost, molti dei quali parlano della città come di una nuova Disneyland oppure una specie di Las Vegas. Accanto a questo fenomeno architettonico-culturale, c'è anche una serie diversificata di monumenti-omaggio che onorano vari personaggi importanti della storia macedone, tra cui politici, guerrieri, rivoluzionari, poeti, scrittori, artisti.
D’altronde, il governo ha deciso di erigere proprio nel centro della città, nella piazza principale, oltre alla grande statua monumentale di Alessandro Magno, anche un monumento alla famiglia, attorniato da vari monumenti di personaggi storici, rivoluzionari a cavallo, con l'aggiunta di una giostra che sembra un ornamento surrealista al contenuto stilistico della città che pulsa tra una esuberanza flagrante, una modernità strana (notamente l’architetto giapponese Kenzo Tange ha fatto il suo intervento nell’Opera e in altri progetti subito dopo il terremoto) e un fascino orientale.
Quello che, in una prospettiva sociologica, spicca maggiormente e risulta evidente, oltre alla piattaforma politica, è che la città vede la nascita di una nuova terminología linguistica, una nuova antropologia urbana, una nuova cultura e dei nuovi movimenti mainstream: quello che in passato era il centro – il nucelo degli eventi –, cioè il centro attuale inondato di statue e monumenti, oggi è diventato un luogo periferico, prevalentemente turistico e frequentato non da turisti la cui meta non è tanto la città di Skopje stessa, ma da viaggiatori di passaggio e da alcune minoranze (gli albanesi, gli rom) che prima non si mischiavano in questa parte della città.
Al contrario il centro degli eventi all’avanguardia si è spostato in quella che prima era zona quasi spenta: il vecchio e magnifico bazar turco, chiamato anche “turska ciarscia”, che diviene il nucleo artistico, intellettuale e musicale della città: un punto di ritrovo, un luogo di incontro, uno spazio di rivolta, una zona di discussione e libertà. Una tendenza soprattutto giovanile che ha quasi voluto evitare la “reinvenzione del passato”, per dirla con le parole di Hobsbawm, e si è ritrovata nelle vecchie case e bar sul selciato di pietra antica a bere caffè turco, a chiacchierare bevendo tè turco discutendo temi di ogni sorta e sperimentando modelli di comportamenti da noi poco comuni o ortodossi (il che forse richiama culturalmente l’omologazione “hypster” venuta dagli Stati Uniti, attraversando tutta la Europa tramite la piattaforma urbanistico e culturale berlinese). Così una nuova maniera di socializzare è nata da questa invasione di imponenti monumenti, alcuni dei quali creati e realizzati in laboratori artistici italiani, a riprova delle miscele transfrontaliere culturali ed artistiche.
La città vibra, la vecchia terra trema e il nuovo palinsesto urbano e la nuova architettura si introducono tra la montagna di Vodno e la vecchia città turca – una volta luogo di hammam e mercati, oggi spazio vitalissimo in mezzo ad una marea di osterie naionali e turche, bar spagnoli, jazz, orientali, gay, wine bars, ristoranti a buon prezzo, negozi artigianali, musei e gallerie d’arte, negozi di antiquariato, chiese, moschee e una Sinagoga – tra uno spuntar del sole soffuso e un tramonto abbastanza viziato, accanto a nuovi ponti disseminati di statue che li fanno assomigliare ai ponti di Praga, sotto le ombre e le palpebre del nuovo scheletro della città, a cui i cittadini si stanno abituando sempre di più, e con un via vai di nuovi cittadini, di nuove maniere di ascoltare il ritmo della città, fra numerosi turisti che scattano delle foto chissà se per meraviglia o perplessità per questa ricostruzione urbanistica quasi inedita ma senz’altro divertente e rilassante.
Una città divenuta attrazione nel complesso delle sue vibrazioni, una città che sposa varie epoche, popoli e culture, stili architettonici e tormenti storici, tra un passato sempre più negato e un futuro decisamente entusiasta.